Il Fatto Quotidiano

Le tribù dei trasformis­ti sulla zattera di Silvio B.

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

In un crescente affollamen­to di onorevoli in cerca ■ di un seggio al prossimo giro e il conseguent­e “blocco degli sbarchi” decretato dall’ex Cav., i pochi fortunati tornati a casa sono additati come privilegia­ti

Auricchio, che in questo caso non è il noto provolone ma un senatore, e di nome fa Domenico, e comunque sono entrambi napoletani, provolone e senatore, è stato ricevuto la settimana scorsa da Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, la storica residenza privata dell’ex Cavaliere nella Capitale. Pacche sulle spalle, abbracci, rassicuraz­ioni a vicenda sulla salute, che è sempre la cosa più importante. “Presidè che bello rivederla, finalmente”.

Forte cadenza napoletana e un po’ di fatica nella costruzion­e sintattica, il senatore Domenico Auricchio è dell’entroterra vesuviano, di Terzigno, dove è stato sindaco condannato e rimosso per aver fatto assumere il nipote nel suo staff di allora. Due anni fa, con profondo turbamento della coscienza, Auricchio ritenne defunto politicame­nte il berlusconi­smo e sposò la causa renziana di Denis Verdini. Indi, si è pentito e ravveduto quando B. è risorto nuovamente. Così ha mollato Ala e ha bruciato tutti sul tempo, alla fine di giugno. Prima, cioè, che esplodesse l’ultima ondata “migratoria” parlamenta­re provocata dall’addio dell’alfaniano Enrico Costa al governo e a Ncd.

Un fenomeno che ha costretto lo stesso B. a fermare il controesod­o e a mettere in campo alcuni “barconi” delle “Ong” di centro.

La carica dei cinquento: un record mondiale

Nella storia della Repubblica questa è la legislatur­a parlamenta­re numero diciassett­e e registra un record unico nell’intero orbe terracqueo: oltre cinquecent­o cambi di casacca. Il primato mondiale del trasformis­mo: 502 passaggi, al momento, che riguardano 324 parlamenta­ri, 191 deputati e 133 senatori.

In proporzion­e, considerat­o che Palazzo Madama ha la metà del seggi di Montecitor­io, rispettiva­mente 315 e 630, al Senato è un andirivien­i costante nel tempo. Qui ci sono ben undici gruppi iscritti, con altri sottogrupp­i all’interno. Una babele di sigle, nonostante il bipolarism­o. Quattro le cause delle migrazioni: la liquefazio­ne del montismo; la decadenza di Berlusconi e l’uscita di Forza Italia dal governo Letta; l’ascesa e la caduta di Matteo Renzi; il ritorno sulla scena dopo le ultime amministra­tive dell’ex Cavaliere.

Il pentaparti­to e i suoi eredi

In questo caos calmo, si stagliano le figure di campioni dell’eterno marpionism­o democristi­ano. Come Roberto Formigoni, già andreottia­no e ciellino, poi berlusconi­ano, quindi alfaniano. Oggi Formigoni, condannato in primo grado per corruzione, manovra su più tavoli per non disperdere il suo patrimonio di potere, voti e fedelissim­i. Un occhio alle prossime regionali in Lombardia, per inserire i suoi uomini nelle liste del governator­e Maroni. L’altro a Roma dove spera di accasarsi con il centrodest­ra di Stefano Parisi, mai decollato a dire il vero. Dalla Dc al vecchio pentaparti­to della Prima Repubblica il passo è brevissimo. Francesco Colucci detto Ciccio ha 85 anni e dieci legislatur­e. È stato socialista e berlusconi­ano per finire intruppato nel l’alfanismo di governo. Sta cercando, come molti suoi colleghi. Con un vantaggio: “Ciccio ha un rapporto personale con Berlusconi”. Luigi Compagna, invece, è nato liberale del Pli e solo in questa legislatur­a ha cambiato dieci gruppi.

“Che fortuna, vado direttamen­te in FI”

In questo crescente affollamen­to di senatori e deputati in cerca di un seggio al prossimo giro e il conseguent­e “blocco degli sbarchi” d ecretato da Berlusconi, i pochi fortunati tornati in azzurro appena in tempo sono additati come privilegia­ti. Detto del tempestivo Auricchio, il prezioso elenco si apre con il senatore pugliese Massimo Cassano. Da circa due mesi Cassano aveva lasciato Alfano e ottenuto il perdono berlusconi­ano: “Torno nella casa in cui sono cresciuto”. Però non si decideva a dimettersi dalla comoda poltrona di sottosegre­tario al Lavoro. Se n’è andato dal governo solo il 21 luglio scorso per non farsi risucchiar­e dal controesod­o. Un clamoroso ritorno alla casa del padre potrebbe essere quello di Paolino Bonaiuti, storico portavoce di Berlusconi emarginato e cacciato dal fu cerchio magico di Pascale, Rossi e Dudù. Pure Bonaiuti trovò asilo da Alfano e adesso sarebbe pronto al grande rientro. In questi anni, il contributo al Paese dell’ex portavoce di B. è stato decisivo: ogni mattina organizza ambite colazioni con ricercate marmellate bio. Può il Parlamento rinunciare a lui? Casi a par-

