Il Fatto Quotidiano

Diga di Mosul, l’Isis non c’è più, ma spendiamo 800 mila euro al giorno di “task force”

A proteggere i lavori della Trevi dal Califfato, scomparso dall’area

- » MARCO MARONI

Lo

scorso 14 agosto, nel “comp ound” ita liano presso la diga di Mosul, nord dell'Iraq, c'è stato un cambio della guardia. I militari del 1° Reggimento Bersaglier­i di Cosenza hanno lasciato il posto al 3° Reggimento Alpini di Pinerolo. L’Unità presente sinora – scrive lo Stato maggiore della Difesa in un comunicato – lascia il teatro operativo dopo sei mesi di attività durante i quali ha garantito, con circa 500 uomini e donne, la sicurezza delle maestranze impegnate dalla ditta Trevi nei lavori di consolidam­ento della diga, il più grande manufatto idraulico dell’Iraq.

COSA STIANO A FAREancora lì 500 militari, però, non è chiaro. Al ministro della Difesa deve infatti essere sfuggito che la feroce “battaglia di Mosul” di inizio luglio non ha lasciato, come riferiscon­o i bollettini ufficiali delle forze irachene, un solo combattent­e del califfato vivo nell’area di Mosul. Con le forze irachene ormai entrate anche a Tal Afar, roccaforte Isis 60 chilometri a o- vest di Mosul. Una trascurate­zza non da poco quella del ministero, visto che la missione, oramai ridotta a una sorta di faraonica guardia al bidone, costa ai contribuen­ti più di 800 mila euro al giorno.

La diga di Mosul, sul fiume Tigri è considerat­a la più pericolosa al mondo. Il bacino da 11 milioni di litri d'acqua, costruito nel 1984 su terreni friabili, ha avuto bisogno di manutenzio­ne, per le infiltrazi­oni nel terreno, fin dall'inizio. Lavori però trascurati a partire dal 2003, con l'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti e alleati, l'uccisione dell'ex capo dello Stato Saddam Hussein e il Paese finito nel caos. La diga finì nelle mani dello Stato islamico per due settimane nell'agosto 2014, per poi essere riconquist­ata dai curdi, alleati degli iracheni nella guerra all'Isis, che però ha mantenuto Mosul, fino al mese scorso.

Per correre ai ripari dal rischio catastrofe, all'inizio dell'anno scorso il governo iracheno ha affidato una ristruttur­azione straordina­ria, con consolidam­ento delle fondamenta e riparazion­e delle gallerie di scarico, alla Trevi, società di Cesena quotata in Borsa, uno dei nomi di punta nel mondo per questo genere di lavori. Un contratto da 273 milioni di euro, con 450 maestranze al lavoro tra tecnici e operai. Con Mosul in mano all'Isis la sicurezza della diga, 35 chilometri a nord della città, era una faccenda molto seria. Ragione per cui dei 1.500 militari italiani della missione internazio­nale in Iraq, ben 500 sono stati mandati a presidiarl­a. In pratica si tratta del maggiore singolo accampamen­to di militari italiani all'estero.

LA MISSIONE italiana in Iraq per il 2017 ha un costo di 300,7 milioni di euro. Servono per pagare, oltre alla task forcedella diga, i carabinier­i che addestrano le forze armate e di polizia irachene e curde a Baghdad, Kirkuk ed Erbil, 400 militari, il personale per le missioni di personnel recovery 130 militari e 8 elicotteri, di stanza a Erbil, per tirare fuori dai guai i soldati della Coalizione intrappola­ti in zone ostili, più una Task force air, di stanza però in tre basi del Kuwait, con 280 uomini, un aereo da rifornimen­to in volo, due droni Predator e 4 aerei da caccia Amx.

Il costo assorbito dal solo presidio alla diga di Mosul non è possibile saperlo, ma facendo un stima sommaria, si può dire che i 500 militari che sta- zionano sulle rive del bacino è attorno ai 100 milioni, 823 mila euro al giorno. Soldi e mezzi che potrebbero più utilmente essere dislocati altrove.

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Ansa Difesa La diga di Mosul, 35 km a Nord della città

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