Barcellona e Madrid Due polizie sull’orlo di una crisi di nervi
La speranza che l’attentato di Barcellona servisse a mettere da parte le divisioni fra la Catalogna, con le sue aspirazioni indipendentiste, e Madrid, era già stata spazzata via la sera del 19 agosto, quando il “ministro dell'Interno” della Generalitat, Joaquin Forn, elencando le vittime aveva fatto distinzione fra morti spagnoli e morti catalani. Poi c’era stato un comunicato dei sindacati della Guardia Civil:“Siamo stati esclusi dalle indagini”. Il motivo, secondo i sindacati, è da attribuire all’intento delle autorità catalane di dimostrare di essere uno “stato”.
UN PASSO FALSO, secondo il portavoce dell'Unione di polizia unificata (Sup), Ramón Cossío, che all'agenzia Efe ha ribadito l’accusa nei confronti dei leader della Generalitat:“Hanno tagliato fuori dall’inchiesta sull'attacco terrorista le forze di sicurezza dello Stato (Fse)”. Cossío ha chiarito di non voler polemizzare con i colleghi dei Mossos de Esquadra, la polizia catalana: “Il loro è stato un successo, ma a livello politico si dovrebbe incrementare la collaborazione fra gli uffici investigativi, perchè siamo operatori della sicurezza pubblica, non al servizio dei partiti”.
Per far comprendere che la mancanza di dialogo ha frenato le indagini, Cossío ha rievocato alcuni episodi: “Dopo l'esplosione di Alcanar, quando si è capito che poteva trattarsi di una base dei terroristi, l’informazione doveva essere subito condivisa con il Centro nacional de coordinación antiterrorista (Citco). Non solo; non è stato permesso il sopralluogo agli specialisti della Guardia Civil”. La seconda recriminazione forse è ancor più grave: “L’imam di Ripoll aveva una storia; era discepolo di uno degli arrestati delle retate contro i jihadisti del 2007, eppure su di lui non c'è stato alcun controllo, perchè le banche dati di Madrid non sono state consultate”. Da giovedì scorso inoltre la Guardia Civil insisteva con quella catalana per pubblicare la foto del killer della Rambla e chiedere l’aiuto della gente. La foto è stata diffusa solo lunedì e l’assassino è stato ucciso. A proposito dell’imam, Abdelaqui Es Satty: nel 2015 – ha riportato El Mundo – l’ordine di espulsione fu annullato. Es Satty doveva essere mandato via dopo aver scontato una condanna a 4 anni (traffico di droga). Ma l'imam presentò ricorso e il giudice lo accolse: non costituiva “una minaccia reale”. Anche il Belgio si era occupato di Es Satty, che all'epoca viveva a Vilvoorde. Bruxelles all'inizio del 2016 chiese informazioni agli iberici per sapere se l’imam avesse legami con il jihad. Secondo il Pais, la risposta, arrivata l’8 marzo 2016, fu negativa. E questa è la parte che i Mossos de Esquadra rimproverano a Madrid ribaltando la stessa accusa subita: non siamo stati tenuti informati su chi era l’imam.
I LEGAMI della cellula spagnola all’estero: il procuratore di Parigi, Francois Molins ha confermato che l’Audi A3 utilizzata per l’attacco a Cambrils si trovava in Francia l’11 e il 12 agosto. Da chiarire i motivi. In Spagna restano in carcere 3 dei 4 arrestati, fra cui Mohammed Houli Chemlal, che ai magistrati ha confermato l’acquisto di materiale per confezionare esplosivi – un secondo covo è stato trovato vicino a Cambrils, in una fattoria dove c'erano scon-
Il secondo covo Trovate ricevute per l’acquisto di coltelli e 500 litri di acetone utile a realizzare ordigni La satira di Charlie
trini relativi a coltelli e 500 litri di acetone – e che il piano prevedeva una strage con attentati a suon di bombe, uno dei quali alla Sagrada Familia. In libertà provvisoria Mohamed Aallaa; a lui era intestata l’Audi, ma ha detto che a Cambrils alla guida c’era il fratello Yousef, ucciso dalla polizia. Il giornale satirico, la cui redazione fu sterminata in parte il 7 gennaio 2015 dai terroristi, ha proposto una copertina delle sue: “Islam, religione di pace. Eterna”, con un furgone che arrota i passanti sulla Rambla