Violenza e altri morti in Venezuela nel giorno del voto
L’agguato Ieri il giovane dirigente politico Campos è stato ucciso in casa sua da un commando armato Negli ultimi quattro mesi 120 vittime per le proteste
Il voto per rinnovare l’Assemblea Costituente è iniziato male per il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, e per la primera dama, Cilia Flores all’alba di ieri, alle 6 in punto. Maduro è stato il primo a mettere il pollice sull’innovativo apparato per la registrazione del voto e a fornire il Carnet de la Patria, una tessera speciale creata dal governo, una sorta di documento di identità, di voto e di servizio al tempo stesso. Il presidente Maduro e sua moglie hanno votato nel seggio di Catia, un quartiere della zona ovest di Caracas, area chavista. Subito una brutta sorpresa dall’apparato elettronico: “Questa persona non esiste o il carnet è stato annullato” è stata la risposta del computer. Un incidente imbarazzante, subito un clamoroso buco nella macchina organizzativa in diretta televisiva, immediatamente oscurata. Alla funzionaria del Cne, il Consiglio nazionale elettorale, non è rimasto altro da dire “è tutto a posto.” In realtà non lo era e se il buongiorno si vede dal mattino, la pessima figura ha ringalluzzito l’opposizione.
UN VOTOandato in scena sulle strade, con milioni di manifestanti nei vari centri del Paese e oltre 200mila soldati schierati dal regime, e sui social dove, a colpi di tweet, la macchina della propaganda di parte ha riempito l’atmosfera della domenica del voto. Foto e video per dimostrare come i seggi fossero pieni o vuoti di elettori, uniti a immagini e scene di violenza urbana, tra barricate, incendi e scontri a fuoco. Propaganda prestata anche e soprattutto ai risultati del voto. I seggi si sono chiusi ufficialmente ieri alle 16 ora locale (le 22 in Italia), ma pare che molti siano rimasti aperti ben oltre il limite temporale fissato. I risultati, affluenza compresa, saranno resi noti già dalla mattinata odierna. La partita si gioca esclusivamente sul numero dei votanti, considerando scontato l’esito per il rinnovo dei 545 membri della nuova Assemblea, chiamata a modificare la Costituzione voluta da Hugo Chavez nel 1999 e votata allora dalla maggioranza dei venezuelani.
IERI non erano in dubbio i nomi e i ruoli degli eletti, visto che il governo ha organizzato la tornata in modo da occupare i nuovi posti attraverso un sistema chirurgico, quanto complesso. L’obiettivo del governo è superare quanto meno la soglia dei 7,5 milioni di voti, ossia il risultato ottenuto dall’opposizione il 16 luglio scorso durante il “Plebiscito”, una elezione ombra per dimostrare a Maduro di non avere il controllo del Pae- se. Rispondere a quel dato finale, al netto dei brogli di parte, significherebbe poter silenziare la protesta e proteggere il Venezuela dalle ingerenze che arrivano da vari organismi internazionali, ma soprattutto dagli Stati Uniti e dalla vicina e scomoda Colombia. I dati sull’affluenza ieri erano diametralmente opposti a seconda delle fonti; numeri forniti nel corso della giornata in barba ai regolamenti sul silenzio elettorale. Secondo i fedeli scudieri di Nicolas Maduro, a partire dall’anima oscura del chavismo, Diosdado Cabello, e dal vicepresidente Tareck el-Aissami (di origini libanesi e filo-Hezbollah), le cifre parlavano di una previsione superiore agli 8 milioni di votanti; dati ufficiosi forniti dall’opposizione, al contrario, parlavano di un flop gigantesco, con solo 900mila persone, il 3% degli aventi diritto, che avrebbero votato al- le 11, a cinque ore dalla chiusura dei seggi.
A PARTE l’incidente diplomatico al momento del voto del presidente del Venezuela, la giornata di ieri è stata accompagnata dal solito rigurgito di violenza. Una notte pre-elettorale bagnata dal sangue. A Cumanà, nello stato di Sucre, un dirigente giovanile del partito Azione Democratica – che fa parte della Mud, la Mesa por la Unidad Democratica, la piattaforma politica dell’opposizione che riunisce tutti i movimenti ostili a Maduro e al governo –, Ricardo Campos, è stato ucciso nella sua casa da un gruppo di uomini armati. Sempre nella notte precedente al voto, stavolta a Merida, importante centro a ovest di Caracas, sono rimaste sul terreno altre due vittime, Marcel Pereira e Iraldo Gutierrez. La giornata non è proseguita meglio. Le vittime, quasi sempre molto giovani, dal 1° aprile scorso quando è iniziata la guarimba, la protesta venezuelana anti-regime, hanno riguardato maggiormente affiliati o simpatizzanti dell’o pp os izione. Diversi, tuttavia, sono stati i morti tra le fila del madurismo. Sempre l’altra sera a Ciudad Bolivar, un candidato a ll ’ Assemblea Costituente, l’avvocato José Felix Pineda, 39 anni, è stato freddato da diversi colpi d’arma da fuoco nella sua casa mentre si stava intrattenendo con familiari ed amici. In serata, a Tovar (Merida), un manifestante di 19 è morto durante gli scontri con la polizia. E la lista delle vittime si aggiorna tristemente di ora in ora, ieri sera toccava quota 120 a quattro mesi esatti dall’inizio delle proteste.
A CARACAS, quartiere Altamira, nella zona est, la più tormentata dagli scontri, un ordigno è esploso durante gli scontri tra oppositori e i militari della Gnb, ferendo gravemente quattro soldati. Non si contano gli arresti, compreso quello del regista Oscar Rivas Gamboa che nel film Morte sospesa aveva fatto recitare una parte all’agente Oscar Perez, lo stesso che lo scorso 27 giugno ha sorvolato la zona di Palazzo Miraflores, sede del governo, a bordo di un elicottero sparando contro i soldati.