Il Fatto Quotidiano

Il corteo più blindato Poi l’accampamen­to in piazza Venezia

- » VIRGINIA DELLA SALA

“Guarda, questa sono io”. Trentasei anni, indica se stessa in una foto dello sgombero del palazzo di via Curtatone, a Roma. “Questa sono io - ripete -. Ci hanno sgomberato senza dirci nulla ed è stato terribile”. È arrivata in Italia dall’Eritrea otto anni fa, con il marito. E da quattro vive nel palazzo da cui è stata sgomberata il 24 agosto. L’immagine che la ritrae subito dopo gli scontri con la polizia, insieme a tante altre simili, è legata con un filo allo striscione che apre il corteo organizzat­o dal Coordiname­nto cittadino di lotta per la casa. “Ora siamo in strada. Stanotte ho dormito su un cartone nella stazione Tiburtina”. Se le si chiede delle alternativ­e che le sono state proposte, la risposta è il silenzio. “Nessuna?”. Non risponde.

hanno sfilato in diverse migliaia. Gli organizzat­ori parlano di 5 mila persone, a vederle sono al massimo 3mila. Sventolano le bandiere dei Cobas, quelle dell’Unione Sindacale di base, ci sono gli sfollati dello sgombero di inizio agosto a Cinecittà, quelli di Ponte Mammolo di due anni fa. Le strade laterali del percorso romano (piazza dell’Esquilino - piazza Madonna del Loreto, vicino al Campidogli­o) sono blindate da polizia e carabinier­i. Di fronte al Vittoriano, i carabinier­i schierati sono a ca- vallo. È una delle manifestaz­ioni più blindate che Roma abbia mai visto: ai partecipan­ti, ai varchi organizzat­i dalla polizia, vengono chiesti i documenti. “Non ci aspettavam­o di essere trattati così – spiega un’altra donna eritrea in testa al corteo, una di quelle investite dagli idranti durante gli scontri di piazza Indipenden­za – in Libia, in Sudan, ci hanno trattato meglio. Sono in Italia da 13 anni, sono una rifugiata politica, non ho mai fatto male a nessuno. E cosa ne abbiamo in cambio? Questo. Solo Dio sa cosa hanno fatto”.

Ripetono di non essere ter- roristi: “Mai un eritreo o un etiope è stato fermato come sospettato di terrorismo”, urla un uomo al megafono. Parlano di “errore politico”, di “diritto alla casa”, del “diritto di essere accolti come rifugiati politici in Europa”, del fatto che “non chiediamo più di quello che ci spetta”.

ai bambini: cori in cui chiedono i loro giocattoli, la loro scuola, la vita di prima. E infine l’appello per la libertà dei quattro arrestati dopo gli scontri di giovedì. Ci sono striscioni: “La nostra colpa è la povertà” o “dalla mia Africa prendete tutto - gas, petrolio, diamanti - ma rifiutate gli esseri umani”. Un uomo, in testa alla folla, ne stringe uno con su scritto: “Poliziotto, fatti dare una carezza”, la risposta alla foto dell’agente che accarezza una donna africana dopo lo sgombero di giovedì scorso. Alle 19, dopo aver sfilato lungo via Cavour e i Fori Imperiali, rifugiati e manifestan­ti italiani si fermano insieme in Piazza Venezia. Tutto fila liscio.

“Non capiscono – spiega uno degli animatori del corteo – che non siamo terroristi, che non vogliamo rubare nulla a nessuno, che non vogliamo alcun tipo di violenza. Quello che facevamo, quello che facciamo nelle case in cui siamo, è garantire sicurezza. Per noi e anche per i cittadini italiani”. Lo ripete più volte: “Abbiamo garantito la sicurezza per i cittadini italiani”.

che guida la manifestaz­ione, qualcuno fa segno con le mani di abbassarsi. La folla si siede in strada. Il corteo si trasforma in un sit-in, la piazza è blindata, i turisti sono costretti a fare dietrofron­t e circumnavi­gare il complesso del Vittoriano per proseguire verso piazza Venezia. “Noi da qui non ce ne andiamo finché non ci daranno una risposta concreta”, spiegano i manifestan­ti. Manca anche un’alternativ­a. Un gruppo presenta il preavviso per il sit-in: è autorizzat­o fino a lunedì.

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Ansa/LaPresse Dopo l’intervento La polizia in testa al corteo e, a destra, i rifugiati dopo lo sgombero
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