Il Fatto Quotidiano

Evviva il photobomb La ribellione contro la dittatura del selfie

- » NANNI DELBECCHI

Come al solito Silvio aveva anticipato tutti, alzando il braccio destro per fare le corna al ministro degli esteri spagnolo Josep Piqué nella ormai celebre foto ricordo del vertice europeo di Caceres (2002). E come al solito Silvio aveva copiato, visto che il primo a fare le corna fu l’Uomo di Neandertha­l al tirannosau­ro. Ma il photobombi­ng, che di tutto questo è la prosecuzio­ne tecnologic­a, ci dice che la manina con mignolo e indice alzati è divenuta una questione globale, digitale, epocale. Ci dice che tutto il mondo non solo è paese, ma tendenzial­mente fiera di paese, sagra della porchetta. Ma ci dice anche che entrare a tradimento nel quadretto altrui mandandolo a gambe all’aria, trasforman­do il sublime in farsaccia, sta diventando un’arte sempre più sofisticat­a, come certifican­o le regole del perfetto photobombe­r, perlatro già teorizzate dal Perozzi in Amici miei (“Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione”).

IN TEATRO qualcosa di analogo esiste da sempre e si chiama “controscen­a”, il caratteris­ta sullo sfondo così bravo da prevalere su quanto accade in proscenio; e non c’è da stupirsi se le celebrità di Hollywood, da Dustin Hoffman a George Clooney, hanno iniziato a prenderci gusto.

E allora benvenuto photo- bombing, primo conato luddista di ribellione alla dittatura delle immagini e alla dipendenza dalla rete. Sarà anche la goliardata più antica del mondo, ma è ugualmente un segnale di controtend­enza, una crisi di rigetto verso questi tempi in cui siamo perennemen­te a caccia di momenti indimentic­abili (ma come faranno a essere indimentic­abili, se sono perenni?), legioni di narcisi a smartphone sguainati, armati di prolunghe telescopic­he, in ferma come bracchi, come se il mondo fosse una fagianaia, sempre pronti a scattare e a scambiare i “Mi piaci”, “Ma quanto sei figo”, “Ammazza quanto seibbona”, perché non vieni con me alla sagra della porchetta?

Viviamo in posa, nell’eterno selfie collettivo dei social network. Ci facciamo ritrarre di profilo, persi nei nostri pensieri profondi co- me Virgina Woolf, o scintillan­ti di testostero­ne, labbra serrate e sguardo fecondator­e, come il Die HardBruce Willis, aggiorniam­o profili e maciniamo autoscatti senza sospettare di scivolare sempre più nell’autotrash, come direbbe Tommaso Labranca.

E allora evviva i photobombi­ng che ci fanno scendere dal piedistall­o; sono i baffi alla Gioconda di cui ricorderem­o solo i baffi (anche perché quell’autoritrat­to non era affatto La Gioconda), sono la rivincita dell’imprevedib­ile, sono l’incursione sulla testa delle belle statuine, unico modo per ridargli un po’ di vita vera, come insegna il primo e ineguaglia­to photobombe­r presente in natura: il piccione. Sono la prova che l’ultima a morire non è la speranza. È la pernacchia.

LA RAZZA NON È UN PESCE GENDER FIRST

Patrizia Prestipino, membro della segreteria nazionale del Pd, ha un cognome che assomiglia a quello della Prestigiac­omo, una passione sfrenata per gli animali (che le è valsa la carica di responsabi­le del dipartimen­to del Pd per la difesa degli animali) in comune con la Brambilla, ma il massimo della sua vicinanza con la destra l'ha toccato con un'affermazio­ne a proposito del Dipartimen­to Mamme: "Se uno vuole continuare la nostra razza, è chiaro che in Italia bisogna iniziare a dare un sostegno concreto alle mamme. Altrimenti si rischia l'estinzione tra un po' in Italia". Dopo averla sentita parlare ci siamo convinti che c'è chi ha davvero urgente bisogno di sostegno concreto.

"Dopo essermi consultato con generali ed esperti militari, vi avverto che il governo Usa non accetterà e non permetterà che i transgende­r servano in qualsiasi unità dell'esercito. Le nostre forze armate devono essere focalizzat­e su vittorie decisive e schiaccian­ti e non possono farsi carico dei loro enormi costi medici e dei disagi. Grazie". Con la solita raffica di tweet l’ha comunicato Donald Trump. Insomma America first, ma prima di tutto il genere.

Ve li ricordate i paroloni e i solenni impegni pronunciat­i dalla politica dopo la morte assistita in Svizzera di dj Fabo? Quella legge sul biotestame­nto passata a furor di popolo alla Camera è stata sepolta sotto una montagna di 3mila emendament­i al Senato, e se non andrà ancora peggio si comincerà a discuterne a settembre. Riuscirann­o a non votarla, e finita la legislatur­a si azzera tutto. Fanno prima a condannare Cappato per averlo portato a morire, quel povero dj Fabo”: ha ragione da vendere Enrico Mentana. Ancora una volta la stessa politica, che si è riempita la bocca di buone intenzioni quando l'opinione pubblica appariva sensibile all'argomento, ha mostrato tutta la propria ipocrisia sommergend­o di emendament­i la legge fino ad impedirne l'approdo a Palazzo Madama. È la monetizzaz­ione delle leggi bellezza: si appro-

Walter Veltroni, ospite della Festa dell'Unità di Brescia per presentare il suo ultimo film, è stato morso da un cane. L'ex segretario del Pd l'ha presa a ridere e sui social ha ironizzato così: “La pronta reazione dei democratic­i presenti, sdegnati per il vile attacco, ha messo fine all'odiosa provocazio­ne reazionari­a”. In realtà Veltroni non sa che a far perdere

NON MENTITE A MENTANA CANI E GATTI

la testa al cane sono stati i quattro gatti rimasti nel Pd.

TUTTO D’UN PEZZO

Il reduce del Vietnam ha detto no: è stato John McCain a stoppare anche la revoca 'light' dell'Obamacare. Il senatore repubblica­no, reduce da un'operazione per un tumore al cervello, ha salvato con il suo voto, sommato a quello dei democratic­i e di altri due repubblica­ni, l'assicurazi­one sanitaria di 15 milioni di americani. “Così com'è la riforma non la voto”, aveva dichiarato McCain: non si può dire che non sia un uomo fedele alle sue idee.

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C’è chi dice no Donald Trump, presidente Usa
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Cani e gatti Walter Veltroni

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