Sicilia: la destra ci prova, troppi nomi a sinistra
Faide centriste e timori renziani ritardano la scelta dei rivali di Giancarlo Cancelleri
Un solo nome, Giancarlo Cancelleri, e dietro il caos: nell’isola trasformata nel Maine (lo Stato pilota Usa) italiano, dove tra tre mesi si giocano i destini degli equilibri nazionali, come spesso è accaduto in 70 anni di storia repubblicana.
Ai nastri di partenza della partita elettorale solo il Movimento Cinque Stelle mostra al momento le carte in regola, per avere lanciato nella mischia, con le “regionarie”, il geometra nisseno avvantaggiato, per ora, dalla confusione di centrodestra e centrosinistra a caccia di candidati.
Dopo il secondo, gran rifiuto, di Pietro Grasso tirato per la giacchetta anche da un gruppo di intellettuali, nel Pd nascono come funghi candidati “fai da te”, a partire dall’auto-riconferma di Rosario Crocetta, neo-paladino del sicilianismo: “la Sicilia ai siciliani” è lo slogan elettorale per ora frenato da un avviso di garanzia per corruzione nell’inchiesta trapanese sui traghetti d’oro.
La trasferta di Matteo indeciso su tutto
In attesa dell’arrivo di Renzi, domani a Palermo per trovare la quadra, dietro di lui si muovono il sottosegretario Davide Faraone, impegnato in un faticoso tour elettorale tra aziende e territori e più discretamente, dietro le quinte del centrosinistra, Giuseppe Lupo, potente ex segretario regionale, “ponte” autorevole con il mondo cattolico per i suoi legami con l’Opus Dei, lo stesso mondo ( cattolico) di Leoluca Orlando che con la sua idea di “ci v is m o de m oc ra t i c o ” ha fatto breccia a sinistra del Pd. L’altro nome, infatti, più civetta che reale (si è detto pronto a farsi da parte nel caso si aggreghino i bersaniani e sinistra italiana), è quello dell’editore Ottavio Navarra, venuto fuori da Rifondazione Comunista e Azione Civile e dall’as s oc i az i on ismo democratico.
A scompaginare giochi e tatticismi si è affacciata, negli ultimi giorni, la candidatura di Giusy Nicolini, l’ex sindaco di Lampedusa bocciata alle amministrative dell’isola, e proposta dall’avvocato ambientalista Giuseppe Arnone che in una let- tera a Renzi azzarda un paragone: “Io e la Nicolini – scrive – siamo come te e la Boschi, la prima campagna elettorale con lei l’ho fatta 40 anni fa, al liceo’’. E se la Nicolini, finora, è l’unico nome con una visibilità nazionale (è stata citata dal palco degli U2, a Roma, da Bono per il suo impegno a favore dei migranti), nel centrodestra, nonostante sia saltato l’incontro previsto per oggi tra Alfano, Miccichè, Gianni Letta e Niccolò Ghedini per i mal di pancia centristi, Forza Italia continua ad attendere il ritorno del ministro degli Esteri alla casa madre berlu sconiana, a dispetto dei veti del passato: “Alfano è il peggiore politico che la Sicilia abbia mai conosciuto”, disse Miccichè al sito Siciliainformazioni nel 2015, e oggi i suoi colonnelli, da Giacomo Terranova, amministratore della Gesap, all’ex deputato Pippo Fallica seppelliscono il passato in nome dell’interesse comune: “Alfano? Niente spazio per sentimenti e risentimenti” dice Terranova. “Angelino tradi- tore? Ma quando mai, la politica è fatta così”, gli fa eco Fallica. E Diego Cammarata cita il suo successore, Leoluca Orlando, docente di realpolitik: “Ha avuto il cinismo di mettere dentro Tamajo e Mimmo Russo”, entrambi esponenti del centrodestra. Bisognerà vedere se gli accordi si chiuderanno in favore dell’appoggio all’u ni co candidato dichiarato, Nello Musumeci, che da governatore siciliano ha intenzione di ripristinare le province e diventare commissario unico all’immigrazione, con risorse garantite dallo Stato dopo avere attraversato, ha detto, “la palude senza prendere la malaria”.
Riferimento chiaro ai guai giudiziari dal quale finora è stato immune, e che hanno colpito ieri due fedelissimi di Alfano, l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio e il senatore Ndc Marcello Gualdani, che il 9 gennaio prossimo compariranno in aula per rispondere di voto di scambio: i loro galoppini sono accusati di avere distribuito latte e formaggi (a volte avariati) in cambio di voti alle regionali del 2012, dove Cascio fu il più votato della sua lista.
La farsa delle dimissioni di Ciaccio e le divisioni
E i Cinque Stelle? Per ora restano favoriti, stretti attorno a Cancelleri, trionfatore delle “regionarie”, ma rischiano l’erosione dei consensi se continuano a scimmiottare i vecchi partiti, come dimostrano le dimissioni farsa del deputato Giorgio Ciaccio, rinviato a giudizio per le firme false, bocciate dall’Ars a maggioranza bulgara. A svelare gli accordi dietro le quinte è stata una vecchia volpe del Pd, Giovanni Panepinto: “Le dimissioni boc- ciate? Ce lo ha chiesto il capogruppo grillino Sergio Tancredi”, per poi aggiungere: “È una prassi istituzionale, non c’è nulla di strano’’. Di strano no, ma di vecchia politica sicuramente sì: a subentrare a Ciaccio sarebbe stato Mauro Giulivi, vicino a Riccardo Nuti (che ora minaccia querele), e il suo ingresso all’Ars avrebbe favorito il gruppo di oppositori a Cancelleri. E l’im ba raz zo dei Cinque Stelle sta tutto nelle cifre di presenza: il giorno del gran rifiuto sui banchi dell’assemblea c’erano solo 5 deputati grillini su 14.
A bordo Micciché
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