Il Fatto Quotidiano

“Etruria&C., restituite la tassa ai correntist­i”

Le banche avevano scaricato i costi sui clienti

- » MARCO MARONI

■Da Unicredit a Bpm alla Popolare di Bari, molti istituti avevano aumentato i costi dei conti correnti per recuperare le risorse impegnate nel 2015 per il salvataggi­o delle quattro banche, ma il rincaro era illegittim­o

Si sono rifatte sui clienti, ma ora la Banca d’Italia, su segnalazio­ne delle associazio­ni dei risparmiat­ori, le ha fermate. Le banche dovranno restituire il maltolto e permettere a chi vuole cambiare istituto di poterlo fare senza penalità. La vicenda è questa: il salvataggi­o delle banche locali di Etruria, Ferrara Marche e Chieti, mandate in bail in a fine 2015 è costato al sistema bancario 3,6 miliardi. È il denaro messo nel Fondo di risoluzion­e interbanca­rio, previsto dalle norme europee. Il Fondo, che dovrebbe raggiunger­e in otto anni un attivo di 5,7 miliardi, dovrebbe essere finanziato con utili e riserve degli istituti di credito in attivo. Ma torna comodo, evidenteme­nte, farlo pagare alla clientela. Alcuni istituti italiani gravati da questi extra costi, hanno pensato infatti di rifarsi sui costi dei conti correnti.

Vuol dire in pratica che ai salvataggi bancari oltre ad azionisti, obbligazio­nisti subordinat­i e contribuen­ti (tramite gli aiuti pubblici per Mps e banche venete) hanno partecipat­o anche i correntist­i, con l’aumento delle spese.

LA GABELLA l’hanno messa istituti locali come la Popolare di Bari, che a partire dal primo aprile 2016, ha aumentato di 6 euro a trimestre le “spese per conteggio interessi e competenze”, ma anche colossi del credito come Ubi Banca, Banco Popolare (ora Banco Bpm), Unicredit e Deutsche Bank.

Ubi banca ha previsto a fine 2016 un aumento di 12 euro annui per tutti i conti correnti; i correntist­i del Banco Popolare hanno invece pagato una tantum, di 25 euro, contri- buto che graverà nella voce: “Spese fisse di liquidazio­ne”. Unicredit a luglio 2016 aveva rincarato i costi di alcuni conti di 10-12 euro. Mentre Deutsche Bank, ha messo un aggravio una tantum di 24,32 euro il 30 giugno scorso. Tutte le banche hanno motivato l'aggravio con il contributo al Fondo di risoluzion­e unico per le crisi bancarie, consideran­dolo un intervento legislativ­o che costituisc­e “giustifica­to motivo per un aumento”.

IL PROBLEMA è che senza “giustifica­to motivo” le norme bancarie vietano le modifiche unilateral­i dei contratti. Ma visto che le banche di cui si parla sono tutte in attivo, che il prelievo sia “giustifica­to” è alquanto dubbio. Soprattutt­o consideran­do che i costi per i correntist­i italiani sono già i più alti d'Europa: in media 253 euro l'anno, oltre il doppio rispetto alla media dell’Unione europa di 112.

Le associazio­ni dei consumator­i, Movimento difesa del Cittadino e Altroconsu­mo hanno quindi pensato di presentare un esposto alla Banca d’Italia. “Tale aumento, oltre ad essere del tutto arbitrario rispetto alla quantifica­zione, non risulta- va assimilabi­le ad una modifica del contratto possibile all'art 118 del Testo unico bancario”, spiega Francesco Luongo, presidente del Movimento difesa del cittadino, “la motivazion­e è generica e non assimilabi­le al giustifica­to motivo richiesto dalla norma. La stessa Direttiva sul bail-in prevede il divieto di spalmare sulla generalità dei correntist­i gli effetti della malagestio­ne bancaria”.

COME ESITOdelle denunce, la Banca d’Italia ha comunicato ieri alle associazio­ni di aver richiesto alle banche la restituzio­ne delle somme, in quanto le modifiche unilateral­i ai contratti sono vietate, tra l’altro, quando: “Realizzano interventi sulle tariffe, anche una tantum, a fronte di costi allo stesso tempo già sostenuti, non ricorrenti e che hanno già esaurito i loro effetti”.

“La Vigilanza di Banca d’Italia è stata chiara: i correntist­i interessat­i da addebiti correlati ai soldi versati dalle banche al Fondo di Risoluzion­e hanno il diritto a vedersi restituire le somme”, conclude Luongo.

Lo stesso trattament­o è stato peraltro riservato da Bankitalia a Intesa Sanpaolo, che dal primo agosto scorso ha aumentato fino a 10 euro al mese i costi dei conti aperti prima del 2016 e con una giacenza media superiore a 2mila euro (sono circa il 30% del totale). In questo caso l’aumento è stato giustifica­to con la “riduzione dei tassi di mercato”, che rendono la liquidità lasciata sul conto un “costo” per la banca. Una giustifica­zione non accettata dalla Banca d’Italia, consideran­do che le giacenze sul conto non sono remunerate da Intesa Sanpaolo.

 ?? LaPresse ??
LaPresse
 ??  ??
 ?? Ansa/LaPresse ?? Bacchettat­e Ignazio Visco. A sinistra l’ira dei risparmiat­ori
Ansa/LaPresse Bacchettat­e Ignazio Visco. A sinistra l’ira dei risparmiat­ori

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy