L’autista e la falsa cintura Fine della fuga per Younes
Barcellona Quattro giorni dopo l’attentato alle Ramblas il 22enne riconosciuto da una passante. Sparatoria con le forze di sicurezza. La polizia: “La cellula non è smantellata”
C’è poco da esultare - in senso investigativo, s’intende - per la morte del fuggitivo Younes Abouyaaquoub, il killer delle Ramblas, abbattuto ieri pomeriggio alle 16 e 30 dai Mossos D’Esquadra( la polizia catalana), dopo essere stato intercettato sulla carretera commerciale C-243b, ai confini del territorio municipale di Subirats, una cinquantina di chilometri a nord-est di Barcellona. Indossava una cintura da kamikaze, ma era una disperata finzione. Che tutto sia finito, è pura illusione. L’inchiesta è solo all’inizio. Le indagini non si fermano a Subirats. Anzi, è da qui che ripartono. Troppe cose sono successe negli ultimi 5 giorni e troppe cose non quadrano, o non convincono. Perciò è necessario resettare tutto. Ripartire da zero e capire come mai a Ripoll, in una cittadina di 11mila abitanti, dove abitano 500 marocchini, un imam dall’opaco passato - un pregiudicato, dunque uno schedato - sia riuscito a plagiare 8 ragazzini e a trasformarli in spietati terroristi, senza che nessuno se ne accorgesse, tantomeno gli uomini della polizia locale. È un discorso difficile, così a caldo dopo la mattanza delle Ramblas. E imbarazzante politicamente.
È in questo contesto che si inserisce il conflitto tra la Guardia Civil - cioè la polizia di Stato - e i Mossos, cioè la polizia catalana. Non basta raccontare ai media che Younes ha gridato Allah è grande - questa la versione ufficiale - mostrando il suo corpetto per intimorire i poliziotti che l’hanno crivellato invece di colpi e giustificare così l’esecuzione dell’autista che giovedì ha massacrato 15persone. In una guerra asimmetrica come quella contro il terrorismo, il protocollo più efficace sarebbe quello di acquisire più informazioni possibili, quando è possibile. Purtroppo, i morti non parlano. Pigliamo Younes, per esempio. Forse, da vivo, avrebbe potuto spiegare come è riuscito a dileguarsi dalle Ramblas. Perché la cellula dei terroristi ragazzini non ha operato da sola. Chi ha nascosto Younes per 3 notti e 4 giorni? Come mai si trovava a Subirats? Chi ha incontrato, o chi voleva incontrare? Ucciderlo non è stata una mossa astuta.
La polizia catalana ritiene che il gran burattinaio della
I dubbi restano
Un imam ha plagiato 8 ragazzi trasformandoli in killer senza che nessuno vedesse
cellula sia stato il sulfureo imam Abdelbaki Es Satty, marocchino salafista radicale approdato a Ripoll nel 2015, rimasto vittima nell’esplosione del covo- laboratorio, la notte di mercoledì, ad Alcanar, mentre stava preparando gli esplosivi per gli attentati programmati a Barcellona. Es Satty dissimulava il salafismo fingendo d’essere un imam moderato, intanto, però, si comportava in modo strano, “aveva l’aria di complottare”, dicono ora a Ripoll, i suoi discorsi erano moderati ma polemici, invece di consolidare la comunità musulmana, tendeva a dividerla.
CI SONO DETTAGLI CURIOSI,
che contraddicono l’architettura dell’attentato in modalità Isis: come mai Younes, l’autista del furgone Fiat, scappa dalle Ramblas e però lascia dentro al furgone i documenti intestati a Driss Oukabir, fratello maggiore di Moussa, il 17enne che verrà ucciso poche ore dopo a Cambrils? Possibile che i servizi spagnoli non si siano accorti che un imam sospettato di salafismo radicale, finito in galera per droga (2010-2014), facesse avanti e indietro con il Marocco dove negli ultimi due anni si sono intensificate le presenze di “reduci” dalla Siria e dall’Iraq? L’inchiesta sulla cellula di Ripoll ha al centro l’enigmatico Es Satty: secondo il sito Ok
Diario, avrebbe integrato una cellula islamista, tra il 2005 e il 2008, a Vilanova i la Geltrù, a sud di Barcellona, che reclutava aspiranti jihadisti tra i giovani musulmani. Mandati a morire in Siria, Iraq, Afghanistan.