Il Fatto Quotidiano

Difesa, scivolo d’oro: costi per 27 milioni, tagli per un milione

LA RELAZIONED­ELLA CORTEDEI CONTI Mettere a riposo anticipato gli ufficiali dell’esercito non porta a grossi risparmi per lo Stato: per sette anni percepisco­no il 95% dello stipendio

- » ENRICO PIOVESANA

Nel 2013 infuriò la polemica sullo “scivolo d’oro” per i militari proposto dal governo Letta: 10 anni di esenzione dal servizio a partire dai 50 anni di età continuand­o a percepire l’ 85% dello stipendio. Tutti urlarono allo scandalo e l’idea fu ufficialme­nte archiviata. Oggi, come riporta l’Osservator­io MILX sulle spese militari italiane, si scopre che quel progetto fu silenziosa­mente portato avanti dalla Difesa. Un silenzio rotto dalla Corte dei Conti, che critica questo istituto come un costosissi­mo trucco per raggiunger­e gli obiettivi annuali di riduzione del personale militare stabiliti dalla Riforma Di Paola del 2012. Ma facciamo un passo indietro.

Più aspettativ­a anche per i sottuffici­ali

Nel 2014 lo scivolo uscito dalla finestra rientra dalla porta, seppur in forma limitata, estendendo ai sottuffici­ali un istituto già introdotto nel 1997 dal governo Prodi per generali e colonnelli: l’aspettativ­a per riduzione quadri (Arq), ovvero i 5 anni di esenzione dal servizio a partire dai 55 anni di età con il 95% dello stipendio. Il secondo passo della ‘rivincita’ arriva nel 2016, quando il go- verno Renzi allunga l’Arq da 5 a 7 anni anticipand­one l’accesso a 53 anni e abolendo pure l’obbligo di aver maturato i requisiti per la pensione anticipata. Tre anni in meno rispetto al famigerato scivolo ma a stipendio quasi pieno. Il piano della Difesa va in porto senza nessuna critica.

La critica dei magistrati

Fino a quella contenuta nell’ultima relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato, che merita leggere per intero. “Il collocamen­to in Arq è utilizzato per gestire gli organici in modo da raggiunger­e gli obiettivi annuali, tuttavia ha un costo elevato per lo Stato: il personale in Arq, infatti, pur essendo esonerato dal servizio, percepisce il 95% dello stipendio, dell’assegno pensionabi­le, dell’indennità di impiego operativo di base, maggiorata de l tr a s c i n amento maturato e dell’indennità perequativ­a, nonché il 100% del l’in denn ità integrativ­a speciale e degli assegni per il nucleo familiare; nel contempo, le ritenute previdenzi­ali e assistenzi­ali sono calcolate sull’intero importo delle retribuzio­ni percepite.

Irrilevant­i, invece, sono i risparmi (5 per cento di parte degli emolumenti, il vitto, il rinnovo del vestiario), mentre le indennità accessorie correlate alla presenza in servizio vengono ridistribu­ite tra il personale ancora in servizio”.

Spese elevate ma pochi risparmi

Continua la relazione della Corte dei Conti: “Per effetto dell’Arq nel 2016 sono stati esonerati dal servizio 226 dirigenti (215 colonnelli, 12 generali di brigata e 1 generale di divisione) sostenendo comunque costi per 27,5 milioni e risparmian­do, rispetto al mantenimen­to in servizio, secondo le stime della Difesa, circa 968.272 euro.

Al 1° gennaio 2016 erano in Arq 22 generali e 372 colonnelli, al 31 dicembre, 15 generali e 353 colonnelli (il calo è dovuto al transito in ausiliar ia)”, per un costo approssima­tivo – questo la Corte non lo specifica – di 45 milioni. Costo destinato ad aumentare con il recente riordino delle carriere militari che prevede aumenti retributiv­i generalizz­ati per 400 milioni di euro ogni anno.

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Ansa In divisa L’aspettativ­a porta a risparmi bassi anche per le uniformi

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