Anche Milano ha le sue brutture, passa la voglia di mangiarlo
“Milano, città civile. Un’inchiesta statistica e igienica dell’Ufficio del lavoro della Società Umanitaria stabiliva che su oltre 600 panifici, 19 si trovano al di sotto del livello stradale con poca aerazione. Spesso ricevono l’aria da cortili interni, a volte molto angusti e non sempre liberi da sostanze residuarie (scopature, ecc.) in putrefazione; quando poi ricevono l’aria dalla strada, con essa viene trasportata con abbondanza polvere stradale ricca di germi, detriti polverizzati o letame equino che va a depositarsi su pasta o pane. Nei locali dei panifici sotterranei passano inoltre i tubi della fognatura che spesso lasciano sfuggire gas nocivi; più volte si è verificato anche il caso di vere perdite di gas che, assorbiti dalle farine, rendono nauseabondo il pane”.
“Soltanto 193 forni sono in buone condizioni di illuminazione. Negli altri 407 riesce difficile far bene la pulizia e può accadere che sul pavimento ammuffito e infetto cada qualche pezzo di pasta cui, poscia, il calore del forno non basta a sterilizzare e liberare dal disgustoso odore di muffa”.
“In 111 casi la nettezza dei panifici fu dichiarata insufficiente poiché le pareti sono imbiancate ogni due o più anni, non si dà sapone ai lavoranti per la loro pulizia personale, si somministra un solo asciugamano per più persone, e non esistono catini, sì che i lavoranti si lavano nel tazzone (...). Il sapone manca in più di 300 panifici. Sono provvisti di catini 205 panifici, ma alcuni ricoperti di uno strato di polvere, indice di lungo disuso”.
CRONACA non dell’anno Mille. Ma dell’Almanacco Italiano 1908:“Ogni inchiesta compiuta ha messo in luce brutture da fare andar via la voglia di mangiare pane per tutta la vita”. Pure la fame è brutta. Non la fama. Come quella, costata l’ira di dio, della grande esposizione internazionale, quando nel 1906 Milano indossò i lustrini della modernità, nascondendo ben altre realtà. La storia si ripete: panem et circenses. Anzi, panem et Expo.