Dalla Prima
Un
prodigio dopo l’altro: pure “la risposta più appuntita, la più dolcemente contundente, perfetta... E aforismi micidiali” (24.12.2012). Perbacco. Poi arrivò Letta e viva Letta. Poi Renzi e viva Renzi. E siccome “a furia di leccare, qualcosa sulla lingua rimane sempre” (Flaiano), Merlo ottenne finalmente la giusta mercede di cotanto sbavare: una consulenza (illegittima, per l’Anac) di appena 240 mila euro l’anno con la Rai renziana per una mansione di alto concetto: “Strategia offerta informativa Rai e supporto del direttore editoriale offerta informativa”. Fortuna che il nostro aveva appena smesso di strillare contro “i mirabolanti sprechi”, l’“informazione servile più pagata e pletorica d’Europa”, la “madre di tutte le raccomandazioni”, la “torta per eccellenza di tutte le spartizioni” e “il cambio di stagione della simonia” nella “Rai sempre gestita da funzionari di Palazzo Chigi, emissari governativi travestiti da giornalisti”. Praticamente un’autobiografia preventiva. Poi, alla vigilia della sconfitta referendaria del 4 dicembre, Merlo volò via dal Titanic che affondava senza lasciare gran traccia di sé, avendo scoperto con gran prontezza di riflessi che la politica interferiva ancora (l’avreste mai detto?).
Nacque il governo Gentiloni. E noi pensammo subito che l’anti-Renzi piacesse a Merlo almeno quanto Renzi. Invece i mesi passavano e lui ci lasciava orbi dell’usuale incenso sul premier pro tempore. Temevamo avesse perso la lingua o rinunciato a completare l’album delle figurine. Invece ieri, con 8 mesi di ritardo sulla tabella di marcia, ha ipersalivato da par suo per un’intera pagina sull’“Invisibile Gentiloni, il grigio anti-leader che piace all’Italia stufa degli eccessi”.“Rassicurante e affidabile, Gentiloni può davvero farcela”, perché “con l’esempio... mette in dubbio che il modello vincente debba essere quello del piacione, del gradasso, del Brancaleone”. Ah, quella “rassicurante normalità”, perfetta per “la voglia di normalità degli italiani”! Basta con “carismi, paternalismi, divismi” e quelle “famiglie invadenti ed esagerate fatte di ‘ mammeta, pateto, frateto e sorete’, di conflitti di interesse, sesso e banche”. Allusione pornosoft agli scandali Renzi-Consip e Boschi-Etruria. Che poi è quello che diciamo anche noi, ma da sempre, senz’aspettare il disastro referendario.
Merlo invece all’inizio stravedeva per le caratteristiche renziane opposte a quelle che ora esalta in Gentiloni: “L’ambizione esibita è la facoltà migliore di Renzi... Anche Spadolini fu toscanaccio come lo è Matteo e non toscanuccio come Letta” (15.2.2014). Quando Matteo salì al Colle da Re Giorgio, perse la testa: “Mogherini, Boschi, Madia, Guidi, Lanzetta e Pinotti... sono la dolcezza della gens nova ... rassicuranti e pacificanti custodi dell’irruenza del capo... Renzi ha imposto al passo lento di Napolitano il suo peso di libertà a volte baldanzosa e a volte birichina... l’allegria del rilassamento, l’evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria... è rimasto l’attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro... Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente” (22.2.2014). Poi bastò che l’iperpresenzialista Re Giorgio abdicasse perché la lingua del Merlo si posasse rapita sull’iperassenteista Mattarella, “vedovo dolente e creativo... tragico e superbo che brancatianamente vede il nero anche nel sole... Sono così i siciliani muti, nodosi, solitari, sobri, schivi e diffidenti... Il suo colore è il celeste, che può essere raccontato come un blu stinto, un blu indebolito, il gozzaniano ‘azzurro di stoviglia’ oppure come il cielo: ed è vaniglia la sua personalità: dolciastra indecisione o sobrietà e festa di nuances?”. Ah saperlo. Di certo “è un umbratile e sensibile siciliano fenicio” (31.1.2015): non un siciliano sumero o assiro-babilonese: fenicio.
Poi bastò che Matteo perdesse il referendum e il governo perché Merlo ne scrivesse tutto ciò che gli era rimasto fin lì nella penna: un “bullo bellimbusto”, “pacchiano”, “un potente spavaldo che si è gonfiato di boria”, “l’uomo che non può che farsi scarafaggio” (8.12.2016). E ora, mentre Matteo rosica per la discesa dal carro dei leccaculi, Merlo slurpa San Paolo: “D iscrezione e misura persino nelle foto al mare, con un lungo costume rosso che è il costume d e ll ’ italiano qualunque... E quando torna dalla montagna, che è il suo ambiente operoso, organizza la cena dei Würstel che solo a noi, che li troviamo dozzinali, paiono tutti uguali” (invece, chez Paolo, non ce n’è uno uguale all’altro). E poi la “monogamia”, “valore che in I- talia è diventato di sinistra... contro i disordini della destra (Berlusconi, Fini, Casini, Grillo, Bossi, Salvini)”, tutti poligami. Gentiloni no: lui solo “Manuela Mauro che, da quando il marito è al governo ha quasi smesso di lavorare. Gira ancora in motorino e si occupa con grande attenzione della mamma”, mica come quei poligami di destra che la mamma l’ammazzano a mani nude; “affronta i vertici internazionali senza rinunciare ai pantaloni” (il marito invece è sempre in costume rosso); e “vorrebbe che non si scrivesse neppure il suo nome di battesimo”. Ma l’intrepido Merlo lo scrive lo stesso. Paolo il monogamo ha “la lentezza dell’Adagio di Albinoni, e il sorriso dolente della ragion di Stato”, ma alieno da “una delle più vili e veloci abitudini nazionali: il voltafaccia” (notoriamente ignoto al Merlo). Ecco a voi “l’i taliano che può salvare la patria senza essere il salvatore della patria”. E noi al posto di Gentiloni, visti i precedenti, una grattatina ce la daremmo.