La scusa fake news per minacciare le tv locali sui fondi
Presto legge Ok al parere vincolante per i finanziamenti pubblici: niente soldi per chi ha un giornalista “censurato” dall’Ordine
Niente fondi per le emittenti locali in cui lavorano giornalisti censurati o sospesi definitivamente dall’O r di n e dei giornalisti “in ragione della falsità delle notizie riportate o diffuse”. In pratica, un comma contro le fake news, che è stato approvato all’interno dello schema di decreto per i criteri di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’informazione alle emittenti radiotelevisive e radiofoniche locali dalle commissioni Trasporti e Cultura in sede legislativa.
Dunque, non ci sarà nessun passaggio parlamentare e il testo “sarà convertito in legge”, spiega Michele Anzaldi, relatore del provvedimento, convinto che si tratti di una misura “che guarda al futuro, visto che spero non ci sia nessuno che sia stato censurato o sospeso definitivamente dell’ordine. È un avvertimento per dire ai giornalisti di fare attenzione e non diffondere notizie false”.
IL PRESIDENTE di Radionorba Marco Montrone però, precisa che probabilmente “il governo non terrà conto del comma” anti bufale quando arriverà in Consiglio dei ministri, “forse lunedì”.“Se così fosse – aggiunge – sarebbe una scelta da parte nostra condivisibile, anche perché si elimina così una eventuale limitazione della libertà d’espressione”. In più, il testo non mette d’accordo tutti, anzi. Specialmente i sindacati, a partire dalla Federazione nazionale della stampa, perché “per gli editori non c’è nessun dazio se campano sull’occupazione ir- regolare”. “È fuori contesto e diventa uno specchietto per le allodole. Si pensa alle fake news – spiega il segretario Raffaele Lorusso – mentre rimangono ferme le proposte per la cancellazione del carcere per i giornalisti in caso di diffamazione e di contrasto alle querele temerarie restano ferme”. Anziché legare i contributi alla pubblicazione di notizie false, “visto che parliamo di soldi pubblici sarebbe coerente vincolarli al rispetto dei contratti di lavoro, allo stop allo sfruttamento d e l l’esercito dei precari e ai contratti atipici per mascherare il lavoro dipendente. Ma al governo il lavoro non interessa, ed è un tema che è completamente assente dalla riforma sull’editoria. Ormai è rimasto solo il Papa a parlare di lotta al precariato, dignità e lavoro”, conclude. Giudizio negativo, nel complesso, anche per Slc-Cgil, secondo cui lo schema di decreto “è carente nella salvaguardia dell’o c c u p a zi o n e ” perché “non stabilisce regole e strumenti validi per far fronte ad una selezione che rischia di sbarrare l’accesso al contributo pubblico a oltre l’80% delle emittenti che ne hanno beneficiato fin adesso”. D’a ccor do con Anzaldi, invece, il presidente dell’Odg Nicola Marini che ritiene il comma “un primo segnale importante per contrastare le fake news. Certo, le bufale sono soprattutto su Internet, ma potrebbero arrivare anche su altri mezzi d’informazione”. E poi, aggiunge, ricordiamo che “per arrivare a un ‘provvedimento definitivo’ – prosegue Marini – si procede davanti al Consiglio Disciplina nazionale e successivamente ai tre gradi di giudizio ordinari. Quindi i passaggi in totale sono 5: due amministrativi e tre della giustizia ordinaria”. Ma se arrivare alla “condanna” definitiva comporta questo iter, per Daniela Stigliano, membro della giunta Fnsi e consigliera generale Inpgi, “il problema è un altro.
L’EDITORE - DICE -, per evitare di rischiare di perdere il finanziamento, può fare fuori il giornalista sanzionato al primo grado di giudizio. E pensiamo ad esempio alla censura, che è un richiamo molto lieve. Si è disposti a fare ricorso fino al quinto grado? No, in molti casi. E soprattutto: come si stabilisce che cos’è una fake news? Possiamo definirla una notizia ‘dolosamente’ inventata. Bene: in questo caso c’è la radiazione”.
Ora decide palazzo Chigi Proposta Pd di Anzaldi in Commissione. Esulta il presidente dell’Odg Proteste dei sindacati I punti
Il parere vincolante è della commissione cultura della Camera, ma la decisione finale spetta al Cdm Il fondo pubblico a cui possono accedere le tv locali è quello per il pluralismo e l’informazione Secondo i sindacati, questa norma rischia di censurare le notizie, un criterio per l’assegnazione del contributo dovrebbe essere legato alla gestione del precariato