Il Fatto Quotidiano

L’Italia blocca i migranti, ma finanzia i trafficant­i

5 milioni di euro I soldi erogati alle milizie coinvolte anche nella sicurezza degli impianti Eni. Ed è un accordo solo provvisori­o

- » GUIDO RAMPOLDI

Questione di punti di vista. La linea del governo sull’immigrazio­ne piace alla Merkel e a Macron, non dispiace in Italia all’opposizion­e ed entusiasma la nostra stampa, che ne canta i numeri: sbarchi calati del 72%, scafisti in ritirata, Guardia costiera libica arrembante e adesso perfino umanitaria, avendo trasferito ben diecimila migranti intercetta­ti in mare in “campi di accoglienz­a”. Vista dalla Libia la situazione quantomeno sconta un problema di traduzione.

Lì sono invece chiamati “ca mpi di detenzione”, trattandos­i in effetti di fetidi lager africani dove i migranti arrestati ridiventan­o manodopera quasi gratuita a disposizio­ne dei loro carcerieri. E la “lotta agli scafisti” in arabo più o meno suona come una formula sarcastica, tipo “comprare una breve tregua dagli scafisti, e dopo chissà”, che potrebbe corrispond­ere ai misteriosi accadiment­i recenti sulla costa tra Sabrata e Zawiya.

LUNGO un centinaio di chilometri a ovest di Tripoli, quel tratto di litorale è in relazione con l’Italia per due motivi: ospita il terminal Eni ed è il principale pontone degli sca- fisti, quello da cui parte il maggior numero di imbarcazio­ni dirette alla Penisola.

Queste due funzioni si intersecan­o - ricavo da un puntiglios­o reportage pubblicato da Middle East Eye e non smentito dagli interessat­i. Infatti la Mellitah Oil and Gas (una joint-venture tra Eni e Noc, la compagnia statale libica, che gestisce concretame­nte le attività in loco) ha affidato la guardiania del terminal e de ll ’ annesso compound al la milizia di Ahmed Dabbashi; quest’ultima sarebbe da anni nel traffico di esseri umani, al pari di un altro contractor di Noc, la milizia di Mohammed Kashlaf, anch’essa nel giro delle guardianie petrolifer­e. Il terzo mammasanti­ssima è il comandante al-Bija, capo dei guardacost­e, citatitiss­imo nei rapporti di Human Right Watch e della missione Onu al Consiglio di sicurezza.

Intorno a queste tre figure si serra la razionalit­à dell’economia locale. Le milizie arrestano e depredano i migranti arrivati sulla costa, sistematic­amente i neri, e li stipano nei centri di detenzione, statali o “privati” (un luogotenen­te di Kashlaf, l’ex colonnello Fathi al-Far, fino a ieri controllav­a il lager di Zawiya). Prigionier­i e alla fame, per racimolare i soldi necessari a pagare il viaggio in Europa i migranti sono costretti ad accettare le condizioni dei loro custodi, che li affittano come lavoratori-schiavi spesso al settore petrolifer­o. Questo calvario può durare anni. Al termine i migranti ottengono il diritto a imbarcarsi, per un prezzo che include tanto la traversata quanto la mazzetta per il comandante al-Bija, altrimenti implacabil­e nell’intercetta­re natanti non autorizzat­i (da lui).

Perché d’improvviso milizie e guardacost­e ora sorveglian­o la costa e impediscon­o le partenze (non tutte)? Sono arrivati medicinali per l’ospe- dale di Sabrata. Ma soprattutt­o, spiega Middle East Eye, l’Italia ha accordato incentivi alle milizie, pare per 5 milioni di euro. La milizia di Kashlaf avrebbe chiesto ai nostri servizi segreti un hangar per custodire l’autoparco e per gli uffici: l’ha avuto.

COME INSEGNAl’Afghanista­n, i miliziani puoi affittarli per un po’ma non comprarli per sempre. Sulla costa si dà per certo che l’accordo reggerà un mese, grossomodo fino alle elezioni tedesche. Magari la tregua durerà un po’ di più, ma finirà.

Nel frattempo pare improbabil­e che gli europei si affanneran­no a permettere all’Alto commissari­ato per i rifugiati di accedere ai campi di detenzione e valutare il diritto di ciascun prigionier­o a ottenere protezione internazio­nale: sia perchè quegli sventurati in Europa nessuno li vuole, sia perchè le milizie potrebbero reagire male se le privassimo di un’altra fonte di reddito.

Potremmo pagare per compensare i mancati profitti: ma quanto e per quanto? Avendo capito come butta, con un giornalist­a suo estimatore, il generale Haftar si è detto disponibil­e a risolvere il problema di flussi e migranti in cambio di 20 miliardi di euro, venti volte quello che Erdogan finora ha incassato dall’Ue. Nei territori controllat­i dai suoi lanzichene­cchi Haftar fa torturare a morte gli oppositori e protegge un suo luogotenen­te ricercato dalla Corte penale internazio­nale.

Per tutto questo non è affatto escluso che la linea intrapresa dal governo produca un disastro umanitario made in Europe. Il ministro dell’Interno Marco Minniti finora si è dimostrato abile (e spregiudic­ato, anche se non credo che la figura dello sceriffo law and ordergli corrispond­a). Ha riattivato la politica estera italiana in Libia, per giunta adesso finanziata dalla Ue; ridotto il numero degli affogati; arginato flussi migratori che qualsiasi al-Sisi del Mediterran­eo poteva usare per ricattarci. Ma né Minniti né alcuno in Europa sa come risolvere due problemi enormi: come estrarre dalla Libia 150 mila migranti, come stabilizza­re un Paese prigionier­o delle milizie. Su questo scacco forse dovremmo iniziare a riflettere piuttosto che raccontarc­i balle.

In Libia si dà per certo che l’intesa reggerà un mese, grossomodo fino alle elezioni tedesche Magari la tregua durerà un po’ di più, ma finirà

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Il generale Haftar, leader a Bengasi. A destra, migranti fermati in Libia
LaPresse Ago della bilancia Il generale Haftar, leader a Bengasi. A destra, migranti fermati in Libia
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