Fermi tutti, l’Apocalisse non è ancora arrivata
Populismo e dintorni Nell’ultimo anno e mezzo si sarebbero dovuti rovesciare gli equilibri mondiali. Così non è stato. La beffa è che solo l'Italia tiene ancora duro
LClasse 1968, è la terzogenita di JeanMarie Le Pen. Avvocati di professione è la leader dell’estrema destra, antieuro e antiimmigrati. Cattolica, si è già sposata (e divorziata) due volte, ha 3 figli. Presidente del Fronte Nazionale, ha espulso il padre dal partito nel maggio 2015. Le sconfitte elettorali hanno indotto la Le Pen a rimescolare tutte le carte in seno al Front National. A cominciare dalla questione dell’euro. È previsto un congresso di “rifondazione” a inizio 2018 e prime avvisaglie di quella che l’est ablishment internazionale temeva potesse trasformarsi in una sconvolgente apocalisse politica che avrebbe definitivamente rovesciato gli equilibri mondiali si ebbero in Francia, all’inizio dell’inverno 2015: Marine Le Pen, leader del Front National, partito dell’estrema destra xenofoba e antieuropea, si apprestava a una clamorosa vittoria nelle elezioni regionali. Il pericolo fu sventato in extremis perché il centrosinistra e i moderati del centrodestra si allearono, nonostante le pesanti divergenze, nella settimana che precedette il ballottaggio del 13 dicembre. La Le Pen incassò la sconfitta come se avesse vinto. Disse che si trattava solo di una tregua. In Italia Matteo Salvini, il leader di una Lega sempre meno Nord e sempre più estrema destra intollerante e razzista, festeggiò: dopo Parigi, Roma, prometteva. Pure la destra radicale di Alternativa per la Germania e la galassia neonazista esultarono, alla luce dei successi ottenuti nei Land ex Ddr. L’entusiasmo populista contagiò l’Austria, l’Olanda, la Danimarca. A Est, scalpitava il neonato Gruppo dei Quattro di Visegrad, fieri nel contrastare il flusso dei migranti con reticolati e blindati. Spiccava l’Ungheria di Viktor Orban, predicava la “democrazia illiberale” e l’attuava, seguito a ruota dalla Polonia in boom economico nelle mani del partito ultra conservatore Diritto e Giustizia, creatura di Jaroslav Kaczynski, reduce dall’ampia vittoria nelle elezioni legislative del 2015. Un’ostile Mitteleuropa ai dettami di Bruxelles, nonostante la fresca appartenenza all’Unione Europea.
INSOMMA, un quadro fosco. Reso ancor più inquietante da ciò che succedeva in Turchia, con la deriva autoritaria di Erdogan. O in India. O nelle Filippine. Senza dimenticare Putin: non a caso, recitava la parte di colui che difende le cause identitarie e sovraniste, in nome dei valori cristiani. Pareva che il cielo sopra di noi si tingesse di nero (tradizionale colore della destra), che la luna sanguinasse (metafora della sinistra allo sbando, ferita a morte) e che le stelle ci cadessero addosso (immagine simbolica dei leader che avevano perso carisma e lungimiranza). Il declino dell’Occidente, riletto come nella catastrofica visione di Giovanni, “sembrava venuto il tempo dell’Apocalisse”. Appunto.
La politica, come la fisica, segue le leggi della causa e dell’effetto. Le cause che avevano determinato il grande consenso elettorale attorno al Front National si erano già verificate: “Siamo un fenomeno ormai inarrestabile; è questio-
Biografia MARION ANNE PERRINE LE PEN
ne di tempo”. Effetti che continuavano a evolversi e che si sarebbero scatenati con la forza travolgente della natura. Una visione quasi profetica.
D’altra parte, i fatti gli davano ragione. A Londra, per esempio, il meccanismo della Brexit, stolidamente innescato dal conservatore David Cameron, entra in vigore quattro giorni dopo il voto francese, giovedì 17 dicembre, con il Royal Assent. I sondaggi rassicurano Cameron: i Remain sono più dei Leave. Si illude. Sottovaluta il rivale Boris Johnson e soprattutto l’attivismo di Nikel Farage, il capo dell’estrema destra Ukip: i britannici mal sopportano le ingerenze, i due abilmente pilotano patriottismo e risentimenti xenofobi e battono campagne e provincia, dove la crisi è forte, dove i pensionati credono che Bruxelles li derubi.
Il 2016 è traumatico. Il 23 giugno vince il Brexit. Cameron ha perso la scommessa. Si dimette. L’ondata della rabbia “dal basso” contro le élites al potere si scarica in America. E premia inaspettatamente Trump. Il presidente Usa è troppo rozzo, cafone, dema- gogo. Un grande bugiardo. Un maschio alfa. Eppure, il 9 novembre batte Hillary Clinton. Co ll’immancabile plauso (speranzoso) dei populisti e delle destre d’Europa. Salvini e M5S sono chiamati a confermare questo trend. Il 4 dicembre, infatti, tocca all’It al ia . L’avventato e arrogante Matteo Renzi ha indetto il referendum costituzionale. Lo trasforma in un referendum su di lui. Autogol clamoroso. Si dimette a tarda sera. Se prima c’erano indizi sparsi, ora si vede la miccia. Serpeggia per il Vecchio esausto Continente.
E, invece, quello stesso 4 dicembre 2016 qualcosa va stor-