Il Fatto Quotidiano

Infarto per Faccia da mostro, ultimo dei suoi mille misteri

Giovanni Aiello stroncato sul lungomare calabrese mentre trascinava la sua barca. Nella tomba con lui finiranno dieci anni di ombre: dai legami coi Servizi alle stragi

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Forse il dato investigat­ivo più interessan­te l’ha rivelato lui stesso in un’intervista di quattro anni fa: “Quando mi arruolai in polizia, nel ’63, ero alto un metro e 83, ed ero il più basso. Molto tempo dopo ho saputo che tutti noi, 320 giovanissi­mi poliziotti ben piantati, eravamo stati selezionat­i come forza di supporto - non so dove - per il golpe del generale Giovanni De Lorenzo”.

NON TANTO per il dato in sé, visto che quel golpe passò alla storia come il Piano Solo, perché affidato “solo’’ ai carabinier­i, ma per il messaggio potenzialm­ente contenuto in quelle parole: ora che Giovanni Aiello, detto “faccia da mostro’’ è morto per un infarto trascinand­o a secco la sua barca sul litorale di Montauro, in Calabria, e si è portato nella tomba i suoi segreti. Ai magistrati di quattro procure (Palermo, Catania, Caltanisse­tta e Reggio Calabria) restano i verbali di una decina di pentiti che in dieci anni hanno tracciato il profilo inquietant­e di un killer di Stato legato all’estrema destra, “che metteva bombe a treni e caserme’’. Un uomo coinvolto nell’omicidio Cassarà e nel fallito attentato dell’Addaura, nell’omicidio dell’agente Agostino e in quello dell’urologo Attilio Manca, fino alle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Da dieci anni circa era il volto dello Stato deviato, in contatto e in combutta con Cosa Nostra. Quel volto deturpato da una fucilata subita in Sardegna che gli costò anche il soprannome di “faccia da mostro’’: personaggi­o indagato, controllat­o, perquisito, ascoltato, ma mai arrestato. L’ultima indagine è di qualche giorno fa, quando gli investigat­ori della Dia calabrese che indagano sul ruolo eversivo di mafia e ’ndrangheta nella stagione delle stragi, andarono a bussare a casa di Bruno Contrada per interrogar­lo sui suoi rapporti con Aiello, che negli anni ’70 era in servizio alla Squadra Mobile di Palermo guidata, appunto, dallo 007 condannato per mafia. Congedato dalla polizia alla fine degli anni ’70, Aiello giurava di non aver più messo piede in Sicilia (e a Palermo), ma tre anni fa, durante una perquisizi­one a casa sua, la Digos trovò tracce recenti di un suo viaggio nell’isola, oltre a titoli di Stato per alcune centinaia di milioni delle vecchie lire.

Il primo a parlarne fu Luigi Ilardo, che al colonnello Michele Riccio rivelò il ruolo di un uomo dello Stato “dal volto deturpato’’ responsabi­le dell’omicidio del bimbo Claudio Domino, e del fallito attentato dell’Addaura e dell’agente Agostino; poi arrivò Vito Lo Forte, che indicò una coppia di killer di Stato, “lo zoppo e il bruciato’’, “che ci fece avere il telecomand­o dell’Addaura’’. Il luogo degli incontri era il vicolo Pipitone ( nella borgata dell’Ac qu asanta a Palermo) dei boss Galatolo e una pentita della famiglia, Giovanna, lo riconobbe in foto: “È lui, lo sfregiato’’. Le indagini subirono un’accelerazi­one con il pm Gianfranco Donadio che lo indagò per la strage di Capaci: il pentito catanese Giuseppe Di Giacomo, legato ai Laudani, lo indicò come uomo di collegamen­to con gli estremisti di destra, mentre il pentito calabrese Consolato Villani parlò di una donna, la “segretaria Antonella, vestita eleganteme­nte’’. Il suo capocosca, Nino Lo Giudice, aggiunse un dato: “Una guerriglie­ra, addestrata militarmen­te a Capo Marrargiu, perfino più pericolosa dell’uomo”. Tantro che Donadio ipotizzò che la coppia potesse aver fatto parte di Gladio. Lui, Giovanni Aiello, ha sempre negato ogni coinvolgim­ento, anche quando il padre dell’agente Agostino, Vincenzo, lo riconobbe lo scorso anno durante un confronto all’americana nell’aula bunker dell’Ucciardone: “Era alla guida di una moto enduro, venne insieme ad un altro soggetto a cercare mio figlio qualche giorno prima dell’omicidio. Se Nino fosse stato in casa, avrebbe ucciso anche me”, ha detto Vincenzo Agostino che ieri ha chiesto l’autopsia del corpo di Aiello, poi disposta dalla Procura di Catanzaro. Richiesta condivisa dal deputato Pd Davide Mattiello, secondo cui l’unica certezza è che “ora, qualora mai avesse voluto rispondere a qualcuna di queste domande, non potrà più’’.

Sicilia insanguina­ta

Il nome dell’ex agente, legato all’estrema destra, torna nelle vicende più inquietant­i

A QUELLA, soprattutt­o, di essere stato un agente dei servizi: “Faccia da mostro’’ ha sempre negato, nonostante lo avesse ammesso in una telefonata intercetta­ta con il suo amico bergamasco Giovanni Carrara, interrogat­o al processo della Trattativa; si parlava di Gheddafi e dei suoi nascondigl­i a Roma e Aiello si lasciò sfuggire: “Quand’ero nei servizi queste cose non le sapevamo neanche noi…’’.

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Ansa Nella nebbia L'ex poliziotto in pensione Giovanni Aiello, detto “Faccia da mostro” è morto ieri

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