Il Fatto Quotidiano

Cirillo e la trattativa con P2, camorra e Cosa nostra

FU RAPITO DALLE BR È morto ieri a 96 anni l’ex plenipoten­ziario democristi­ano della Campania Per la sua liberazion­e furono della partita le mafie, i Servizi segreti deviati e i vertici della Dc

- » GIORGIO MOTTOLA

È morto ieri, all’età di 96 anni, Ciro Cirillo, esponente di punta della Democrazia cristiana napoletana e alter ego politico di Antonio Gava in Campania, al centro di una delle vicende più torbide e misteriose della Prima Repubblica. Il 27 aprile del 1981, quando ricopriva l’incarico di assessore regionale ai Lavori Pubblici, venne sequestrat­o da un commando delle Brigate rosse. Il suo partito, che tre anni prima, in occasione del rapimento Moro, aveva optato per la linea di fermezza, stavolta scelse di trattare. Nella vicenda Cirillo, e nel processo che ne scaturì, vennero coinvolti i vertici dei servizi segreti, l’allora vicecapo del Sisde Vincenzo Parisi, il capo del Sismi Ugo Santovito, rappresent­anti delle logge deviate, come Francesco Pazienza, boss della camorra del calibro di Raffaele Cutolo ed esponenti di primo piano della Dc come Antonio Gava, l’allora segretario nazionale della Dc Flaminio Piccoli ed Enzo Scotti, futuro ministro dell’Interno. Ciro Cirillo venne liberato dalle Br dopo 89 giorni di prigionia. Pubblichia­mo un estratto del libro di Giorgio Mottola “Ca mo r r a nostra” (Sperling&Kupfer). irillo è certamente un porco, merita di morire”, fece sapere Cutolo alle Brigate rosse, “ma per i nostri interessi generali e in specifico nell’e d i li zi a , preferirem­mo che si andasse ad una soluzione vantaggios­a per tutti”. Stavolta le Br si erano scelte bene il nemico. L’anno prima avevano ammazzato un altro assessore campano della Dc, Pino Amato. Un andreottia­no emergente, le cui tribolazio­ni poco avevano scaldato il cuore dell’opinione pubblica. L’in- tera operazione era stata un disastro e si era conclusa con l’arresto di buona parte della colonna brigatista di Napoli. Con Ciro Cirillo le Brigate rosse erano convinte che sarebbe stata tutta un’altra storia. Avevano individuat­o, come spiega l’ordinanza sentenza del giudice Alemi, “un personaggi­o poco simpatico… un nemico più nemico degli altri”. Cirillo era in quel periodo il grande burattinai­o della ricostruzi­one in Campania dopo il terremoto del 1980, essendo l’assessore re- gionale destinato, prima del sequestro, a una carriera nazionale. “Un personaggi­o discusso per un modo quantomeno spregiudic­ato di gestire la cosa pubblica”, recita un ’ informativ­a delle forze dell’ordine dell’epoca.

PERCIÒ le Br avevano scelto proprio lui. Durante gli 89 giorni della sua prigionia, Cirillo fu sottoposto a continui e minuziosi interrogat­ori. “Ne sapete più di me”, provò a schermirsi all’inizio l’esponente democristi­ano. Ma poi, secondo la testimonia­nza di alcuni brigatisti presenti, il delfino dei Gava crollò e iniziò a vuotare il sacco: ore e ore di registrazi­oni, centinaia di pagine trascritte in cui Cirillo confessò gli “affari più compromett­enti della Dc del polo napoletano dal 1945 a oggi”. Il giorno della liberazion­e, uno dei carcerieri suggerì all’assessore: “Dopo che la rilasciamo si faccia un bel viaggio. Potrebbe avere guai con la giustizia e con il suo partito quando pubblicher­emo queste cose”.

Di quello sterminato materiale, però, le Br diffusero solo alcune parti. Le più innocue, si direbbe, le meno compromett­enti. Certo, nascoste nei covi napoletani del gruppo terroristi­co c’erano le bobine e le trascrizio­ni integrali. Ma anche quando i covi furono individuat­i e perquisiti dalle forze dell’ordine, inspiegabi­lmente non vennero mai rinvenute. “Non a caso”, commenta il giudice Carlo Alemi nella sua ordinanza sentenza, “proprio quella parte dell’interro-

GLI INTERROGAT­ORI

Le Brigate rosse registraro­no ore e ore di “confession­i” del delfino di Gava sugli impicci del partito

BOSS E 007

Sisde e Sismi si rivolsero a don Raffaele Cutolo, ma c’era chi mobilitava anche i boss siciliani

gatorio di Cirillo non era stata consegnata ai di lui familiari per la pubblicazi­one! Non a caso proprio quella parte dell’interrogat­orio di Cirillo descriveva tutta la vita della Dc, compresa l’attività non chiara del partito a Napoli”. Le Brigate rosse si trovarono in quel frangente storico nella condizione di poter assestare un colpo forse mortale alla credibilit­à politica della Democrazia cristiana, il loro antagonist­a storico. Eppure non ne approfitta­rono. Perché mai? Non è l’unico dettaglio che non quadra in questa storia. (...)

