Il lavoro di Trump per smontare l’America
La collaborazione stabile tra il professor Salvatore Settis e il Fatto Quotidiano è una buona notizia perché destinata ad arricchire il giornale di informazioni e approfondimenti autorevolissimi su temi di grande rilevanza sociale.
Tali sono la tutela e la valorizzazione del nostro straordinario patrimonio culturale e paesaggistico e più in generale la difesa dei beni comuni.
Temi ritualmente evocati quanto largamente disattesi in molti degli atti delle nostre Istituzioni. Non è un caso che la notizia sia stata data dal Fatto in premessa di un articolo nel quale, sulla base di dati ufficiali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il professor Settis denuncia la contrazione della spesa nazionale nel settore dei beni culturali, ancora più marcata nelle regioni del sud. Scelte che contraddicono palesemente i buoni propositi sul valore strategico della cultura nella rigenerazione economica e sociale di un paese che troppo spesso brancola nel buio.
Ma, Settis non è solo un’autorevole personalità del mondo scientifico. È anche un intellettuale impegnato nell’attuazione della Carta Costituzionale, quella difesa dai cittadini con il referendum del 4 dicembre 2016, ma troppo spesso svuotata nei suoi principi fondamentali dall’azione amministrativa di chi governa, a partire dai diritti al lavoro, all’istruzione, alla salute e alla difesa dei beni comuni.
Sono temi centrali per il futuro dell’Italia. Per questo considero una buona notizia la collaborazione con il professor Settis. Con questa scelta il Fatto Quotidiano si conferma giornale che si propone di costruire un’informazione libera, basata sulla conoscenza e sull’ap pr of on dimento rigoroso dei fatti.
Che è poi il presupposto per non fare sconti a nessuno.
Alle Ong servono regole o la situazione peggiorerà
A pensar male si fa peccato, ma si ha quasi sempre ragione.
Il traffico di migranti dalla Libia all’Italia è da tempo oggetto di dubbi e perplessità da parte di molti (me compreso) che si rifiutano di credere che un barcone carico di fuggitivi dall’Africa possa essere “soccorso” in pieno Mar Mediterraneo senza che ci sia preventivamente stato un contatto telefonico per ottenere un comodo “passaggio” sulla nave di una Ong. È sacro- CARO COLOMBO, Donald Trump sta lavorando intensamente per colpire al cuore il “sogno americano” di tanti che non sono nati in America ma all’America danno moltissimo, a volte anche il premio Nobel. Sto parlando della leggendaria “carta verde”, che rendeva i cittadini attivi uguali ai cittadini americani. Mi sembra un progetto pericoloso. Per l’America. È UNO STRANOprogetto distruttivo che non si spiega né dal punto di vista di “America First” né da quello della sicurezza. A meno di intendere per America First non la importanza di valori che devono prevalere, ma di persone fisiche che in ogni caso, e buttando a mare ogni rispetto della famosa meritocrazia americana, passano comunque davanti, per privilegio di nascita. È una visione modesta e inferiore a ogni interesse nazionale, persino dal punto di vista molto limitato di Trump e dei suoi consiglieri. Quanto alla sicurezza, la “carta verde” è stato per decenni (e soprattutto nei momenti più tesi della guerra fredda) un vero talismano, e una garanzia che non ha mai provocato episodi ambigui o sospetti di cui vi sia memoria. La carta verde è il documento che, alla fine di una accurata istruttoria e di molte doppie verifiche (nel Paese d’origine e negli USA) viene concessa a chi, negli Stati Uniti, ha un lavoro non precario o una documentata posizione nella vita accademica o culturale. Il suo segno di civiltà più alto era che il punto di inizio poteva essere in America (un’impresa, un giornale, una scuola statunitense ti vogliono e ti chiedono) oppure nel Paese di provenienza. Infatti la designazione di un’impresa, di un editore, o di un datore di lavoro in qualsiasi ambito di un altro Paese è sempre stata considerata con la stessa attenzione della designazione americana. E non era raro che dopo alcuni anni di possesso della “carta verde” senza intoppi o problemi legali di alcun genere (il fisco è molto importante ma la politica non ha mai neppure sfiorato la valutazione di un semi-cittadino con carta verde) l’ufficio del governatore o del sindaco del luogo di residenza e di lavoro ti chiedessero se vi era il desiderio di ottenere la cittadinanza americana. L’impegno di Trump a smantellare una costruzione praticamente perfetta, rara nei legami internazionali e nella accoglienza stabile o prolungata dei non cittadini, porta tre danni gravi. Il primo è che spinge in una vasta area oscura molti che lavorano e continueranno a lavorare in America . Il secondo è l’ingresso della politica in un’area delicatissima di diritti civili. Si parla apertamente di “tener conto” dei rapporti (giudizi, scritti, interventi pubblici, insegnamento) degli aspiranti alla carta verso eventi e personaggi della politica americana. Il terzo è un deliberato carico di complicazioni, revisioni, seconde interviste, ripetute dichiarazioni scritte che interrompono e liquidano la famosa fiducia nell’agile burocrazia americana. Il danno, in apparenza, è per chi aspira alla carta verde. Ma il vero danno è lo stato d’assedio che viene creato intorno al Paese finora considerato il più aperto del mondo. L’isolazionismo diventa una fortezza da Deserto dei Tartari.
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
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