Adieu Jeanne: l’antidiva congiunzione del Cinema
È scomparsa l’attrice Moreau, Catherine in “Jules e Jim”
LFuori dal titolo Di Oscar Werner (Jules) e Henri Serre (Jim) ci siamo dimenticati, Catherine la piangiamo 55 anni dopo Biografia JEANNE MOREAU Nata a Parigi nel ‘28 da un ristoratore e una ballerina, esordisce con Louis Malle, in “Les amants” (1958). Con Truffaut “Jules et Jim” (1961) arriva la maturità. Migliore attrice per “Moderato cantabile” di Peter Brook, è protagonista de “La notte” di Antonioni, “Il processo” di Welles e “Diario di una cameriera” di Buñuel. Nel ‘75 dirige “Lumière” La grande scommessa Rifiuta il make-up, ha una bocca che può dire tutto e una voce roca di Gauloises o Gitanes
a congiunzione più celebre della Settima Arte. Il vertice del triangolo e, insieme, l’anello che non tiene. Prima di quel film ineludibile, ce ne sono altri due che proprio non si possono scordare. Ne ha già realizzati 19, dai primi anni ‘ 50, quando Louis Malle le chiama l’Ascensore per il patibolo. Jeanne Moreau non ha ancora trent’anni, e non ha ancora avuto un ruolo da protagonista: alla prima occasione, rifiuta il make-up, scommette su se stessa e si prende tutto, coniugando al futuro presente il femminismo e declinando a sua immagine e somiglianza un femminile non allineato né contenibile. Ci fa e ci è. Ha una bocca che può dire tutto, occhi indicibili e una voce roca di Gauloises o Gitanes che è già, in un’epoca in cui in sala si poteva fumare, parte per il tutto cinematografico. Lei e Malle lo stesso anno concedono il bis, che è situazione sentimentale confessa: Gli amanti.
NEL PRIMO, Jeanne progetta con l’amante di uccidere il marito; nel secondo, si mette a (quasi) nudo e cerca gratificazioni fuori dal matrimonio. Qualcosa si paga: il regista Malle apprezza, l’u omo Malle assai meno, e la relazione esce di carreggiata. C’è chi prende subito il testimone, cinem at o g r a f i c amente parlando. L’ebbe già in piccolo nei 400 colpi, ma ha questi ruoli in testa François Truffaut quando la vuole per Catherine, ovvero l’ineffabile et di Jules et Jim, il lascito testamentario stesso della Nouvelle Vague, anno 1962. Catherine è la statua e l’incidente – rispettivamente, il ricordo di e la causa di – e sono attribuzioni facilmente estendibili oltre i 105 minuti di pellicola, prelevabili dalla finzione e trasferibili a Jeanne stessa: la Moreau è statua e incidente, ossia tempo e movimento, icona e accadimento, consapevolezza e stupore. In un’epoca di rivoluzione sostanziale e cambiamenti repentini ha saputo assorbire e indirizzare, accompagnare e guidare, senza farsi superare mai: non ha nemmeno bisogno di dirsi, di comparire, perché c’è e, come in quell’et, fa e disfa. Agli altri, Jules e Jim, il titolo, a lei la sostanza: di Oscar Werner (Jules) e Henri Serre (Jim) ci siamo ampiamente dimen- ticati, Jeanne la piangiamo 55 anni dopo. Se n’è andata 89enne, ieri a Parigi, e il cordoglio dell’Eliseo non è peregrino: “Scompare un’artista che incarnava il cinema nella sua complessità, la sua memoria, la sua ambizione”. Di memoria e ambizione, Jeanne ha dato un ritratto mutevole e formidabile, appassionante e sfidante: che canti ( Le Tourbillon) e si travesta da uomo in Ju- les et Jim, che incarni la femme fatale Ev a ( Joseph Losey, 1962) o si faccia baciare gli stivali dal boss feticista del Diario di una cameriera( Luis Buñuel, 1964), che sia La grande peccatrice (Jacques Demy, 1964) o la seducente signorina Burstener a Processo (Orson Wel- les, 1962), la Moreau è superiore alla somma delle sue parti, e non per mancanza di generosità o timida applicazione. È nello scarto irredimibile tra personaggio e persona, la sua, che si costruisce e custodisce lo status iconico: Jeanne Moreau, e solo lei.
HA LAVORATO con i grandi, senza mai mandarle a dire. Anche al nostro Antonioni, per cui percorse errabonda le strade di Milano ne La notte (1961): “Non c’era comuni cazione tra lui e me”. Che, tra le altre cose, è una condivisibile esegesi dell’opera di Antonioni. Figlia di un ristoratore di Montmartre e di una ballerina inglese, nata a Parigi il 23 gennaio 1928, si iscrisse al Conservatoire de Paris. Nel 1947 il debutto sul palco di Avignone, poi la Comédie Française e nel 1951 il più sperimentale Théâtre National Populaire di Jean Vilar. Nel 1960 il premio come miglior attrice a Cannes per Moderato cantabile di Peter Brook, sette anni più tardi il passaggio dietro la macchina da presa con Scene di un’amicizia tra donne, cui seguiranno L’adolescente (1979) e il documentario su Lillian Gish (1983). Molti i riconoscimenti ricevuti, dal Leone d’oro alla carriera nel 1992 all’omologo berlinese del 2002, non sono affatto trascurabili le doti canore, di cui ha dato dimostrazione sullo schermo per Truffaut e Reiner Werner Fassbinder ( Querelle de Brest), e le regie teatrali. Tra i sodalizi artistici quello con Marguerite Duras, trasformato in Natha-
lie Granger e ne L’a mant e, nonché quello tv con Josée Dayan, arrivato fino al 2011 per
La Mauvaise Rencontre, mentre sul versante sentimentale aveva una qualche predilezione per i colleghi: oltre a Malle, William Friedkin, cui fu sposata dal 1977 al 1979. Se ne innamorarono in molti, persino il gay Pierre Cardin, e come altrimenti?