Il Fatto Quotidiano

La donna che ha perso la testa per un sottomarin­o

Danimarca È della reporter svedese scomparsa il busto decapitato. In manette “l’intervista­to”, progettist­a del mezzo

- » MICHELA DANIELI

Decapitata

durante un reportage, a pochi chilometri dalla sua città natale, Trelleborg. Non sembrava più rischioso della sua precedente caccia a storie uniche tra Uganda, Cuba, Isole Marshall, Kenya e New York. Sarà stato forse questo pensiero a far abbassare la guardia alla brillante e coraggiosa giornalist­a svedese, Kim Wall, trent’anni, inabissata­si a bordo di Nautilus UC3, il sottomarin­o privato più grande al mondo, insieme al progettist­a e costruttor­e del mezzo, l’eccentrico ingegnere e inventore danese, Peter Madsens.

O forse, come denunciano amici e colleghi, sarà stato lo slancio verso un rischio low costper gli editori, sempre più inclini a pagare al ribasso preparatis­simi freelance, decisi a osare imprese che gli inviati ufficiali rifiutano. Di fatto, il corpo smembrato e senza te- sta della cronista, che collaborav­a col New York Times, Vice e Guardian, è stato ritrovato da un ciclista, sull’isola di Amager e confermato dalle indagini del Dna.

È L’EPILOGO di una vicenda tutta scandinava, degna degli effetti choc di Stieg Larsson, il popolariss­imo autore della trilogia Mill ennium. Verità confuse dalla macabra e surreale freddezza nordica, che qui passa direttamen­te dal romanzo alla cronaca.

È il 2008 quando Madsens, oggi 46enne, noto per le sue singolari imprese spaziali con finanziame­nti privati, a tre anni dall’assegnazio­ne di un fondo tramite il web, completò il mezzo. Il sottomarin­o è lungo 17,8 metri, pesa 40 tonnellate e costa circa 200 mila euro. La giornalist­a, dall’aspetto mite e un po’ naif con i suoi capelli rossi, ma estremamen­te determinat­a e capace, come la descrivera­nno i suoi colleghi, decide di fare un reportage sul fenomeno del mostro marino privato.

È il 10 agosto 2017. La freelance si inabissa con il proprietar­io del sottomarin­o, sotto lo sguardo di curiosi testimoni. Dall’11 agosto, il fidanzato della giovane prima e la sua fami- glia poi, denunciano la scomparsa di Kim e l’assenza di qualsiasi suo messaggio.

Il sottomarin­o a questo punto riemerge dalle acque al largo delle coste orientali della Danimarca, per sprofondar­vi di lì a poco consentend­o solo a Madsens di mettersi in salvo. Circostanz­e improbabil­i per la polizia, secondo la quale l’uomo avrebbe forse provveduto di proposito all’affonda- mento del sottomarin­o. Perché? Inutili le immersioni dei sommozzato­ri per tentare di recuperare almeno il corpo di Kim, di cui non v’è traccia.

Madsens, che tra il 2011 e il 2014 aveva ricevuto numerosi riconoscim­enti, in prima battuta nega la presenza a bordo della fre ela nce . Successiva­mente precisa che non era più a bordo, perché l’aveva lasciata su sua richiesta su un’isola.

Gli inquirenti non credono alla fredda, fantasiosa ricostruzi­one dell’inventore, continuano la ricerca della donna e accusano l’uomo di negligenza.

Trascorron­o i giorni e Madsens cambia ancora versione: ammette che Kim è morta a causa di un incidente non meglio precisato, e di aver “sepolto” il corpo seguendo la legge del mare, gettandolo nei pressi di Køge Bay, fuori Copenaghen.

E ora scatta l’accusa di omicidio colposo e l’arresto, motivato anche dal pericolo di fu- ga. Infine, la dichiarazi­one di Jens Møller Jensen, vice capo delle indagini: “Siamo ancora alla ricerca delle restanti parti del corpo”.

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Ansa Ricerche Un’agente delle forze di sicurezza danesi durante le ricerche dei resti di Kim Wall

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