Il Fatto Quotidiano

“Via i neri da qui”: scritte razziste e balle di fieno contro i profughi

Nel Piacentino: no a 15 minori. E a Genova l’assessore parla di “mao mao”

- » DAVIDE MILOSA

Un paese, poche anime, la val Tidone a fare da sfondo. La provincia è quella di Piacenza. Breno sta qua. Pugno di case come la vicina Bilegno. Qua sono arrivati i profughi. Quindici e tutti minorenni tra i 13 e i 17 anni. Senegal, Sierra Leone, Ghana, Nigeria, Bangladesh, Gambia, Guinea. E ora a Breno per iniziare una nuova vita. Loro ci provano, la comunità locale non li vuole e li ha accolti con scritte razziste sui muri di una ex scuola dove attualment­e vengono gestiti dalla cooperativ­a Ippogrifo.

MANI ANONIME per ora hanno dato voce agli insulti. Alla lettera: “Breno dice no ai neri, all’invasione e alle Coop”. I carabinier­i indagano su questo e su chi, sempre ieri, ha spostato enormi balle di fieno davanti agli ingressi dello stabile ammodernat­o proprio per acco- gliere i profughi che alla fine sono entrati nella struttura seguiti da sei assistenti sociali.

La storia, dunque, si ripete. Qualche mese fa è stata la volta di Besnate in provincia di Varese. Il sindaco del Pd scelse lo sciopero della fame per protestare contro l’invio di 35 persone. Troppe, tuonò allora il primo cittadino, per un paese di ben 5 mila abitanti. Breno ne conta molti meno. Ma come sempre più che lo spirito di accoglienz­a vale la fredda aritmetica che vuole, per calcolo tutto governativ­o, che a ogni mille abitanti corrispond­ano circa due o tre persone al massimo. E gli abitanti, quelli di Breno, i profughi non li vogliono. Prima dell’arrivo dei 15 minori, la comunità ospitava già 26 persone. Ora il conto sale a più di 40 e anche il sindaco ammette che così è impossibi- le fare accoglienz­a. Pietro Mazzocchi, eletto nel 2016 in una coalizione di centrodest­ra, lo spiega senza tanti giri di parole: “Noi a Borgonovo ospitiamo già minori non accompagna­ti e quindi facciamo già la nostra parte, qui la quota di migranti accolti l’avevamo già raggiunta. Capisco il malumore della gente. Si conti- nua ad andare avanti così ed è un sistema di cui non si vede la fine”. Minaccia poi di chiudere con l’accoglienz­a, ma poi assicura che “non c’è il rischio di tensioni, si è trattato di un fatto sporadico legato all’esasperazi­one degli abitanti”.

NON DISTANTE dalla Val Tidone, a Genova altro caso di intolleran­za. Protagonis­ta, Stefano Mai, assessore regionale all’Agricoltur­a in quota Lega Nord che in un post su Facebook ha commentato così l’arrivo a Zuccarello (Savona) di sei migranti. “Mandano i mao mao anche al mio paese, sto pensando di togliere il red carpet”. Il post è stato poi rimosso. Il nuovo commento però non pare abbassare i toni. Scrive Mai: “Nel borgo c’è anche wi-fi. Ma dico? Non si può trovare una famiglia in grado di rafforzare il tessuto sociale? Si ha l’animo caritatevo­le? Perché non dimostrarl­o con tanti conterrane­i bisognosi?”. Sempre nel capoluogo ligure un consiglier­e di municipio ha messo su Fb la sua foto con la scritta: “Portatemi in Siria poi torno e dividiamo”. Massimo Pantini, passato dal centrodest­ra al Pd, però spiega: “La persona nella foto non sono io”.

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Ansa Sul muro Le frasi razziste

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