Sgomberi, le domande mai fatte nella fiera dell’ipocrisia
MINNITI IMPONE LA SVOLTA: stop a nuovi sgomberi se non ci sono case pronte. DOPO GLI SCONTRI DI PIAZZA Indipendenza a Roma, su giornali e tv va in onda il triathlon della falsa coscienza nelle classiche prove dello scaricabarile, del gioco delle parti, del tu lo dici e io lo nego. Quest’ultima disciplina, riservata ai cosiddetti opinionisti, consiste nel dire (scrivere) l’esatto contrario di quanto scrive (dice) il commentatore avversato. Se, per esempio, l’uno s’indigna per lo sgombero improvviso e per le cariche della polizia contro le donne eritree, l’altro risponderà citando il racket che da anni si svolgeva nel palazzo di via Curtatone tollerato da quelle medesime famiglie. E così via, fino all’esaurimento dei lettori. Scaricabarile e gioco delle parti sono gli sport preferiti da ministri, sindaci, prefetti, presidenti di Regione.
In genere, il risultato finale è che tra accuse e controaccuse le responsabilità si dissolvono nel consueto, indistinto polverone e nessuno capisce più niente di quanto realmente accaduto.
In un Paese di normale civiltà (che non è l’Italia) coloro che, nella circostanza, rappresentano le varie istituzioni coinvolte sarebbero chiamati a rispondere alla pubblica opinione in una conferenza stampa, perché no, collettiva.
Proviamo a immaginarla. Al ministro dell’Interno Marco Minniti si potrebbe chiedere come mai la soluzione – di grande buon senso e del tutto condivisibile – di non procedere alla cacciata dei rifugiati da palazzi occupati abusivamente se non è stata garan- tita loro una sistemazione definitiva, sia stata presa dopo e non prima gli accadimenti. Ci voleva tanto a capirlo?
Dal prefetto di Roma Paola Basilone (e dai suoi predecessori) vorremmo sapere come mai ha mandato la polizia soltanto giovedì scorso quando l’occupazione dello stabile risaliva al 2013 e l’ordine di sequestro e sgombero da parte della magistratura era arrivato già nel dicembre del 2015.
Altra domanda da rivolgere a Minniti e Basilone: ogni tanto vi parlate?
Alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, vorremmo chiedere se risponde al vero quanto sostenuto dalla Regione Lazio. Che cioè nel 2014 furono stanziati 197 milioni di euro per l’emergenza abitativa a Roma (compreso lo stabile di via Curtatone)? Che nel 2016 la Regione sollecitò il Comune a utilizzare i fondi e concesse alla giunta Raggi 40 milioni di euro per interventi immediati? Ma che nei tavoli tecnici in prefettura, il Campidoglio rifiutò ogni alternativa a chi occupa abusivamente?
Al governatore Zingaretti avremmo semplicemente domandato: non ha ragione la sindaca Raggi quando dice che assistiamo alla fiera dell’ipocrisia visto e considerato che il ruolo della Regione, in situazioni di tale gravità sociale, non può consistere nel girarsi dall’altra parte? Da entrambi, infine, vorremmo sapere: per curiosità, che fine hanno fatto quel mucchio di milioni stanziati?