Il muto parlante
Non che vogliamo tappargli la bocca, anzi: ci fa sempre ammazzare dalle risate, sia quando presenta il suo capolavoro letterario, sia quando parla o messaggia con babbo Geppetto. Però il 22 luglio, quando abbiamo letto sul Corriere che “Renzi ha deciso di ‘scomparire’per un mese e forse qualcosa di più”, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Un po’per noi e per le nostre orecchie sanguinanti. Un po’ per lui, che necessita di rinnovare il repertorio, visto che da quattro anni ripete sempre le solite 3-4 cazzate e supercazzole. Il mese sabbatico annunciato tramite Maria Teresa Meli, insomma, prometteva benissimo: “Non parteciperà a dibattiti, ospitate televisive, o alle feste locali dell’Unità (che fra l’altro, dopo il suo passaggio, non esiste più, ndr) e soprattutto... a quello che lui definisce ‘il chiacchiericcio romano’”, perché – ha “spiegato ai suoi collaboratori”, fra cui la Meli - “è inutile partecipare ai teatrini di palazzo”. Di qui la decisione di tapparsi la bocca per un mese, come Fantozzi quando si martella il dito montando la tenda e corre fino in fondo alla foresta prima di urlare; e riproporsi più bello che pria “a metà settembre per il tour in treno de ll’Italia, ‘ per parlare con la gente di cose concrete’”. Ecco: con la gente, di cose concrete. Per non farsi “fagocitare dalla ‘palude’” e“dare la scossa al partito, prima con la sua assenza” e poi – casomai l’assenza non bastasse – “con il tour in treno per la penisola” (aridàgli) per “aprirsi alla società” e aprire “le porte al confronto con tutti”. Su cosa? “Sul merito delle cose”.
Poi si sa come vanno queste delizie: nemmeno il tempo di assaporarle e farci la bocca, e già ci vengono sottratte. Infatti Renzi non ha mai parlato tanto come da quando ha annunciato di smettere. Teme che, stando zitto un mese, quando torna nessuno lo riconosca più. Domenica il muto parlante era alla Versiliana a presentare il libro, intervistato dal direttore de La StampaMaurizio Molinari, e ha regalato alcune perle di rara saggezza. Gli han chiesto dell’amico Macron, quello che assieme a lui (il Macron italiano) doveva rivoluzionare l’Europa sul nuovo asse italo-tedesco, e invece non ci ha neppure invitati al vertice parigino sulla Libia e ha nazionalizzato i cantieri di Saint Nazaire purché non passino dai coreani a Fincantieri. Lui ha risposto che non è mica colpa di Macron, bensì del governo “debole”, ma non per colpa di Gentiloni (“facciamogli un applauso, avrà sempre la mia amicizia e il mio sostegno”, ha detto mentre quello si grattava all’idea del #paolostaisereno): no, la colpa è “della sconfitta al referendum”, cioè nostra.