Il Veneto dei rifiuti: permessi farlocchi, le fideiussioni pure
Nel 2014 alla “Coimpo” morirono 4 operai La storia dell’impianto di Adria in Parlamento: trattamento dei fanghi inadeguato, bonifiche mai fatte, soldi spariti
Una montagna di rifiuti liquidi e fanghi stoccati da anni nei silos e nei capannoni dell’azienda, nonostante le ordinanze di rimozione. E una girandola di autorizzazioni e polizze assicurative crollate, alla prima verifica, come un castello di carta. La campagna veneta, tra Adria e Rovigo, a tratti sembra una terra di nessuno dove l’unica legge rimasta è quella degli schei, i soldi, e tutto il resto viene di conseguenza. Dove il trattamento dei fanghi è diventato un business e il numero di impianti è di gran lunga superiore al fabbisogno del territorio.
È IL QUADRO tracciato dall’assessore all’Ambiente del Comune di Adria, Giorgia Furlanetto, lo scorso 24 luglio davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, raccontando il primo dossier che si è trovata ad affrontare appena insediata nel luglio del 2016: quello della Coimpo, l’azienda di trattamento di fanghi dove il 22 settembre del 2014, durante lo svuotamento di una cisterna, una nube tossica di acido solforico uccise sul colpo quattro operai. Un caso che finì sulle prime pagine dei giornali e di cui si occupò fin da su- bito la Commissione ecomafie.
È proprio dopo l’incidente – su cui è in corso un processo a Rovigo nei confronti di sei imputati per omicidio colposo plurimo e violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro – che il piccolo Comune veneto si rende conto che qualcosa non va. Lo svuotamento dei silos con il percolato della Coimpo, ordinato dalla Provincia di Rovigo nel 2015, procede a rilento per via dei vapori di acido solforico che mettono nuovamente a rischio la salute degli operai.
Nel frattempo, scadono i termini stabiliti nell’ordinanza per la rimozione del perco- lato e l’assessore Furlanetto decide di vederci più chiaro: chiede gli atti alla provincia ma sbatte contro un muro. Il fascicolo sulla Coimpo sembra avvolto da un insolito mistero: “Non avevo alcuna documentazione sul punto, nonostante le richieste – spiega l’assessore alla commissione parlamentare presieduta da Alessandro Bratti – mi veniva sempre opposto un diniego, trattandosi di atti di indagine”.
Mentre è in corso il tira e molla tra le amministrazioni, nel settembre del 2016 il titolare della Coimpo finisce agli arresti domiciliari su ordine del Gip di Firenze per traffico illecito di rifiuti e altri reati ambientali: secondo la Dda fiorentina, la Coimpo trattava nel suo impianto di Rovigo i fanghi prodotti in Toscana, poi li trasportava nuovamente fuori regione dove venivano usati come fertilizzanti sui campi. Ma quei fanghi, secondo i pm toscani, contenevano “sostanze pericolose o comunque inquinanti derivanti da cicli industriali incompatibili con un reimpiego in agricoltura”.
Le autorizzazioni della Coimpo vengono sospese, e nel novembre del 2016 il Comune di Adria si costituisce parte civile nel processo per omicidio. Solo a quel punto riesce ad accedere alla documentazione che cercava: una relazione tecnica depositata dal consulente del pm arriva a sostenere che il ciclo di trattamento della Coimpo non può proseguire per via di “carenze impiantistico-strutturali e di processi debitamente testati” e che le autorizzazioni devono essere completa- mente riscritte e riassegnate.
Pur essendo in possesso della relazione da mesi, in provincia nessuno procede alla revoca dell’Aia (l’autorizzazione integrata ambientale). Ma è sulle polizze fideiussorie della Coimpo, depositate dalle aziende di trattamento rifiuti a garanzia di eventuali rischi e danni per la collettività, che si apre il vaso di Pandora. Il Comune di Adria chiede alla provincia di escutere le fideiussioni per rimuovere, a spese dell’azienda, il percolato dai silos e i fanghi rimasti dopo l’i nc idente del 2014, ma senza fortuna: “Venivamo comunque rassicurati sulla presenza delle polizze - racconta l’assessore Furlanetto - di cui ci venivano anche comunicati l’importo e la data di scadenza: il 2020”.
MA QUELLE POLIZZE, come emergerà in seguito, non possono coprire nulla: erano state stipulate con una società assicurativa, la Fideas Finanziaria, fallita poco dopo. Quando la Provincia di Rovigo nel dicembre 2013 emette l’autorizzazione per la Coimpo, la Fideas era già stata cancellata da due mesi dal registro degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia. “Questo significa – incalza l’assessore davanti ai commissari di Palazzo San Macuto – che quando ha rilasciato le autorizzazioni non c’è stato alcun tipo di istruttoria sul punto”.
L’autorizzazione senza garanzie non può rimanere valida, e la provincia avvia il pro-
cedimento di revoca. Ma il 4 aprile scorso la Coimpo chiede di girare la sua Aia a una nuova ditta, la Demetrafert, e la Provincia di Rovigo sembra di nuovo possibilista. Il Comune di Adria però esprime parere contrario: “Innanzitutto non erano presenti le polizze – prosegue Furlanetto – e nemmeno un’adeguata capacità economica da parte della nuova società, costituita solo l’8 marzo, quindici giorni prima dell’avvio del procedimento, e il cui capitale sociale era di 10 mila euro di cui 2.500 versati”. Il responsabile tecnico, spiega, “era indicato nel signor Francesco Crepaldi, fi-
glio di Mario Crepaldi, dipendente della Coimpo, nonché imputato nel processo pendente dinanzi al tribunale di Rovigo”.
SOLTANTO DOPO emergerà l’ultimo inghippo: anche le bozze delle polizze della Demetrafert, stipulate con la compagnia bulgara Nadejda segnalata dall’Ivass per “deficit patrimoniale”, non offrono le dovute garanzie. Ora è tutto fermo, mentre pendono una serie di ricorsi al Tar avanzati dalla Coimpo. E i rifiuti restano stoccati nell’impianto.
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