Quei primari “confessionali” alla crociata
Amettere nero su bianco che esiste un enorme problema per le donne è la stessa Regione Lazio, nel rapporto annuale sull’aborto stilato nel novembre 2016, ma relativo al 2015: “Aumentano i tempi d’attesa tra data della certificazione e data dell’intervento (39,4% oltre i 14 giorni)”: forse perché “il confronto fra Asl territoriale di effettuazione e Asl di residenza conferma l’a ssenza di offerta per le donne residenti a Frosinone e una forte carenza Roma G (21%) e Roma F (23%)”. Stiamo parlando di Interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), la famosa 194. La Direzione regionale Salute e politiche sociali, dopo aver raccolto i dati delle Asl, certifica che le Ivg sono state 9.617, con un trend in diminuzione rispetto alla metà degli anni Duemila, ma attesta anche un dato allarmante: solo il 22,5% dei ginecologi (quando la media nazionale è del 30%) è “non obiettore”, pratica cioè gli aborti. Tutti gli altri non lo fanno.
Già questa è una pessima notizia. Ma c’è di peggio: nella maggior parte degli ospedali romani, il primariato di ginecologia è stato affidato a medici provenienti dal Policlinico Gemelli o dal Campus Biomedico. Cioè dal Vaticano e dell’Opus Dei, che gestiscono anche Villa San Pietro, il Fatebenefratelli e i convenzionati Santa Famiglia, Città di Roma, Villa Pia, oltre all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Tradotto: non solo è più difficile (e quindi richiede più tempo) interrompere una gravidanza volontariamente, ma il rischio è che diventi altrettanto difficile – e pericoloso – praticare un aborto terapeutico, per il quale la donna deve essere ricoverata nel reparto stesso di ostetricia e non in un day hospital esterno. Basta una fotografia degli ospedali romani per capire quanto sta accadendo.
SAN CAMILLO. È il caso di cui si è discusso di più nell’ultimo anno, con tanto di pronunciamenti pubblici e manifestazioni (Elisabetta Canitano con “Vita di Donna”, l’associazione “Non una di meno” e le altre) per l’arrivo di un ginecologo “confessionale”. Il primo agosto entrerà in servizio Maria Giovanna Salerno, vincitrice di un concorso bloccato in un primo momento da un ricorso al Tar. Laureata all’Università La Sapienza, Salerno ha lavorato dall’87 all’89 e poi dal ’94 al 2008 all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Gemelli, appunto. Ed è obiettrice di coscienza.
Attualmente al San Camillo – l’ospedale laziale in cui si fanno più Ivg, 2.180 nel 2015 – i ginecologi lavorano sia al dipartimento 194 che al reparto di Ginecologia. Il direttore generale, Fabrizio D’Alba, rispetto alla nomina di Salerno ha parlato di polemiche “strumentali”, sottolineando come il servizio Ivg sia autonomo rispetto al reparto. Allora ci si chiede: proprio in virtù di questa autonomia, nel caso in cui una Ivg necessiti di ospedalizzazione o, ancor di più, nel caso di un aborto terapeutico, come si comporterà il personale del reparto?
SAN GIOVANNI. Primario è Francesco Maneschi. Laureato a Palermo, è stato ricercatore presso il Gemelli dal ’94 al ’97 e presso il Campus Biomedico dal ’97 al 2000 e primario a Latina (nel suo reparto non si praticavano terapeutici). L’ospedale pratica le Ivg (1.120 nel 2015), ma dei 23 ginecologi dipendenti, solo uno non è obiet- tore. Altre tre dottoresse vengono chiamate “a ore” e non praticano aborti dopo il primo trimestre. Le allieve ostetriche del Gemelli, che fanno tirocinio qui, non possono avvicinarsi alle donne che abortiscono.
UMBERTO I. A dirigere il dipartimento è Pierluigi Benedetti Panici. Laureato alla Sapienza, è stato a lungo professore ordinario e direttore della scuola di specializzazione del Campus Biomedico. L’U mberto I – dopo una temporanea chiusura del repartino 194 a causa dell’andata in pensione dell’ultimo medico non obiettore – effettua gli aborti volontari e quelli terapeutici. Dei due medici assunti dopo un concorso per non obiettori, uno ha fatto domanda di obiezione poco dopo aver firmato il contratto.
PERTINI. Attualmente è senza un primario (c’è un facente funzione), e quindi si è in attesa di un concorso. In reparto ci sono soltanto due medici strutturati non obiettori e un terzo medico a chiamata.
SANTO SPIRITO. Il primario Vincenzo Scotto di Palumbo è prossimo alla pensione ( in corsia gira già il nome del prossimo direttore, un “gemellino”). Sarà un caso certamente (ufficialmente è stato fatto per allontanare le partorienti da chi abortisce), ma giusto lo scorso anno le Ivg sono state spostate dal Santo Spirito al centro Sant’Anna dove, fanno sapere dalla direzione sanitaria, in caso di complicazioni ci sono camere operatorie ginecologiche. Ora ci si chiede: cosa accadrà agli aborti terapeutici in caso di nuovo primario cattolico?
SAN FILIPPO NERI. Nonostante la promessa di salvarlo, l’ospedale è stato declassato a presidio. Secondo il piano regionale di riorganizzazione della rete neonatale, è stata chiusa la rianimazione. Vengono accolte donne non sotto le 32 settimane o effettuate interruzioni sotto le 20 settimane, quando non c’è possibilità di sopravvivenza del feto, ma in casi estremi, donne e bambini vengono trasferiti. Dove? Al Gemelli o al Bambino Gesù, naturalmente.
CASILINO. Passato da ospedale pubblico a privato, il reparto è diretto da Herbert Valensise, docente di Tor Vergata e medico della clinica Quisisana. Si effettuano le Ivg solo con medici esterni – gli strutturati sono tutti obiettori – e naturalmente nessun terapeutico.
GRASSI. Si praticano sia le Ivg sia i terapeutici, ma per un bacino d’utenza che copre solo la popolazione di residenza.
TOR VERGATA e Sant’Andrea. Non si praticano le Ivg e mancano i reparti maternità.
Questa drammatica fotografia non mette in discussione la professionalità e le competenze dei primari. Semmai pone una domanda: in una Regione a guida Pd, era proprio necessario lasciare un tema delicato come l’aborto nelle mani dei “confessionali”?
DA ULTIMO IL SAN CAMILLO
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IL DECLASSAMENTO DEL SAN FILIPPO NERI Hanno chiuso la rianimazione neonatale. Se qualcosa va storto i bimbi vengono portati nei nosocomi del Vaticano