LA PROCURA DI NAPOLI E LA MOGLIE DI CESARE
La recente deliberazione del Csm che ha portato alla nomina a maggioranza del Procuratore della Repubblica di Napoli offre almeno due motivi di interesse generale.
In primo luogo, vi sono stati interventi nei quali sono stati affrontati in modo diretto e non vellutato i punti principali del dibattito che aveva preceduto la sofferta nomina. In particolare, sono state pubblicate parti della dichiarazione di voto del Primo Presidente della Corte di Cassazione, componente di diritto del Csm, che, dedicandosi alla controversa questione – su cui l’intera magistratura si è interrogata con animo critico – della preposizione ad uffici direttivi di magistrati – come il neo Procuratore napoletano – appena rientrati in ruolo dopo il prolungato svolgimento di incarichi politico-amministrativi, ha in sostanza ravvisato nelle posizioni dubbiose sulla legittimità ed opportunità di una scelta siffatta, elementi di fondamentalismo ideologico- religioso espresso attraverso il lancio di implacabili (ma improduttive di effetti ) fatwe, accompagnati da evidenti sintomi di ottusità cerebrale.
Le severe ed impetuose parole appaiono la spia di criteri di ragionamento talvolta posti alla base delle deliberazioni consiliari, consistenti nella denigrazione degli altrui argomenti attraverso la forza polemica. Si ricordano nostalgicamente i tempi in cui un illuminato Procuratore generale della Cassazione rinunciò a concorrere al posto di Primo Presidente della stessa Corte, per il quale era pienamente titolato, pur di non creare imbarazzo al Csm di cui faceva parte di diritto.
IL SECONDO motivo di robusto interesse emergente dalla nomina napoletana sta nel fatto che, come verificatosi in precedenti circostanze della consiliatura in carica, la compagine dei componenti eletti dal Parlamento, con la sola eccezione del professor Alessio Zaccaria, astenutosi, e del Vice Presidente che non ha partecipato alle operazioni, ha votato all’unisono, con la singolare consonanza dei 2 componenti di diritto, per il candidato vincente, in effetti risultato tale per la larga messe di suffragi così ottenuti (mentre i togati si sono divisi equilibratamente tra i due aspiranti in ballottaggio).
Si tratta di un fatto insolito, controtendenziale rispetto alle reiterate divisioni tra laici al momento della nomina di dirigenti di uffici giudicanti: ciò autorizza il sospetto che lo schema di coalizione larghissima sia destinato a ripetersi per l’imminente individuazione del Procuratore Nazionale antimafia. Insomma, la compattezza si realizza nel caso di Procuratori capo di sedi prestigiose presso le quali pendono indagini di basilare significato per la vita sociale.
Sembra praticamente naturale e necessario che la (quasi) totalità delle parti politiche che hanno eletto i propri rappresentanti nel Csm sia concorde nel convergere verso il medesimo candidato per assicurarne il successo.
Giova ricordare che tutti i laici di questo Csm provengono dal Parlamento o dal governo, con la sola eccezione, appunto, del Consigliere che si è astenuto. Naturalmente è possibile più d’una spiegazione, oltre quella più intuitiva secondo cui la in- vestitura (quasi) corale da parte dei laici tende ad imprimere un vistoso marchio alle nomine in termini di comunicazione-legittimazione- interazione tra mondo politico ed amministrazione della Giustizia.
QUESTO non significa affatto – e nulla lascia presagire che vi sia un rischio per il futuro napoletano, così come nulla prova che vi siano stati pericoli in altre sedi – che la magistratura sia minimamente disposta a coltivare forme di corrispondenza o ammiccamenti con la politica. Questa, a sua volta, non intende oggi anche più che in passato abdicare ad un ruolo decisivo in ogni fase della vita istituzionale.
Ed allora, prevedere un periodo di cesura, stabilito per legge o normativa del Csm, che valga anche solo a salvare le apparenze di Cesare e consorte, tra attività svolta all’esterno della magistratura e successivo conferimento di incarichi direttivi non è probabilmente idea fanatica o che necessariamente denunci deficit di spirito laico o di perspicacia intellettiva nei molti che la propongono.
* Ordinario di Giurisprudenza
all’Università di Palermo