Il decreto vaccini già funziona: boom delle case farmaceutiche
La produzione industriale cresce dell’1,1% a giugno, il settore del 18,5
■Nel primo semestre del 2017 la parte dell’industria italiana che ha registrato i risultati migliori è quella della fabbricazione di medicinali e preparati farmaceutici. L’Italia è al centro delle strategie dei grandi gruppi
La domanda di vaccini proveniente dal Sistema sanitario nazionale, innescata dal decreto del ministro Lorenzin, aiuta anche la ripresa nei primi mesi dell’anno. È quanto emerge dalle ultime rilevazioni dell’Istat.
A giugno scorso l’indice generale della produzione industriale ha registrato un incremento dell’1,1% rispetto a maggio. Dal giugno 2016l’aumento è del 5,3%. I comparti che hanno avuto la maggiore crescita sono quelli della produzione di prodotti di base e preparati farmaceutici (+18,5%), che sopravanzano pure la fabbricazione di mezzi di trasporto e dell’auto (+13,6%).
NEL SETTORE della “fabbricazione di medicinali e di preparati farmaceutici” la classificazione dell’Istat colloca le industrie dei vaccini a uso umano, insieme alla produzione degli anticoncezionali, omeopatici, bende e cerotti. Ed è qui che si registrano le performance maggiori in questo primo semestre dell’anno. Incrementi da record. Fatto 100 l’ammontare della produzione in questo settore nel 2010, si tocca il massimo con il 125,3 a gennaio 2017, poi il 120,4 al marzo successivo fino al 124,5 di giugno.
Il piano vaccini approvato a gennaio aveva già introdot- to delle vaccinazioni obbligatorie per i nuovi nati. E il decreto Lorenzin ha fatto il resto, spingendo le fabbriche a rimpinguare le scorte per non farsi trovare impreparate all’appuntamento di giugno.
D’altra parte l’Italia è in cima alle strategie dei grandi produttori mondiali da tempo e qualcuno è riuscito ad attrezzarsi in previsione della futura domanda, anche prima dell’annuncio dell’esplosione dell’epidemia di mor- billo di febbraio. A dividersi la torta anche in Italia sono le poche multinazionali che si spartiscono il mercato mondiale: Glaxo Smith Kline, Sanofi, Pfizer, AstraZeneca e Novaris. Colossi che fatturano solo con le vendite di vaccini tra i 7,25 miliardi dollari e i 7,49 miliardi dollari ciascuno.
La Gsk è un’azienda globale quotata alle borse di Londra e New York ed è la prima azienda farmaceutica in Italia per presenza industriale, con oltre 5mila addetti, 3 siti produttivi e uno dei 3 centri mondiali per la ricerca nei vaccini.
Pfizer, con quartier generale a New York, è presente in Italia dal 1955, dove ha fatturato nel 2015 circa 1 miliardo di euro e ha 3mila dipendenti. La sede è a Roma, dove è ospitata un’unità di business a livello europeo. A queste strutture, si affiancano i quattro stabilimenti di produzione di Liscate (Milano), Ascoli Piceno, Aprilia (Latina) e di Catania.
AstraZeneca è un’azienda globale biofarmaceutica inglese. Attualmente la compagnia è presente in circa 100 paesi con circa 57.500 dipendenti. In Italia, AstraZeneca conta oltre 800 dipendenti, dislocati tra la sede centrale di Basiglio, in provincia di Milano e tutto il territorio nazionale.
Il 31 dicembre 2016 è nata in Italia la divisione di Sanofi specializzata in vaccini a uso umano.
LA BUSINESS UNIT si chiama Sanofi Pasteur e gestisce in Italia e a Malta l’intero portfolio dei vaccini Sanofi. Due sedi, una a Milano e una a Roma e 3 aree di intervento: prima infanzia e crescita, vaccini antinfluenzali e per i viaggi. Sanofi produce più di un miliardo di dosi di vaccino l’anno.
Novartis ha sede in Svizzera ed è uno dei maggiori gruppi farmaceutici operanti nel nostro paese. La sede centrale è a Origgio, in provincia di Varese. Due i siti produttivi: a Torre Annunziata (Napoli), uno dei più importanti poli produttivi del gruppo a livello mondiale e a Rovereto, in Trentino. “La produzione è in crescita in tutto il comparto del farmaceutico italiano – tiene a precisare al Fattoil presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Janssen Italia – il dato straordinario è che sui sei mesi la crescita registrata è del 6,3%, quasi tutta dovuta all’export: su 30 miliardi di fatturato il 72% va all’estero”.