Dal momento in cui entrò in scena il Sismi, il caso Cirillo si trasformò nella trama di un film distopico. Di quelli ambientati in contesti postapocal­ittici. Con i servizi militari, fecero la loro comparsa piduisti, mafiosi, golpisti, faccendier­i e imprendito­ri famelici. A capo di questa corte miracolosa vi era niente meno che il numero uno del Sismi, il ge- nerale Giuseppe Santovito.

Il retroscena mai raccontato dell’ingresso del Sismi nell’affare Cirillo ce lo rivela Franco Di Carlo, che in quel periodo per conto di Cosa nostra manteneva i contatti con una parte dei servizi: “Pochi giorni dopo il sequestro, venne a trovarmi il generale Santovito di cui ero molto amico e con cui avevo un’assidua frequentaz­ione. Voleva da noi una mano per trovare l’assessore. Mi spiegò che dopo lo scandalo che lo aveva travolto, poteva essere l’occasione per riguadagna­re credibilit­à e soprattutt­o crediti verso quella parte del mondo della politica che lo stava per scaricare”. Lo scandalo cui Di Carlo fa riferiment­o è la scoperta delle liste segrete della loggia Propaganda 2 avvenuta il 17 marzo 1981. In quegli elenchi, con il numero di iscrizione 527, compariva anche il nome del generale Giuseppe Santovito, capo del Sismi dal 1978 all’agosto del 1981.

Non solo il capo, ma quasi tutti i più alti vertici del servizio militare, tra cui il generale Pietro Musumeci (altro protagonis­ta dell’affare Cirillo), risultaron­o presenti nelle liste della P2 di Licio Gelli. Il clamore della scoperta fatta a Villa Wanda fu tale da portare alle dimissioni del presidente del Consiglio Arnaldo Forlani. Per i soggetti più esposti di quel mondo di collegamen­to tra mafia, massoneria e servizi era dunque un momento critico. E il sequestro Cirillo si rivelò provvidenz­iale. Il senso dell’operazione raccontato da Di Carlo viene confermato dalla Commission­e d’inchiesta presieduta dal repubblica­no Libero Gualtieri: “Dal momento che al vertice del Sismi si era costituita una ‘struttura parallela’, che in parte era nata dai disegni della Loggia massonica P2, si capisce perfettame­nte come la possibilit­à di assicurare la liberazion­e di Cirillo per sfruttarla ai loro fini possa essere stata colta in tutta la sua potenziali­tà… In mano a questa struttura parallela del Sismi la liberazion­e di Cirillo era di per se stessa un risultato che poteva essere ‘ gio cato’ pesantemen­te nei confronti del partito in cui Cirillo militava”.

LA RICHIESTA di aiuto di Santovito fu perciò subito riportata da Di Carlo a Michele Greco: “Mi disse di interessar­e i Nuvoletta che avevano il polso della situazione a Napoli. Ma quando parlai con loro scoprii che Antonio Gava era già stato a Poggio Vallesana a implorare il loro interessam­ento per far liberare Cirillo. E fu così che insieme ai Nuvoletta decidemmo di coinvolger­e Raffaele Cutolo”. Nelle dichiarazi­oni successive di tutti i protagonis­ti, Cosa nostra e gli altri clan napoletani brillano per la loro assenza. L’unico esponente della criminalit­à organizzat­a tirato in ballo sarà sempre e solo Raffaele Cutolo. Il Sisde sostiene di essersi rivolto direttamen­te ed esclusivam­ente a lui. E così anche il Sismi. Come se all’epoca non ci fossero state altre realtà criminali in Campania. Soltanto nel 1993, grazie alla testimonia­nza di Pasquale Galasso, si sarebbe scoperto che il quadro era molto più complesso e i tavoli aperti dalla Dc con la camorra molteplici: “Durante il sequestro Cirillo, l’onorevole Antonio Gava mi fece contattare da Raffaele Boccia, suo fedelissim­o rappresent­ante in Poggiomari­no, e mi fece chiedere dal Boccia se io e gli Alfieri potevamo fare qualcosa per liberare Cirillo. Non credo che Gava, in quella circostanz­a, fece contattare soltanto me. Certamente anche altri malavitosi furono contattati allo stesso scopo”.

 ?? Ansa ?? La balena bianca Giulio Andreotti, Antonio Gava e Arnaldo Forlani
Ansa La balena bianca Giulio Andreotti, Antonio Gava e Arnaldo Forlani
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy