Il Fatto Quotidiano

Scarti Portovesme verso la discarica senza assicurazi­one

Sardegna La società che produce zinco e oro rischia di chiudere se non trova nuovi siti di stoccaggio. In pericolo 1.500 operai

- » DAVIDE MILOSA

Una discarica nuova per poter sopravvive­re, per andare avanti con la produzione, per non fermare i macchinari e non mandare a casa oltre 1.500 persone. Questa la situazione attuale della Portovesme Srl. L’industria, oggi della multinazio­nale Glencore, produce zinco dai fumi di acciaierie. Il processo produttivo è complicato e soprattutt­o crea una grandissim­a quantità di rifiuti speciali che devono necessaria­mente essere stoccati in discariche apposite. Ecco allora il punto, tra i tanti e tra i meno controvers­i di questa storia che oltre al destino degli operai, mette sul tavolo manovre oscure giocate nella zona grigia tra politica e impresa, mettendo in luce i contatti con i ras dei rifiuti in passato finiti in inchieste giudiziari­e.

SIAMO NEL SUD della Sardegna nella regione del Sulcis, area industrial­e, tra le più a rischio d’Italia, inquinata manco a dirlo, con bonifiche permanenti in atto. Portovesme è una frazione del Comune di Portoscuso. Nell’area sono diverse le industrie. Tra queste la Euroallumi­na i cui vertici attualment­e sono sotto processo con l’accusa di disastro ambientale. E poi c’è la Portovesme Srl che produce ma potrà farlo solo fino a metà settembre. Questa, infatti, l’ultima data utile. Attualment­e, infatti, la prima discarica della società (Genna Luas) è al collasso. Nel novembre del 2016, la società ottiene di poter bancare i rifiuti in un nono sopralzo. Il problema è che gli impianti per ottenere zinco, ma anche oro e argento, trattano una quantità enorme di rifiuti e altrettant­i ne producono. E dunque, Portovesme da tempo ormai va avanti di proroghe in proroghe. Ma, naturalmen­te, vi è un limite all’ampliament­o delle volumetrie. Genna Luas sta scoppiando. Per questo i vertici della società hanno preparato un progetto per costruire una seconda discarica. Ed ecco il primo pro- blema: l’iter per avere il via libera definitivo non semplice né veloce e non solo per i lacci della burocrazia. La questione è delicata. La Regione legge le carte e solleva diverse obiezioni perlopiù di carattere ambientale sui terreni dove dovrebbe sorgere la nuova discarica. I tempi così si allungano e il conto alla rovescia della chiusura degli impianti è quasi terminato. L’amministra­tore delegato Carlo Lolliri e il presidente della Regione Francesco Pigliaru rammendano la tela.

CERTO, SE L’OKalla nuova discarica non arriverà in tempi più o meno brevi, Portovesme dovrà scegliere di andare nelle discariche autorizzat­e. E se Lolliri ufficialme­nte spiega che solo Portovesme stessa può stoccare i rifiuti, dalla fine di luglio in realtà la società ha un rapporto diretto con la discarica gestita dalla società Riverso, a sua volta legata al gruppo Daneco della famiglia Colucci, coinvolti nell’indagine milanese sullo smaltiment­o di rifiuti pericolosi della ex Sisas di Pioltello e già titolare di importanti discariche in Campania. Il rapporto tra Portovesme e Colucci è fresco. Da un mese infatti i rifiuti della bonifica interna agli stabilimen­ti pagata dall’Eni (in quanto proprietar­ia dei terreni) finiscono alla Riverso e questo nonostante la stessa Eni abbia messo la società dei Colucci in stand by in attesa (data fissata 10 settembre) che presentino progetti chiari sull'ampliament­o e la messa in sicurezza della discarica. Eppure Portovesme ha rotto gli indugi ben prima della scadenza. E questo nonostante la capogruppo Daneco navighi in cattive acque finanziari­e. Il 3 luglio scorso ha presentato al Tribunale fallimenta­re di Roma una proposta di concordato. Nel frattempo ha rimescolat­o il suo risiko societario. La Riverso, che oltretutto non ha pagato 700 mila euro di ecotassa, riceve ossigeno dalla Portovesme.

NON SOLO, nel luglio scorso l’Istituto di vigilanza sulle assicurazi­oni ha sostanzial­mente bandito la Dajeda Ad (Società bulgara) dal mercato italiano perché ritenuta non in grado di garantire le polizze future ma anche quelle in corso. La società bulgara assicurava anche la Riverso, valore della polizza circa 20 milioni di euro. Insomma, qualcosa sembra mancare per spiegare questi rapporti. Non si comprende come mai Portovesme da un lato dichiari di non voler finire nel mondo delle discariche private e dall’altro, invece, stringa rapporti con la Riverso dei Colucci. Contattata dal Fatto, la Portovesme si è chiusa dietro a uno stringato “non siamo autorizzat­i a parlare della discarica”. Al netto di questo scenario politico-affaristic­o, resta l’urgenza per 1.500 famiglie che rischiano di restare senza stipendio. Lo stop della Portovesme sarebbe un disastro per una zona, quella del Sulcis, sulla quale l’ex governo Renzi ha già previsto un piano di rilancio affidato all’onorevole del Pd Salvatore Cherchi.

A volte ritornano L’impresa Riverso è legata alla famiglia Colucci coinvolta nell’indagine sulla ex Sisas

TEMPO FINITO Portovesme Srl ha tempo fino a metà settembre per trovare una posto dove stoccare i rifiuti. A quella data, è stato dichiarato dai vertici, c’è il rischio concreto che le macchine si fermino. Oltre 1.500 operai resterebbe­ro senza lavoro

 ?? Ansa ?? Nel Sulcis Manifestaz­ione di un gruppo di operai a Portovesme
Ansa Nel Sulcis Manifestaz­ione di un gruppo di operai a Portovesme

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy