IL “VAR”, L’ARBITRO VIRTUALE ROVINA O SALVA IL CALCIO?
NEL PALLONEDallo scorso fine settimana, prima giornata del campionato, si utilizza il “video assistant referee”, un arbitro addizionale che esamina le decisioni degli altri tramite i filmati
Non siamo 60 milioni di allenatori della Nazionale. Siamo piuttosto altrettanti arbitri, e non è poco. Perché se è vero che intorno al pallone si scatenano le più viscerali passioni collettive ( chiedere la sensazione marginalizzante a chi non le ha, ma chiedere anche a qualsiasi psicologo infantile quanto “dare un calcio” sia il gesto umano istintivo per eccellenza), è altrettanto inconfutabile che sul modo di dirigerle e sanzionarle non entrano in gioco solo i piccoli o grandi episodi, o colpe. Il tema si allarga subito alla storiografia dei precedenti, alla sociologia delle disuguaglianze, alla psicologia di massa, a visioni filosofiche del mondo, tra l'utopia della giustizia e l'elogio dell'imperfezione. Tutto questo ora diventa “Var Sport”, per l'irrompere del Video Assistant Referee, inaugurato all'inizio di questo campionato (con lo slogan Sky di un “Nuovo Inizio” che oscilla tra Antoine de Saint-Exupéry e Achille Occhetto), per limitare gli sbagli, col supporto di un replay da tempo invocato dalle tivù stesse, da Biscardi in giù. Applicabile solo in casi specifici (rigori, gol, espulsioni) e a discrezione dell'arbitro. Un'inedita interruzione, dunque, che ai fatti, comunque la si veda, non azzera gli errori né il dibattito. Viceversa, lo spalanca.