Il Fatto Quotidiano

Il Colle si imbarca con Minniti

Dopo i contrasti con Delrio sul comportame­nto da tenere in mare, il ministro dell’Interno non si presenta al Cdm e ventila le dimissioni. Mattarella e Gentiloni però lo blindano

- » WANDA MARRA

Ieri

Marco Minniti non si è presentato al Consiglio dei ministri. Di più: ha fatto sapere che avrebbe potuto persino dimettersi. Tanto che il premier Paolo Gentiloni ha dovuto chiamare Sergio Mattarella per chiedergli una mano. E alle 19 è uscita la nota del Colle di sostegno al lavoro del Viminale, seguita subito dopo da quella di Palazzo Chigi: blindatura totale.

SULLA QUESTIONEm­igranti ieri, insomma, si è quasi arrivati alla crisi di governo. Minniti si è arrabbiato assai per il trasbordo di 127 migranti in acque internazio­nali dalla Vos Prudence di Medici senza frontiere a due unità della Guardia costiera, che li hanno poi fatti sbarcare a Lampedusa. Ma il conflitto tra lui e Graziano Delrio, dal quale la Guardia costiera dipende, è radicale e va avanti ormai da settimane. Il Viminale è competente sulla terraferma, il ministero dei Trasporti sul mare. Quest’ultimo già qualche settimana fa si era espresso contro la chiusura dei porti. Su questo, come per la possibilit­à di “accettare” migranti da navi private, fa valere il diritto internazio­nale: il codice della navigazion­e fa sì che la Guardia costiera non possa rifiutare il soccorso. Dal Viminale, però, contestano il fatto che, da Roma, sia stata mandata in soccorso degli immigrati proprio Medici senza frontiere, una Ong che non ha firmato il Codice proposto da Minniti. È nelle maglie del “non scritto” che nascono i contrasti: il Codice non prevede la chiusura dei porti, ma di fatto incentiva a “usare” le navi delle Ong che lo hanno firmato. E ancora: prevede il soccorso della Guardia costiera, ma solo su richiesta.

Dal ministero di Delrio, invece, fanno notare che il Codice di comportame­nto per le Organizzaz­ioni non governativ­e è stato condiviso da tutti e non è un’operazione solo del Viminale. Minniti, però, ha voluto dare un segnale forte sul suo ruolo nel governo e sul fatto che non abbia alcuna intenzione di essere isolato. Non gli è piaciuta neanche l’intervista del viceminist­ro degli Esteri Mario Giro a La Stampa di sabato, in cui avvertiva che riportare i migranti in Libia significa condannarl­i all’inferno. E così in Cdm a discutere non ci è neanche andato. A blindarlo ci hanno pensato prima il Quirinale: l’Italia - è il senso - non sta cacciando o lasciando morire i migranti, ma applica regole precise votate dal Parlamento, che politica, governo e anche la società civile, tra cui le Ong, devono rispettare. Palazzo Chigi ha chiarito che “grazie all’azione e al lavoro, in particolar­e del Viminale, i risultati sul fronte del contrasto del traffico di esseri umani dalla Libia cominciano ad arrivare”.

La questione è centrale. Minniti è oggi forse l’uomo politico più popolare del Paese. Il New York Times gli ha appena dedicato un ritratto. La Farnesina, al contrario, è abbastanza marginale. E i dubbi di Delrio e anche di Maria Elena Boschi potrebbero preludere a una presa di posizione di Renzi. Delrio, comunque, ieri sera ci teneva a far sapere che “naturalmen­te” anche lui condivide il giudizio positivo sul lavoro di Minniti. Tanto più che il ministro dell’Interno non si tocca.

Divisione dei ruoli Problema: il Viminale controlla “la terra”, ma i Trasporti hanno competenza sul mare

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LaPresse Alleanze Mattarella e Minniti

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