Gigi Al Bar!
“Se in piazza San Marco uno urla ‘Allah Akbar’, noi lo abbattiamo dopo tre passi. Ghe sparemo! Gh’avemo i cecchini!”. L’annuncio del sindaco di Venezia, Luigi Spritz Brugnaro, sulle nuove misure antiterrorismo vigenti nella sua città sta suscitando vivo interesse nel mondo della comicità e della satira. I Monty Python stanno pensando di dedicare al noto statista dell’ostrega il sequel di Brian di Nazareth, cui chiaramente si ispira la sua infallibile ricetta anti-Isis. Nella scena della lapidazione, il sommo sacerdote-giudice fa trascinare sulla pubblica piazza, dinanzi alla folla armata di sassi, un vecchio ebreo condannato per blasfemia per aver nominato il nome di Geova invano al termine di una cena in famiglia, con la frase “questo pezzo di baccalà è degno di Geova”. Il vegliardo obietta che “non basta dire Geova per bestemmiare”, mentre il sacerdote- giudice sostiene il contrario. Solo che, appena i due dicono “Geova”, anche per dire che non si deve dire, la turba inizia a lanciare pietre alla rinfusa, ancor prima dello start ufficiale alla lapidazione. Finché il magistrato, nell’estremo tentativo di ristabilire l’ordine pubblico, intima all’assemblea: “Signori, sia chiaro: nessuno deve lapidare nessuno finché non suonerò questo fischietto, neppure se uno dicesse Geova!”. Ma, alla parola “Geova”, parte una gragnuola di sassi e massi che lo seppelliscono al posto del condannato, il quale si allontana fischiettando mentre l’ultimo lanciatore urla “Strike!”.
Ora, per strano che possa sembrare a Gigi Prosecco, “Allah Akbar” o “Allahu Akbar” (Dio è il più grande) non è solo il motto dei terroristi islamici nell’atto stragista: è un’espressione del Corano che invita i fedeli a magnificare Dio, molto simile a quelle ricorrenti in altre religioni, tipo “Dio padre onnipotente” o “Lodate Dio” ( Alleluja). Infatti viene pronunciata dai muezzin per invitare alla preghiera, dai fedeli all’inizio delle orazioni, nei riti religiosi, ma anche nelle esclamazioni della vita quotidiana. Quindi, se il Sindaco Amarone pensa che i terroristi jihadisti si riconoscano dal grido di battaglia “Allah Akbar”, la fa un po’ troppo semplice. E, se fosse vero che ha ordinato ai vigili in gondoleta (fortunatamente l’unica polizia armata ai suoi ordini) di sparare a chiunque dica “Allah Akbar”, Venezia galleggerebbe non più sull’acqua, ma sul sangue e supererebbe l’Isis e al Qaeda per islamici innocenti ammazzati: un cimitero di muezzin, turisti, camerieri, ma anche sceicchi ed emiri venuti in Laguna con i loro jet e yacht per mostre, festival, biennali, concerti, shopping extraluxe.
Allah Akbar!, Bang!. Resta da capire cosa sia passato nella testa degli abitanti di una capitale mondiale della cultura quando tre anni fa barrarono sulla scheda il nome di Brugnaro, ennesimo tragico caso di “imprenditore prestato alla politica” (che purtroppo non l’ha ancora restituito). Uno che, nel breve volgere di pochi mesi, ha trasformato Ca’ Farsetti, sede del municipio, in Ca’ Farsetta con un’infilata di sparate, gaffe e ignorantate. Tipo quando, proprio lui, forse posseduto da quell’altro intellettuale di Tavecchio, disse “dobbiamo educare i nostri figli, fare la differenza con gente che vive sugli alberi delle banane”. O quando sequestrò 49 libri di scuola elementare di autori come Altan sul rispetto delle diversità, per la minacciosa presenza di “favole ispirate all’ideologia gender” contro la famiglia tradizionale, fra le risate omeriche del mondo intero: comprese quelle del l’illustre residente Elton John, che lui invitò graziosamente a “tirar fora i schei” (ignaro dei due concerti gratuiti regalati a Venezia dalla popstar). O quando avallò il raddoppio dell’hotel Santa Chiara, un ecomostro di cemento proprio sul Canal Grande. O quando bloccò la mostra del grande fotografo Berengo Gardin a Palazzo Ducale sui Mostri a Venezia, le Grandi Navi a San Marco, per difendere “la Venezia di chi lavora” da “vedute distorte che in 53 anni non ho mai visto: chissà che obiettivo ha usato”.
O quando diede del “comunista” a un cronista della Rai che osava fargli una domanda, minacciando i giornalisti che “vedono solo le cose negative” di “denuncia per abuso della profe ss io ne ”. O quando, avendo pronta la soluzione finale per l’Isis, invitò i grandi del mondo a darsi una mossa: “Juncker, Putin e Obama vengano qui e parliamo di come sistemare questa roba una volta per tutte. Noi abbiamo fatto la battaglia di Lepanto. La città di Venezia si mette a disposizione”. Il califfo Al Baghdadi entrò in fibrillazione, temendo che il Sindaco Valdobbiadene gli scatenasse contro i piccioni di piazza San Marco. In realtà, il nostro Callaghan in Saòr aveva in mente ben altro: “Servono sindaci-sceriffi che possano arrestare”, annunciò a un cronista di Libero, ammanettandolo. Ora, dopo Barcellona, si è concentrato un altro po’ e ha perfezionato il machiavello. Barriere di cemento armato nel Canal Grande per bloccare gondole-bomba e vaporetti-killer. E naturalmente l’ordine di abbattere chiunque dica “Allah Akbar” in piazza San Marco (per le altre piazze e le calli, si valuterà caso per caso). L’annuncio ha già prodotto un sensibile calo di turisti romani, preoccupati di essere equivocati: se uno dice alla moglie “Vojo annà ar bar”, capace che un cecchino debole di udito lo fa secco all’istante. Ma la norma potrebbe sortire altri effetti tanto imprevisti quanto interessanti, alla Monty Python. Il sindaco-che-arresta, in uno dei suoi appostamenti anti- Isis, becca un islamico a pronunciare la fatidica frase in un bar di piazza San Marco. E si precipita fuori per avvertire il cecchino più vicino: “Ehi, mona, ghe sta un che ga dito Allah Akbar!”. Se tutto va bene, lo raccolgono col cucchiaino. Strike!