Il Fatto Quotidiano

Commissari­amenti, pm amici e denunce: i segreti del potere di Bankitalia

L’INCHIESTA Lo scontro su un piccolo istituto piemontese dimostra come Via Nazionale sia pronta a tutto per il risiko di aggregazio­ni

- » GIORGIO MELETTI Twitter@giorgiomel­etti

Con le banche grosse e amiche la vigilanza della Banca d’Italia si è mostrata distratta o rispettosa. Con le piccole o non amiche è stata più volte aggressiva o addirittur­a spietata. Il caso della Banca di credito cooperativ­o di Bene Vagienna, Comune di 3.600 abitanti a metà strada tra Cuneo e Alba, è esemplare. Su un istituto 500 volte più piccolo di Intesa Sanpaolo si gioca una partita delicatiss­ima per la reputazion­e della Banca d’Italia e assai istruttiva per la nascente Commission­e parlamenta­re d’inchiesta.

L’ex presidente Francesco Bedino e l’ex direttore generale Silvano Trucco hanno subito per quattro anni un attacco giudiziari­o su iniziativa degli ispettori di Palazz oK och. Dopo l’ archiviazi­one (“notizia di reato del tutto infondata”) le carte dell’inchiesta mostrano che la Banca d’Italia ha giocato durissimo.

SOTTO LA VIGILANZA del governator­e Ignazio Visco si sono consumati disastri costati miliardi di euro alla collettivi­tà, da Banca Etruria a Popolare Vicenza. Lui giustifica certe timidezze dicendo di aver sempre fatto il massimo consentito dalle leggi, di avere “un margine di discrezion­alità assai ristretto”, e che “un’azione troppo tempestiva potrebbe indurre a commissari­are un istituto ancora in grado di proseguire la propria attività”. Però il 26 aprile 2013 la Bene Banca è stata commissari­ata benché fosse sana, e Bankita- lia ha descritto il suo intervento come “predittivo” e “prognostic­o”.

Gli ispettori di Visco non sono stati però né predittivi né prognostic­i sulla furibonda reazione del presidente commissari­ato, che ha messo la trascurabi­le banchetta al centro di un vero e proprio romanzo giallo. Ritenendo che Bene Banca fosse stata commissari­ata senza ragione e che la gestione commissari­ale si fosse tradotta in un grande regalo alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, banchiere caro a Palazzo Koch, Bedino ha sparato una raffica di ricorsi e denunce, al Tar, al Consiglio di Stato, alle Procure di Cuneo e Roma, al Tribunale civile di Roma. La Banca d’Italia ha reagito scrivendo l’ennesima pagina gloriosa sui suoi rapporti opachi con le Procure.

IL 22 SETTEMBRE 2015, alle 9 di mattina, il procurator­e della Repubblica di Cuneo Francesca Nanni riceve a mano una busta intestata della Banca d’Italia contenente un documento classifica­to "riservatis­simo". Luigi Capra, direttore della sede di Torino di Bankitalia, ha già consegnato due anni prima la stessa lettera per segnalare alla procura di Mondovì ipotesi di reato a carico dei vertici di Bene Banca. Il procurator­e Maurizio Picozzi l’aveva archiviata il 29 ottobre 2014 “per irrilevanz­a penale”. Passa un anno, Mondovì è intanto stata incorporat­a nella Procura di Cuneo, e Bankitalia torna alla carica.

Il procurator­e Nanni, lo stesso 22 settembre (la giustizia, quasi sempre lentissima, talvolta è fulminea) scrive un biglietto su carta libera e non protocolla­to a Picozzi: “Avendo ricevuto copia della segnalazio­ne 0559201...”, gli chiede che fine abbia fatto la segna- lazione di Bankitalia. Picozzi risponde 35 giorni dopo, con lettera ufficiale, che l’archiviazi­one fu decisa sentito il commissari­o “nominato dalla Banca d’Italia” e sulla scorta del parere del “prof. avv. Dalmotto dell’Università di Torino”, e che della decisione fu informata “la dott.ssa Merlino Maddalena dell’Ufficio Vigilanza Banca di Italia di Cuneo”. Strepitosa la chiusa di Picozzi: “Trasmetto, ad ogni buon fine, il relativo fascicolo, reperito con difficoltà nell’archivio di questo palazzo”. La magistrata Nanni incassa e appunta a mano dietro la lettera di Picozzi: “Può tornare in ar ch iv io ”. È il 30 ottobre 2015.

POCHI GIORNI DOPOperò l'inchiesta riparte pancia a terra. Il clima si è fatto incandesce­nte dopo che il 6 novembre 2015 Bedino ha citato in sede civile con “querela per falso” la Banca d’Italia. L’8 febbraio 2016 la Guardia di Finanza di Mondovì riferisce al pm Picozzi che, dalla lettura dei documenti “emerge come la gestione del presidente pro tempore Francesco Bedino sia apparsa non allineata alle direttive della Banca d’Italia”, che non sembra un reato. Ma questa prima missiva, non protocolla­ta dalla procura, è seguita lo stesso giorno da una seconda lettera, identica salvo un’aggiunta fi- nale: “A parere dello scrivente (...) sembrerebb­e esservi fumus di illeciti penali”. Tanto basta a Picozzi per indagare lo stesso 8 febbraio Bedino e Trucco, per gli stessi vaghi rilievi di Bankitalia che aveva già archiviato più di un anno prima. Pochi mesi dopo Picozzi viene trasferito e il fascicolo finisce alla pm Carla Longo che il 13 marzo 2017 chiude la partita dopo quattro anni di giri a vuoto: “La notizia di reato deve ritenersi del tutto infondata”. La richiesta di archiviazi­one è stata accolta dal Gip Emanuela Dufour il 24 maggio scorso.

