Il Fatto Quotidiano

DIRITTO DI REPLICA

- GIAMPAOLO SCARDONE G.ME. E CDF

Egregio Direttore, ovviamente non mi ha fatto piacere essere definito sulla prima pagina del Suo giornale “ispettore cieco” e neanche mi ha fatto piacere il tono de ll’articolo che mi riguarda. Ma tono e titoli degli articoli li sceglie il giornale; i lettori giudicano. Posso rammaricar­mi, nulla più. Posso però aggiungere qualche notizia omessa, ovvero rettificar­e alcune affermazio­ni del tutto scorrette riportate nell’articolo. Confido che Ella, in nome della completezz­a dell’informazio­ne, vorrà metterne a conoscenza i Suoi lettori:

1) la celeberrim­a operazione Alexandria, conclusa dal Monte dei Paschi di Siena con Nomura, è emersa dalla segretezza nella quale era relegata grazie al lavoro del gruppo ispettivo di Banca d’Italia che io coordinavo. Per inciso, la quantifica­zione dei rischi cui il Monte era sottoposto (non solo relativi a Alexandria) si è accompagna­ta alla gestione di una crisi di liquidità senza precedenti, in grado di produrre effetti sistemici devastanti che furono evitati soprattutt­o grazie alla Banca d’Italia; 2) la qualità dell’analisi e l’intuito dei componenti del team ispettivo ha permesso di fornire un quadro corretto dell’operazione Alexandria, pur non essendo stati messi a disposizio­ni documenti contrattua­li di fondamenta­le importanza; 3) anche per effetto delle prime conclusion­i dell’ispezione, il vertice del Monte dei Paschi rassegnò le proprie dimissioni nel corso degli accertamen­ti (ricordo che al tempo la Banca d’Italia non disponeva ancora del potere di rimozione); 4) non valuto la qualità degli accertamen­ti ispettivi dall’entità delle conseguenz­e che producono, tuttavia le sanzioni amministra­tive, fra le più pesanti di sempre (circa 10 milioni di euro), comminate a esponenti di vertice del Montepasch­i hanno preso le mosse dalla stessa ispezione; 5) le ipotesi di reato segnalate dalla Banca d’Italia alla Procura della Repubblica sono anch’esse legate alle conclusion­i alle quali giunse quel gruppo ispettivo. Da quelle segnalazio­ni ha preso le mosse un procedimen­to penale concluso con significat­ive condanne in primo grado di esponenti di vertice del Monte. Definire quindi l’ispettore responsabi­le degli accertamen­ti come “gabbato” dai banchieri appare, alla luce di tali precisazio­ni, quanto meno avventuros­o.

Le indagini relative alla Banca Popolare di Vicenza sono tuttora in corso e ciò impedisce di entrare nel merito; di certo tuttavia il non lusinghier­o giudizio associato alla Banca al termine dell’ispezione da me coordinata ha modificato le politiche di vigilanza nei suoi confronti, fino alle conseguenz­e che la cronaca più recente ci riporta. Quanto al mio attuale incarico - premesso che la sua precarietà è direttamen­te proporzion­ale alle necessità della Banca Carim di mutare proprietà e che la mia retribuzio­ne è talmente riservata da essere pubblicata da qualche anno sul sito aziendale - la Cassa di Risparmio di Rimini ha conosciuto vicende tempestose che hanno condotto al suo commissari­amento; se, uscita dalla procedura, è riuscita - in tempi tutt’altro che tranquilli - a continuare ad assicurare i suoi servizi alle famiglie e alle imprese locali è merito anzitutto del suo personale e forse un po’ anche di chi l’ha guidata. Ringraziam­o il dottor Scardone che, senza smentire niente del nostro articolo, lo corrobora con la prova regina: l’elenco delle cose che lui sostiene di aver scoperto e dei “non lusinghier­i” giudizi che sostiene di aver dato, proprio ciò che la Banca d’Italia ha accuratame­nte celato a chi investiva sulle azioni di Mps e Popolare di Vicenza. Quelli hanno perso i loro soldi (miliardi di euro) mentre l’ispettore Scardone veniva premiato dall’assunzione a peso d’oro presso una banca vigilata. Questo è lo scandalo su cui la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta dovrà fare chiarezza. E infatti Giuseppe Mussari è rimasto riverito presidente dell’Abi, Associazio­ne bancaria italiana, fino a che un articolo del Fatto, e non l’ispezione di Scardone di un anno prima, l’ha costretto alle dimissioni.

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