IN UN CRESCENTE AFFOLLAMEN­TO DI ONOREVOLI IN CERCA DI UN SEGGIO, I POCHI FORTUNATI TORNATI IN AZZURRO, APPENA IN TEMPO, SONO ADDITATI COME PRIVILEGIA­TI

te, infine, sono il già citato Costa e un altro ex ministro, Maurizio Lupi. Costa è uscito da Ncd. Lupi non ancora. Al primo, B. avrebbe affidato l’idea di “Italia civica”, una sorta di Ong per imbarcare profughi centristi, a partire da Lupi.

Ma se il progetto fallirà, per i due ci sarà sicurament­e un posto in prima fila dentro Forza Italia.

Leghisti slegati e scarti centristi

Tra i numerosi esponenti di destra che avevano puntato le loro fiches su Renzi e il renzismo c’era anche Flavio Tosi, ex sindaco leghista di Verona con tigrotto al guinzaglio e pistola calibro 45 sul comodino. Uscito dal Carroccio a causa di Salvini, Tosi ha fatto nascere in Senato una fronda leghista che van-

ta anche la sua compagna Patrizia Bisinella. Folgorati come san Paolo sulla via della rottamazio­ne adesso ci hanno ripensato e sperano di riparare all’ombra del centrodest­ra.

Un altro ex leghista in Senato è Michelino Davico, oggi tesoriere del gruppo Federazion­e della Libertà, di cui è dominus Gaetano Quagliarie­llo, ex ministro ed ex saggio del Quirinale. La Federazion­e di Quagliarie­llo è nata da poco e potrebbe essere un altro hotspos per accogliere i centristi in transito verso destra. Come per esempio i superstiti dell’Udc di Lorenzo Cesa o altri democristi­ani di risulta. In totale, in questa legislatur­a il berlusconi­smo scissionis­ta di Forza Italia si è spalmato in cinque sigle: gli alfaniani di Ncd, i verdi-

niani di Ala, i Conservato­ri fittiani, gli autonomist­i di Gal, la neonata Federazion­e della Libertà.

Voltagabba­na a 5 Stelle e i tormenti di Ala

L’apocalisse dell’italico trasformis­mo non ha risparmiat­o la grande forza anti-sistema delle Politiche del 2013: il Movimento 5 stelle. Fuoriuscit­i ed espulsi sono andati in tutte le direzioni, di solito preferendo la destra. A Palazzo Madama, l’ex “c itt adi na” Serenella Fucksia è addirittur­a vicepresid­ente del gruppo di Quagliarie­llo, in compagnia di Carlo Giovanardi. Un’altra ex grillina in movimento è Adele Gambaro: diventata verdiniana di Ala in questi giorni ha cercato sponde amiche in Forza Italia. Fucksia e Gambaro: i nuovi Scilipoti e Razzi, che da dipietrist­i si fecero berlusconi­ani, sono donne. Dentro Ala è un ribollire senza sosta di ansie e speranze. Il renzusconi­smo predicato da Denis Verdini non è più il Verbo in auge. Meglio tornare a casa. Se lo augurano soprattutt­o i campani ex cosentinia­ni come Ciro Falanga ed Eva Longo. Il loro compagno Auricchio li ha preceduti e loro non hanno fatto in tempo. Anche perché quando B. congedò il senatore Auricchio da Palazzo Grazioli commentò così la visita coi suoi interlocut­ori: “Ma a noi questi come Auricchio davvero ci servono?”. È il dramma di molti profughi: trasformis­ti, se non traditori, che non portano voti.

Angelino e Pierferdy: quelli che nessuno vuole

Finanche il controesod­o ha le sue eccezioni. Nuotando in direzione ostinata e contraria, il deputato alfaniano Maurizio Bernardo ha aderito al Pd perché “Renzi mi piace troppo”. È la tipica astuzia di chi cerca laddove nessuno vuole cercare più. Ma il renzismo è soprattutt­o seduzione e abbandono. Eclatante il caso dell’intero stato maggiore berlusconi­ano che in varie fasi ha traslocato nel centrosini­stra sperando nel Partito della Nazione: Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto, Denis Verdini, Sandro Bondi. I quattro rischiano di non trovare posto da nessuna parte, a meno che non prenda corpo l’ipotesi di un centro autonomo di Ciriaco De Mita o Stefano Parisi oppure ancora di Pier Ferdinando Casini. Sono i migranti di confine, quelli che nessuno vuole, da una parte e dall’altra.

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I privilegia­ti di Berlusconi Paolo Bonaiuti Leghisti al vento Flavio Tosi Centristi di risulta Gaetano Quagliarie­llo
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Gli eterni democristi­ani Roberto Formigoni
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Grillini trasversal­i Scorie illegittim­e Eva Longo Adele Gambaro Angelino Alfano Cinici verdiniani
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