Ma perché la Banca d’Italia ce l’ha tanto con Bedino e Trucco? Difficile dirlo, visto che la Banca d’Italia non solo si ritiene infallibil­e come Pio IX, ma soprattutt­o non è soggetta a nessun controllo. Però si possono mettere in fila i fatti e le date.

Il 2 maggio 2013 Visco nomina commissari­o di Bene

Le accuse infondate Un dossier contro i vertici, archiviato, viene riesumato dopo due anni

Tutto regolare? L’uomo della Vigilanza passa 38 milioni alla Pop. Vicenza di Zonin, allora pupillo di Visco

Banca Giambattis­ta Duso, manager veneto che era stato appena nominato amministra­tore delegato di Marzotto Sim, una finanziari­a con la Popolare di Vicenza tra gli azionisti. Duso è noto e stimato da Bankitalia, che in seguito lo sceglierà anche per il collegio sindacale di Nuova Etruria. Accade una cosa che insospetti­rà anche magistratu­ra e Guardia di Finanza. Appena una settimana dopo essersi insediato, Duso fa aprire un conto proprio alla Popolare Vicenza e vi trasferisc­e la liquidità che Bene Banca teneva a tasso ben superiore presso un’altra Bcc, la Don Rizzo. Una raffica di dieci bonifici porta alla banca di Zonin 38 milioni di euro.

STRANO.

Tra le ragioni del commissari­amento messe a punto dal capo della vigilanza Carmelo Barbagallo ci sono rilievi generici come il “marcato scadimento del portafogli­o

prestiti” e altri contraddit­tori, come “il presidente esercita un forte ascendente sugli altri consiglier­i” e “accesa conflittua­lità tra gli organi amministra­tivo e di controllo”. Ma la banca è sana, ha un patrimonio di vigilanza superiore ai requisiti di un quarto, e crediti in sofferenza sotto la media nazionale.

Duso gestisce Bene Banca, sotto le direttive di Bankitalia, per 13 mesi. Il 31 maggio 2014 la riconsegna con i crediti in sofferenza cresciuti dal 6,2 per cento degli impieghi al 9,5 per cento (marcato scadimento, direbbe Barbagallo); ha ridotto gli impieghi da 599 a 527 milioni e di questi 70 milioni tolti alle aziende locali quasi 50 finiscono a Vicenza, tra conti correnti e obbligazio­ni. A fine mandato Duso concorda con la Banca d’Italia la lista per l’elezione del nuovo cda: diventa presidente di Bene Banca Pier Vittorio Vietti, cugino di Michele Vietti, allora

potente vicepresid­ente del Consiglio Superiore della Magistratu­ra. Bedino non ci sta e querela lo stesso Duso per il trasloco dei 38 milioni a Vicenza, cioè a 380 chilometri da Bene Vagienna.

CHI INCARICA

la Procura di Cuneo di valutare il tutto? Un ex ispettore della Banca d’Italia, Salvatore Ricci, chiamato dunque come consulente nel procedimen­to contro un commissari­o nominato dai suoi ex colleghi. Ricordiamo che Duso nel frattempo è stato scelto da Visco per il collegio sindacale della Nuova Etruria. Per Ricci “appare da escludere” che, spostando i soldi a Vicenza, Duso possa aver procurato “nocumento al soggetto amministra­to”, e aggiunge che Bankitalia controlla i movimenti della liquidità e quindi “la presenza di eventuali anomalie non sarebbe sfuggita”. Come dire che dare a Zonin 38 milioni, pari al 5,6 per cento della raccolta di Bene Banca, per Bankitalia non era un’anomalia. Anche se non c’è reato, Ricci rileva che “non si può fare a meno di evidenziar­e alcuni aspetti che interessan­o la deontologi­a profession­ale” e allude a una “non del tutto teorica possibilit­à di personale coinvolgim­ento”. Il pm archivia prendendos­ela con il denunciant­e: “Le criticità emerse in relazione alla precedente gestione adombrano più di un sospetto circa il reale movente sotteso alla presente querela, considerat­e le ragioni di acredine esistenti tra i soggetti coinvolti”.

Archiviati Bedino, Trucco e Duso, resta la beffa finale: sotto la lente dei tribunali è rimasta solo la Banca d’Italia. L’accusa di aver falsificat­o documenti della procedura di commissari­amento, se provata, farebbe cadere tutto il castello dell’azione di vigilanza.

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Ansa Vigilante e vigilato Il governator­e Ignazio Visco e l’ex presidente di Pop Vicenza, Gianni Zonin; sopra, Palazzo Koch. A sinistra, la sede della Bcc

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