Yeman, Yohanes e Ayomide L’atletica spera nei nuovi italiani
Tra
un disastro annunciato e una medaglia di bronzo agguantata in extremis e buona solo per salvare la faccia, c’è una nuova Italia che cresce e promette di resuscitare l’atletica leggera azzurra. Yeman, Yohanes, Ayomide, Ahmed, Vladimir, Klaudio, Sergey, Alexandru: a scorrere i nomi degli atleti, in realtà, sembra quasi di trovarsi di fronte a un’altra nazionale, metà centrafricana e metà est europea. Ma i nuovi italiani sono forse l’ultima speranza per il movimento. Grazie a loro, e a Filippo Tortu, il ragazzino che corre con la pesante e- redità di Pietro Mennea sulle spalle, forse il futuro ci riserverà meno figuracce.
ANCHEi Mondiali di Londra 2017, infatti, sono stati un flop: un solo podio, grazie alla marciatrice Antonella Palmisano (terza nella 20 km), è bastato per scacciare l'incubo dell'ennesimo zero nel medagliere, dopo quello dei Mondiali di Pechino 2015 e delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Non è cambiata la sostanza, però: anzi, con gli zero finalisti in tutte le specialità dentro lo stadio, quella londinese può essere considerata la peggior spedizione di sempre a livello di squadra. Un fallimento che porta dietro inevitabili polemiche e accuse all’operato della Federazione, visto che il presidente Alfio Giomi è già al secondo mandato e la Fidal prende ogni anno oltre 10 milioni di euro di euro di contributi pubblici dal Coni (solo il nuoto, oltre al calcio, riceve di più dallo Stato), senza che se ne vedano i risultati.
L’Italia, del resto, non è mai stata una fucina di talenti in pista, a parte qualche raro campione si è sempre dovuta rifugiare nella corsa su strada e nelle discipline più tecniche. E ora che nemmeno quelle riservano più soddisfazioni, non re- sta che sperare che la nuova Italia sia più forte di quella vecchia. Già, perché sotto le rovine sta crescendo una nuova generazione, che lancia segnali incoragganti: agli ultimi europei giovanili l’Italia ha fatto benissimo. Prima tra gli uomini sia tra gli under 23 (ai campionati di Bydgoszcz, in Polonia) che tra gli under 20 (in casa, a Grosseto), quinta a livello continentale: il miglior risultato degli ultimi vent'anni, forse frutto anche degli investimenti (dal 2013 circa 900mila euro l’anno sul settore giovanile).
LA STELLA, la grande speranza, tutto ciò a cui si aggrappa un movimento intero è Filippo Tortu: 19 anni appena compiuti, fisico, nu-
meri e soprannome da predestinato. Il “nuovo Mennea”, di cui ricalca le orme sui 100 e soprattutto i 200 metri, la sua gara: campione europeo e vicecampione mondiale a livello juniores, se manterrà le promesse senza rimanere schiacciato dalle pressioni e dagli infortuni (ne ha già subiti un paio) è destinato a riscrivere la storia dello sport azzurro.
C’è un dato, però, che non passa inosservato: delle 17 medaglie giovanili conquistate, 8 hanno origini straniere. I talenti più promettenti sono quelli di Yeman Crippa, etiope di nascita, oro sui 3 mila siepi, Ayomide Folorunso (nata a Abeokuta in Nigeria) sui 400 ostacoli e Vladimir Aceti, russo adottato a 5 anni da una famiglia lombarda che sfreccia sui 400 metri piani. Ma ci sono anche Ahmed Abdelwahed (“romano de Roma” con origini egiziane), Yohanes Chiappinelli (mezzofondista dell'Etiopia), Sergiy Polikarpenko (figlio d’arte di un olimpionico ucraino). Tutti gareggiano in Italia da quando sono bambini e, ora che hanno ottenuto anche la cittadinanza, primeggiano in Europa.
Per questi Mondiali non erano ancora pronti ( solo tre si sono qualificati), chissà se lo saranno per i prossimi (nel 2019, a Doha) o per le Olimpiadi di Tokyo 2020. “L’obiettivo è non disperdere questo patrimonio”, spiega il presidente Giomi. A livello mondiale nessuno sport è competitivo come l'atletica, anche soltanto entrare in finale per gli italiani è stato spesso un traguardo irraggiungibile. Magari per i nuovi italiani lo sarà di meno.