Lamezia, cosche e politica a braccetto
Non solo ’ndrangheta Possibili infiltrazioni nel Comune al vaglio. L’aeroporto commissariato
L’anno scorso una bomba è esplosa nel cantiere del nuovo palazzetto dello sport di Lamezia Terme. Pochi giorni fa alla stessa azienda, la Cofer, sono stati incendiati quattro container. Di pomeriggio e in pieno centro qualcuno ha cosparso di benzina l’area in cui la Diocesi sta realizzando la concattedrale.
IL TUTTOa pochi metri dal Comune dove da alcune settimane è arrivata la commissione che sta valutando se sciogliere per infiltrazioni mafiose l’a m m in istrazione guidata dal sindaco di centrodestra Paolo Mascaro. Nella città di 70mila abitanti nella provincia di Catanzaro sarebbe la terza volta dopo gli scioglimenti del 1991 e del 2002 .
Dietro questi incendi e bombe ci sarebbero i rampolli dei clan che scalpitano approfittando del pentimento di alcuni boss mentre altri sono in carcere da anni. I luogotenenti delle cosche sono stati arrestati a maggio dai carabinieri nell’inchiesta “Crisalide” che ha fotografato il sostegno della ’ndrangheta ai candidati alle elezioni comunali del 2015.
“Stiamo combattendo con questa politica”, diceva il boss Antonio Miceli. Nel suo fortino i militari hanno filmato l’arrivo dell’ex v i ce p r es i d en t e del consiglio comunale Giuseppe Paladino. Indagato per concorso esterno con la ’ndrangheta, era andato a chiedere i voti e per non farsi riconoscere aveva indossato un cappuccio. Il giovane politico è stato eletto, ma il suo candidato sindaco Pasqualino Ruberto ha perso le elezioni nonostante l’appoggio della cosca. Si è aggiudicato solo un posto da consigliere fino a febbraio, quando è stato sospeso dal prefetto Luisa Latella in seguito all’arresto nell’operazione “Robin Hood”. Come presidente di “Calabria Etica”, società in house della Regione Calabria, con l’ex assessore regionale Nazareno Salerno avrebbe distratto i fondi Ue per le famiglie povere.
A LAMEZIA ’ndrangheta e politica si mescolano. A volte si fidanzano involontariamente. È il caso di Marialucia Raso che si è dimessa da consigliere comunale di maggioranza dopo che i carabinieri hanno arrestato il suo ragazzo, Alessandro Gualtieri, accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Un traffico che, per conto della cosca Torcasio, veniva gestito da Vincenzo Grande (anche lui arrestato) al quale il candidato della lista “Lamezia & Libertà” Pietro Monterosso si sarebbe rivolto per avere il suo voto personale. Monterosso sosteneva la coalizione del sindaco Paolo Mascaro così come Franco Fazio, candidato del Cdu arrestato poche settimane prima del voto perché ritenuto l’uomo di fiducia del narcotrafficante Gregorio Gigliotti. Non ce l’ha fatta nemmeno Antonio Mazza, candidato che si era rivolto ai Torcasio per un lavoro alla Sacal, società che gestisce l’aeroporto di Lamezia (principale scalo ca- labrese) da mesi al centro di un’indagine della Guardia di finanza. La Sacal, commissariata ieri, era diventata un “assumificio” di tirocinanti segnalati dalla politica anche grazie a Emanuele Ionà, rappresentante del Comune del cda di Sacal. Nell’inchiesta è indagata Angelina Astorino, responsabile del Centro provinciale per l’impiego di Catanzaro che voleva fare assumere il figlio. È la sorella di Graziella Astorino, assessore della giunta Mascaro.
“La sua maggioranza – denuncia il consigliere Rosario Piccioni (Sinistra italiana) – sta godendo della blanda opposizione del gruppo consiliare del Pd. È la stampella di Mascaro. Nelle recenti inchieste ci sono episodi che gettano ombre sull’intera amministrazione e sui quali bisogna fare chiarezza”. “Lo Stato ha fatto la sua parte - sostiene da mesi il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri -. Ora tocca ai cittadini denunciare”. E ai commissari valutare se le cosche sono entrate in municipio.
Precedenti
Sono due le principali operazioni eseguite a Lamezia Terme negli ultimi mesi
Eumenidi
L’11 aprile i vertici della società aeroportuale vengono arrestati per vari reati contro la Pa
Crisalide
Il 23 maggio finiscono in manette 52 affiliati alla cosche della zona di Lamezia
L’appello del pm “Lo Stato ha fatto la sua parte – dice da mesi il procuratore Gratteri –. Ora tocca ai cittadini”