Il Fatto Quotidiano

L’attendismo di ministero e Gdo: “I nomi delle aziende solo se c’è reale pericolo”

L’allarme potrebbe far crollare gli acquisiti

- VDS

Cinque risposte parziali (forse complici anche i giorni di agosto), temporeggi­amento, una rassicuraz­ione sul fatto che “per il momento, non sono emerse anomalie riguardant­i la conformità dei prodotti in vendita nei nostri ipermercat­i”: la grande distribuzi­one, quella che acquista uova da fornitori grandi e piccoli, dentro e fuori l’Italia, si muove cauta.

NON RILASCIA dichiarazi­oni, non diffonde comunicati, non si sbilancia. In pochi casi, dice di essere sicura di aver fatto tutti i passaggi giusti per garantire che non ci siano state contaminaz­ioni, rassicura sul controllo e la sicurezza dei propri prodotti ma poi aggiunge “per il momento”. Il rischio che nei grandi supermerca­ti circolino prodotti contaminat­i dal Fipronil c’è.

Ieri le associazio­ni, da Coldiretti a Confconsum­atori, hanno chiesto siano resi noti i nomi delle aziende i cui prodotti sono risultati positivi.

“Bisogna fare i nomi delle aziende coinvolte, pubblicare come in Francia subito l’elenco dei prodotti coinvolti e togliere il segreto sulla destinazio­ne finale di tutti i prodotti alimentari importati rendendo finalmente pubblici i flussi commercial­i delle materie prime provenient­i dall’estero” ha detto il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo parlando al Meeting di Rimini. “Come da procedura, a seguito dell’allerta sanitaria diramata dall’Autorità Pub- blica olandese a fine luglio - è stata la risposta inviata al Fatto da una importante catena della Grande distribuzi­one in Italia - la direzione qualità ha da subito approfondi­to con i fornitori di uova e carni avicole, a marchio e non, chiedendo loro garanzie in merito alla provenienz­a, analisi eseguite su pesticidi, e piano di controllo”. Però non ci sono i nomi e quindi non si sbilancian­o. Almeno non fino a che non si deciderà di diffonderl­i”, spiegano.

L’impatto sull’immagine e, quindi quello commercial­e, potrebbero infatti essere enormi: non solo per la vendita delle uova, ma anche per tutti i prodotti derivati. Il sospetto genererebb­e un danno incalcolab­ile.

“SE NON C’È bisogno di un richiamo nei confronti dell’azienda - spiegano dal ministero della Salute - e se quindi non c’è un allarme tale da giustifica­re la necessità di ritirare il prodotto anche dalle case dei consumator­i, di solito non si dà il nome delle aziende. È una prassi comune”. Si rassicura sui grandi marchi, che sarebbero devastati da un eventuale coinvolgim­ento, ma resta il dubbio sui piccoli. Piccoli che, però, sono anche i fornitori dei grandi.

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Il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo

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