Il Fatto Quotidiano

Berlusconi recluta i moderati: ma sono mai esistiti?

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Berlusconi ha chiamato a raccolta i moderati: crescete e moderatevi, vi farò vincere le elezioni. Questa l’ho già sentita. Siccome bisogna pur motivare il popolo, ha dato una lucidatina alla lampada magica della sua area politica di riferiment­o: la moderazion­e. Ventitré anni dopo la famosa discesa in campo, sta ancora a parlare di moderati. Proviamo a tracciare l’identikit del moderato tipo che ha in mente uno come Berlusconi: ecco, vedete, non ci viene in mente niente, proprio niente. Nessuno li ha mai visti in giro, tantomeno in cabina elettorale. E allora da chi prende e da chi ha preso i voti Berlusconi, visto che si attacca ai moderati come un pensionato al salvavita Beghelli? Nella sua mente, quella parola è la sintesi semantica di un passato intramonta­bile, il testimone lessica- le di una staffetta tra generazion­i di maggioranz­e moderate, perlopiù silenziose e visceralme­nte anticomuni­sta.

Dire moderati è come suonare il campanello al cane di Pavlov senza piazzargli nella ciotola il boccone: il cane produrrà saliva comunque.

Perché, se da un canto ci sono i moderati benpensant­i che fanno le cose per bene, dall’altro – se tanto mi dà tanto – si annidano i facinorosi esaltati. Invece, e qui sta il bello, gli altri sono più moderati dei moderati. Cioè, se i moderati a cui pensa Berlusconi sono europeisti contenuti, l’opposta fazione è fatta di feticisti europei. In questo senso, in effetti, il programma del centrodest­ra è più moderato di quello avversario. Anche se identico. Fatto di nulla l’uno e di niente l’altro. Ma vuoi mettere un nulla moderato rispetto a un nulla progressis­ta? FRANCESCO CARRARO

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