“Non votate i nemici”. La fatwa di Erdogan sulle urne tedesche
Crisi diplomatica Dal “Sultano” appelli alla popolosa minoranza turca affinché punisca la Merkel e l’Spd. Berlino prepara ritorsioni
La crisi diplomatica fra Turchia e Germania finirà nelle urne. Il prossimo 24 settembre, oltre 61 milioni di elettori (quasi mezzo milione in meno rispetto al 2013) voteranno per rinnovare il Bundestag. E, almeno alla “minoranza” turca, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha indicato chi non votare: “I nemici del Paese”, ha sintetizzato. Vale a dire il partito dalla cancelliera Angela Merkel, la Cdu, quello del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, la Spd, e i Grüne di Cem Özdemir, uno dei due candidati di punta del movimento e con radici turche.
Un decimo del corpo elettorale ha origini straniere. I turchi (un milione quelli con diritto di voto) sono una componente importante, anche se rispetto ad altre provenienze il processo di assimilazione è già avvenuto. Tanto che nelle analisi sulle intenzioni di voto gli esperti distinguono già fra coloro che vennero accolti a suo tempo, che continuerebbero a “saldare” il loro debito morale nei confronti dei cristiano-democratici, e le generazioni più giovani, orientate verso socialdemocratici e verdi, che hanno sempre beneficiato di larghi consensi.
SUL REFERENDUM costituzionale dello scorso aprile, Erdogan ha ottenuto il 63% di “sì” in Germania (anche se con un'affluenza limitata al 46%), un risultato che ha sorpreso i tedeschi. In nessuna circoscrizione i “no” hanno ottenuto la maggioranza. Nella stessa cosmopolita Berlino gli oppositori sono arrivati solo al 50%.
I rapporti fra le due cancel- lerie erano tesi già all'epoca, inaspriti dal divieto di svolgere comizi imposto dalla Germania ai leader turchi.
Erdogan aveva attribuito ad Angela Merkel “sistemi nazisti”. I “tedeschi” in carcere in Turchia continuano a essere oggetto di una disputa diplomatico-legale che ha raggiunto il proprio apice con l'arresto un mese fa di Peter Steudtner, attivista di Amnesty International.
La “rappresaglia” di Berlino contro il fermo era stata immediata. E sorprendentemente prosegue, con suggerimenti a turisti e imprenditori a valutare bene eventuali viaggi e investimenti.
Difficile capire quali effetti lo scontro possa avere sul voto, soprattutto dopo l'esito del referendum. Erdogan ha deciso di intervenire con un’offensiva mediatica sollecitando i “suoi” elettori a non votare i partiti che, sostanzialmente, governano la Germania a livello federale e regionale. I cittadini di origini turche sono quasi tre milioni: 1,5 milioni hanno solo il passaporto con la falce di luna e la stella, oltre mezzo milione la doppia cittadinanza e circa 800.000, fra i quali Özdemir, hanno optato per la sola nazionalità tedesca.
È interessante rilevare come fra i “nemici del Paese”, il presidente turco non abbia inserito la Csu, il partito bavarese alleato della Merkel, e nemmeno la Linke, la sinistra estrema, o l’Afd, gli xenofobi di destra: nessuno simpatizza per Erdogan, che ha parlato di una questione d’“onore”.
CON LA SUA interferenza, il Sultano tenta di destabilizzare politicamente il Paese. Una prova di forza delicata che potrebbe anche costargli. Non necessariamente chi lo ha so- stenuto nel voto sul referendum, le cui ricadute sulla Germania sono insignificanti (almeno per ora), lo seguirà su un voto dalle conseguenze dirette assai più importanti.
Le relazioni sempre più pericolose fra i due paesi potrebbero portare a un calo dell'affluenza da parte della comunità turca, che dovrebbe favorire più i conservatori e la Alternative für Deutschland: non necessariamente una buona notizia per Erdogan né per i suoi connazionali in Germania. Perché se c'è una cosa che non piace a Berlino è l’ingratitudine verso chi li ha accolti. E già l'esito del referendum non era stato digerito benissimo. Dopo il fallito colpo di Stato di oltre un anno fa, in Germania è scattata la fatwa di Erdogan ai simpatizzanti (o presunti tali) di Fethullah Gülen, il predicatore indicato come il mandante del putsch. Fra liste di proscrizione (vere o presunte) e delazioni, la vita in Germania di molti turchi è diventata difficile. Ci sono stati problemi di ordine pubblico (incendi, atti vandalici, minacce), una sorta di “regolamento di conti” politico per conto terzi.
Lo stesso Gabriel ha lamentato minacce nei confronti della compagna. E il candidato cancelliere Martin Schulz ha gettato benzina sul fuoco assimilando il linguaggio del Sultano a quello di un “attaccabrighe da osteria” piuttosto che a quello di uno statista. Almeno fino al 24 settembre, i toni potranno solo peggiorare.
Il precedente Ankara giudicò “nazista” il no ai comizi governativi all’estero per il suo referendum