Il Principe della Gaffe va in pensione
L’inciampo del “suo” Telegraph, che ne annuncia la morte
“Il
senso dell’umorismo del Duca ci ha illuminato per decenni”, scrive il Telegraph, rassicurante quotidiano conservatore (non privo comunque di pregressi di valide inchieste), talmente conservatore da non aver ancora ceduto al passaggio, oggi quasi universale, al più ridotto formato tabloid.
A umoristico contrappasso, è stato proprio il giornale più amato dai reali – sede quasi esclusiva delle loro pur rare interviste – a inciampare nella più grossolana delle gaffes. “Il Principe Filippo, Duca di Edimburgo, è morto”, il titolo spuntato ieri mattina dal sito del quotidia- no. Si è trattato, all’evidenza, di un banale errore, forse uno scherzo, o un testo buttato lì che non doveva andare a pubblicazione. Che comunque c’è stata, e subito captata da qualche collega del Guardian e dell’I nd e pe ndent, con tanto di sfottò es c r ee nshot a documentare l’errore prima della sua correzione, avvenuta nell’arco di minuti.
Il titolo, con relativo link all’articolo, rinviava comunque a una notizia vera, e cioè non all’ultimo giorno di vita di Filippo, ma di “lavoro”. Alla veneranda età di 96 anni, ha presenziato ieri al suo ultimo impegno pubblico individuale ( i cronisti reali sono precisi, è stato il 22.219e- simo dal 1952), presenziando davanti a Buckingham Palace a una parata dei Royal Marines, al culmine di una loro megamaratona di beneficenza di cento giorni, a percorrere 1.664 miglia per celebrare la nascita del corpo, nel 1664. Scelta non casuale per il suo pensionamento (preannunciato a maggio), in quanto il Duca, a margine dei suoi molteplici titoli nobiliari (ne ha una ventina) vanta anche quello di Capitain General dell’armata stessa.
NON È del resto la prima volta che viene annunciata la sua morte (è successo quest’anno anche allo scandalistico Sun), né probabilmente dà troppo fastidio a un conclamato maestro di errori e ironie. La stessa stampa britannica lo apostrofa come “Principe delle gaffes”, e da ieri si scatena a riepilogarle. “Le donne britanniche non sanno cucinare”, ammise nel 1966, verità almeno parziale ma inadatta al Suo ruolo. Nel pieno della crisi economica dell’81, decretò: “Prima dicevano che serve più tempo libero, adesso si lamentano che sono disoccupati”. Poi, in una visita all’ex colonia kenyota, ricevendo un dono da un’indigena, le chiese: “Sei una don- na?”. Addirittura, è riuscito a stroncare il sogno di un bimbo che gli confidava di voler fare l’astronauta, replicandogli: “Sei troppo grasso”. Né si è regolato dinanzi a Malala Yousafzai, l’adolescente pakistana insignita del Nobel per la Pace. “I bimbi vanno a scuola perché i genitori non li vogliono a casa”, le disse, qualche mese dopo esser ferocemente aggredita dai pakistani per i suoi propositi di scolarizzazione.
Tra inciampi e battute degne dei Monty Python, ha comunque alimentato nei decenni una diffusa simpatia, testimoniata ieri anche dalle parole affettuose dei leader del governo e dell’opposizione di Sua Maestà. La sua migliore battuta, del resto, dice la verità: “Io servo solo a sostenere mia moglie”, sposata 70 anni fa. La quale, all’opposto, non ha alcuna intenzione di dimettersi.
Senza pietà
A un bimbo che gli disse: “Da grande vorrei fare l’astronauta”, rispose: “No, sei troppo grasso”