Il personale è politico ovvero Giuliano abbraccia tutti
Il personale è politico, si diceva un tempo. E questa voglia di abbracciare i renziani d’ogni tipo che ha preso Giuliano Pisapia - dopo Maria Elena Boschi, visto che spenglerianamente la storia è tracollo, s’è appeso al ministro Martina - è evidentemente un’elegante citazione del passato e pure un programma d’azione. Il personale, d’altronde, è ancor più politico in questo caso, nel quale di politica (gioco degli interessi, scontro per la modifica dell’esistente, sangue e merda) ce n’è poca poca. La proposta di Pisapia, detta bucolicamente Campo progressista, non è politica, ma antropologica: per evitare la vittoria dei puzzoni ( aka populisti, aka gli altri), mettiamoci insieme noi che siamo buoni, inclusivi, ragionevoli, pervasi dallo spirito del tempo. E infatti “abolire il Jobs act” non fa parte del programma, la riforma del diritto di cittadinanza sì: questa sarebbe “sinistra”, ma se la chiamassero “Alfredo” non sarebbe più lontana dal fuoco a cui le parole della politica si forgiarono nel 900. E allora stringiamoci, ché il personale è politico, anzi lo sublima e lo sostituisce garantendo a chi può (non ai puzzoni) un deciso quanto benevolo senso di sé. E pure gratis. P.s. Nei “Rimasugli” di domenica 6 agosto dedicati alla guerra in Libia, forse per colpa del caldo, forse no, abbiamo citato il presidente Hollande al posto del predecessore Sarkozy, vero regista dell’attacco: il fatto che consideriamo questi tizi, come Macron, intercambiabili, non elimina l’errore. Ce ne scusiamo coi lettori, gli interessati e, soprattutto, Carla Bruni.