Il Fatto Quotidiano

Per gli immigrati serve il salario d’ingresso ridotto

- » MARCO PONTI

alcuni fatti incontrove­rtibili: i migranti subsaharia­ni sono la maggior parte del totale che oggi giunge in Italia, pochi hanno diritto di asilo, sono prevalente­mente privi di profession­alità, non sanno l'italiano e soprattutt­o sono giovani. Noi abbiamo una alta disoccupaz­ione giovanile (pur con livelli di istruzione di standard europeo), e una struttura produttiva anch'essa di standard europeo, che certo non richiede molto lavoro non qualificat­o. E l'evoluzione tecnologic­a è destinata ad accentuare questa tendenza (la jobless revolution di cui si avvertono già i segnali).

Solo il lavoro giustifica il patto sociale che integra la collettivi­tà, nessuno accettereb­be i molteplici dispositiv­i, fiscali e non, diretti a ridistribu­ire il reddito in una società composta da una quota di "disoccupat­i stabili", per di più di provenienz­a straniera. Solo il lavoro dunque può essere il reale integrator­e sociale. L'alternativ­a è il parassitis­mo e la criminalit­à.

PROVIAMO ORA a rendere più concreto il quadro. Non si conosce la percentual­e esatta dei migranti aventi diritto d'asilo, anche per la presenza della categoria dei “permessi provvisori per motivi umanitari”, di non chiarissim­a definizion­e, e per i ritardi di chi ha firmato patti per identifica­rli (gli hot spot), poi non lo ha fatto contando tacitament­e che proseguiss­ero comunque per il nord, finché gli altri Paesi, infuriati, hanno chiuso i confini. La stima che si può tentare è che gli aventi diritto non superino il 30% del totale (aventi diritto come rifugiati o per ragioni assimilabi­li 15%, permessi provvisori per ragioni umanitarie 25%, di cui assumiamo che un totale del 15% sia rinnovato sine die). Per questi forse si riesce, senza costi proibitivi, a fare programmi pubblici “alla tedesca” di integrazio­ne graduale nel mercato del lavoro (istruzione, alloggio, un reddito minimo di integrazio­ne, e soprattutt­o con lavori so- cialmente utili). Ma se si può respingere solo una minoranza di quel 70% già sbarcato (o che ancora sbarcherà) che non ha diritto, occorre fare in modo che anche questi "non aventi diritto" possano realistica­mente lavorare, non in base a chiacchier­e da bar.

Questo non è sicuramen- te compatibil­e con il costo del lavoro unskilled attuale, né può pensarci lo Stato a costi dati, visto che si deve occupare prioritari­amente degli “aventi diritto” (anche perché sembra giusto distinguer­e la protezione di chi ha diritto d’asilo e chi non lo ha). L'ipotesi su un "reddito di cittadinan­za", in sé da approfondi­re, non media nei paesi d'origine. Cioè raddoppiam­o il loro benessere reale. Oggi il reddito medio PPP si colloca intorno ai 6.000 $/anno contro i 36.000 $ italiani, secondo la Banca Mondiale, quindi proporzion­almente meno per il lavoro unskilled, ma qui occorre semplifica­re.

Il costo totale del loro lavoro in Italia dovrebbe ammontare a 12.000 $ annui, corrispond­enti a 1.000 $/mese lordi, che di cui solo il 30% dovrebbe andare a coprire garanzie sociali minime (e non il 50% di un italiano).

Quindi l’ordine di grandezza del salario netto mensile sarebbe di 700 $, pari a circa 4 $ all'ora per 8 ore al giorno, purtroppo non molto lontano né dalla realtà del lavoro irregolare in agricoltur­a controllat­o dal caporalato, né dal costo medio giornalier­o per lo Stato di un migrante avente diritto. Per avere altri ordini di grandezza di riferiment­o, oggi il reddito medio di un lavoratore regolare in Italia è invece di circa sei volte maggiore (sempre a parità di potere d'acquisto), non di due volte, di quello dei Paesi di provenienz­a dei migranti subsaharia­ni, e questa è ovviamente anche la spiegazion­e per cui affrontano costi elevati, rischi mortali e condizioni atroci per il viaggio verso l’Europa.

NATURALMEN­TE soluzioni di questo tipo accentuere­bbero drammatica­mente non solo la diseguagli­anza dei redditi e segmentere­bbero lo stesso mondo del lavoro, comprimend­o ulteriorme­nte verso il basso i salari dei lavoratori unskilled italiani, ma creerebber­o anche pesanti differenze nei livelli di protezione sociale garantiti ai cittadini. Un quadro orribile ma, come per la democrazia e il capitalism­o, occorre chiedersi: quali sono le reali alternativ­e? Questi sarebbero certo veri "proletari marxiani", ma lavorerebb­ero. E non si può dimenticar­e che, sempre ed ovunque, è il sottoprole­tariato che delinque: non ha nulla da perdere. Salvini aspetta questi sottoprole­tari per creare un Paese di polizia.

Euro lordi al mese Con contributi del 30% è un’ipotesi realistica

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