Il Fatto Quotidiano

QUEI GATTINI SUL FACEBOOK DELL’ASSASSINO

- » VERONICA TOMASSINI

Puoi tagliare a pezzi una donna, è tua sorella. E mantenere un nickname intatto, la pagina dei social regolarmen­te aggiornata. Avrai uno sguardo diverso da quello orgoglioso da avatar. Ti chiami Maurizio Diotallevi, hai studiato all’Ecole Européenne Uccle. Sei lo stesso uomo che posta una gif sul suo profilo facebook. La gif con un gattino. Scrivi che quel gattino sei tu, “durante una riunione del venerdì”. La gif va in loop.

Sei seguito da 27 persone. Distribuis­ci il terrore, brandelli di carne, nei cassonetti di un quartiere residenzia­le. Avrai ripulito l’orrore, strofinato per terra, fino allo sfinimento, l’esecuzione materiale, l’azzerament­o di un impiccio, l’oblio, un viso che ti abbandona con una smorfia. Forse. La donna la conosci. La tua pagina Facebook nel frat- tempo suona le notifiche ai tuoi commenti giusti e opportuni.

Usi le emoticon. I cuoricini magari no. I tuoi indumenti sono fradici, grondanti del tuo crimine, avrai visto il sangue e le viscere scivolare dalle tue mani. Però tu credi alla giustizia sociale, agli epiloghi mesti e commoventi come quelli di un corto in streaming, che pubblichi nella tua pagina Facebook aggiornata.

IL CORTOMETRA­GGIO ti deve aver colpito molto, la storia di due ragazzini e della povertà, tutto incentrato sulla povertà e su un senso perduto di equità e di equilibrio nella distribuzi­one del bene esistenzia­le. Scrivi, quasi con amarezza e disincanto: “Per la serie: il mondo salvato dai ragazzini”. Il corto si chiama The other pair di Sara Rozik. Hai mai letto Truman Capote, A sangue freddo? Nel braccio della morte, un criminale, sterminata una famiglia intera, si cruccia nella tristezza e nella nostalgia sentimenta­le del ricordo o di un buon brano musicale. Un torturator­e può postare gattini. Un uomo può sezionare un cadavere e amare il cinema d’essai, militare nella denuncia sociale. Segare una gamba, bianca, livida. Leggere una notifica subito dopo.

Dobbiamo chiedere spiegazion­i al suo profilo Facebook. E le troviamo. Man mano scendiamo giù, nei mesi, che precedono il buio, l’ultimo giorno, segnano la distanza tra un assassino e il suo strano occulto alter ego. Il post che hai pubblicato è facile, di quella new age spicciola, banale diremmo, che accusa le persone negative e assicura: “Alcuni portano la felicità, quando se ne vanno”. Il tuo profilo è esemplare. Firmi la petizione per evitare la chiusura di un canile. Ce l’hai – un po’sornione – con il sindaco Virginia Raggi. Scrivi di rivoluzion­e culturale e digitale. Argomenti che sono persino un passo in avanti alla new economy, di cui sarai stato senz’altro il primo dei neofiti.

Esattament­e un anno fa, durante le tue vacanze in una qualche località di mare, esponevi la copertina di un libro, ci tenevi a

Buoni sentimenti Dalla petizione per non far chiudere un canile ai post new age: vita online di un omicida

pubblicarl­a, con la didascalia dovuta, citavi: “Gestire la reputazion­e on line, per un corretto uso dei social”. Era di un guru americano? Una di quelle faciloneri­e da ego dopato, che tanto piaccio- no agli americani e ai simpatizza­nti del self-made man? Ad ogni costo, farcela da soli.

IL 28 LUGLIOdi un anno fa invece pubblicavi un video in cui si riferiva della scientific­a portata di una verità: chi maltratta gli animali è un vero criminale. E tu non lo faresti. A te piacciono i gattini, stando alla gif. L’esattezza scientific­a di un video oggi balbetta, replichere­bbe con un paio di “tuttavia” a scanso di equivoci. E sul sostantivo “criminale” poi: possiamo discuterne, commenti su commenti, sulla tua pagina Facebook aggiornata.

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Social La pagina Facebook di Maurizio Diotallevi, che ha ucciso sua sorella

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