Il Fatto Quotidiano

NUOVO SACRO: “LO GIURO SULL’IPHONE”

Così gli smartphone diventano garanti dell‘onestà. Persino più della mamma

- » ANTONIO D’AMORE

“Te lo giuro, sul mio telefonino”. Abruzzo, spiaggia di Tortoreto, uno stabilimen­to (ma qui si chiamano chalet), neanche tra i più moderni. È quasi ora di pranzo. Tre ragazzine, quattordic­i/quindici anni al massimo, giocano un’improbabil­e partita a scopa.

Vanno perdonate, non hanno la manualità dei loro nonni, che con l’astuccio delle “napoletane” avevano ben altra dimestiche­zza, ma sembrano impegnarsi. E poi, una volta tanto, non si stanno parlando attraverso un telefonino. Qualcuno le osserva, quasi intenerito dal loro perdersi nel calcolo della primiera, perché una delle tre racconta di aver saputo dal padre che, oltre ai sette e ai sei, contano anche gli assi. Come e quanto, non lo sanno, ma contano. Ridono. È anche un quadretto tranquilli­zzante, quasi antico, quando però tutto cambia e la biondina, quella delle tre che rivendicav­a conoscenze sulla primiera, comincia a discutere con un’amica. Il problema sarebbe quello di una carta sbirciata, quindi di una scopa mancata, e per quel punto perduto i toni si alzano. Tre vipere, anzi: due contro una, perché la biondina è in mino- ranza, la incalzano, l’accusano e lei, messa alle strette, giura. E lo fa con tutta la forza di chi rivendica una verità contro un’accusa ingiusta, giurando su quanto di più prezioso esista nella sua vita: “Te lo giuro sul telefonino”, grida. E deve essere un giuramento potente, se le due amiche all’improvviso si convincono che no, non ha sbirciato. Se ha giurato sul telefonino, non ha sbirciato. La partita riprende, come nulla fosse. Come se niente fosse accaduto. Invece, è accaduto tutto: è tramontata un’epoca. Non che servisse questo giuramento, anzi, ma quell’invocare a garanzia del giuramento, quindi di quello che è il più solenne tra gli impegni, un telefonino, è il segnale vero, profondo, inquietant­e di uno stravolgim­ento. Ulteriore. Se c’è stato un qualcosa che, attraverso le epoche, non è mai cambiato, è proprio questo: il garante dei giuramenti.

Da sempre, se c’era da affermare un supporto alla verità, c’erano solo tre riferiment­i: la Patria, Dio e la mamma. Nell’ordine, perché tra i tre, è ovvio, è la mamma che si considera più importante, e la Patria meno. Giurare sulla bandiera era certezza di fedeltà in divisa, su Dio chiudeva una disputa, garantiva le testimonia­nze in tribunale e l’impegno in politica, giurare sulla mamma era il momento tombale di ogni polemica, che fosse in un campo di calcio da ragazzini o in qualche più adulta discussion­e. Mai, un telefonino, era diventato così “fondamenta­le” da farsi garante di un impegno della coscienza. Più importante di una madre. In fondo, non è più alle madri che si affidano problemi e confidenze, paure e incertezze, ma al telefonino. Quanto le madri erano, un tempo, le porte della conoscenza “adulta”, tanto oggi i telefonini lo sono della conoscenza totale. Quel giuramento è l’affermazio­ne di una nuova maternità culturale. Il telefonino era già “Dio”, adesso è diventato mamma.

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