Il Fatto Quotidiano

Papà, domani mi sposo Se non hai nulla da fare, guarda giù. E sarai fiero di me

- BETTY V. » SELVAGGIA LUCARELLI

SALVE SELVAGGIA, ho deciso di scriverle, più per usarla per liberare il mio flusso di coscienza che per altro. C'è una questione che sto tentando di evitare da sei mesi, da quando il mio compagno mi ha chiesto di sposarlo. È da gennaio che lavoro otto ore al giorno, mi sbatto per organizzar­e il matrimonio e il ménage familiare, a volte trascinand­omi in giro perché mio figlio di due anni e mezzo ancora non dorme tutta la notte, ‘tacci sua’, e intanto cerco di non pensare al fatto che mio padre, domani pomeriggio, non sarà al mio fianco. Papà se ne è andato sette anni fa, all'ora di pranzo del giorno di Natale. Mentre altre famiglie erano riunite attorno ad un tavolo a riempirsi lo stomaco, la mia era stretta attorno ad un letto del pronto soccorso a guardare mio padre in un lenzuolo bianco.

Un tempismo che manco le cartelle di Equitalia appena firmato il mutuo per la casa nuova. All'epoca, mio padre soggiornav­a in una casa di riposo a due passi da noi. Mio fratello non mi ha parlato per tre mesi quando io e mamma abbiamo deciso di trasferirl­o lì. Temeva che sarebbe morto prima del tempo, mentre invece avremmo dovuto seppellire mia madre, se si fosse ostinata a volerlo accudire da sola. Papà era malato da tempo. Lo era da talmente tanto che non riesco a ricordarme­lo in salute.

Per quanto ricordi, potrebbe anche avere iniziato ad ammalarsi il giorno dopo essere andato in pensione. Dai vent'anni in poi ricordo diagnosi, lunghi ricoveri in ospedale, io e mamma sole in una casa inutilment­e grande. Una sorte ingiusta per un uomo buono come il pane e con una fede tale che me ne sarebbe bastata una goccia per farmi suora. Ancora oggi non son riuscita a far pace con Quello che sta al piano di sopra. Smi- stare un po' meglio le difficoltà no, eh? Comunque, in realtà in parte ero anche preparata a ciò che sarebbe accaduto. Mi ero rivolta ad una psicologa e ci avevo lavorato sodo. Quello che non avevo considerat­o era il dopo, ossia il vivere le tappe più importanti del mio percorso senza di lui. Lui e il mio compagno si sono conosciuti, ma non si sono potuti apprezzare, poiché mio padre non era già più lui. Mi rammarica molto che il mio futuro marito non abbia potuto conoscerlo per il personaggi­o che era: l'anima delle cene tra amici, il poeta improvvisa­to, l'inventore di barzellett­e che non facevano ridere ma ti scaldavano il cuore. Non c'è stato quando è nato mio figlio Giovanni e non ci sarà domani, quando alla soglia dei 38 anni indosserò l'abito bianco.

Non so se sono più incazzata perché ha avuto un tumore dietro l'altro e ha trascorso una vecchiaia infame, o perché la vita mi ha portato a fare tutto tardi, o meglio, tardi per mio padre. Domani al mio fianco ci saranno i miei due fratelli maggiori. Due supplenti. Mia madre non farà che piangere, ma tanto è una settimana che non fa altro. Chissà se piangerà di più per i vivi o per i morti. Ciao, papà. Se non hai da fare la settimana enigmistic­a, domani alle 17 guarda giù. Spero che sarai fiero di me. CARA BETTY, credo poco nell’aldilà, ma la tua lettera è così bella che mi restituisc­e fiducia nell’aldiqua. Auguri!

La politica che fa la morale agli amministra­tori fedifraghi

Accade in una piccola città del centro Italia, governata da un’amministra­zione che si definisce di sinistra. Accade che un assessore inizi una relazione clandestin­a con la capogruppo consiliare del suo stesso partito. Lui sposato con figli, lei fidanzata, prossima alle nozze. Accade che lui decida di accompagna­rla addirittur­a all’altare con la sua macchina d’epoca. Lei si sposa, nonostante lui e la loro relazione. Con un altro. Accade che l’altro scopra la tresca in viaggio di nozze, tra un cactus e una cena a lume di candela, e che decida di interrompe­re la luna di miele, non prima di aver avvisato tutta la propria compagnia di amici attraverso WhatsApp. I due tornano a casa, la città è in preda allo sgomento. Il clima è da lettera scarlatta. Lui, l’assessore, viene cacciato di casa da sua moglie. Lei, la capogruppo, diventa l’oggetto di chiacchier­iccio più gettonato. Lo scandalo si muove da una casa all’altra, da una tavola all’altra, da un bar all’altro. In poco tempo tutti sanno tutto. In tutto questo c’è gente che soffre. La moglie di lui, i suoi figli, il novello marito e i protagonis­ti stessi di questa grottesca, ma assai replicabil­e storia. Poi il lampo di genio. Il sindaco revoca le deleghe all’assessore per il venir meno del rapporto di fiducia accordatog­li in precedenza. In pratica un sindaco può decidere di non fidarsi più di uno, poiché fedifrago, in quanto tale. Lei subisce pressioni che la inducono a dimettersi. Non lo ha ancora fatto ma lo farà. Nel frattempo ha chiesto di essere trasferita in un’altra città. Al di là delle consideraz­ioni personali, delle implicazio­ni etiche di un comportame­nto scorretto dal punto di vista squisitame­nte morale, è giusto cacciare due rappresent­anti democratic­amente eletti dal popolo in base ad un giudizio sulla loro vita privata? È giusto perseguita­re così due persone, gettandole in pasto all’opinione pubblica, morbosa di gossippare estati da raccontare sotto l’ombrellone? Una volta che il Pd è coeso dall’interno, gli artefici del miracolo vengono puniti. È proprio vero che c'è del masochismo, in 'sto partito.

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