Caos Harvey, esplode centro chimico
Altre vittime negli Stati Uniti. In Africa un’ecatombe dimenticata
Il settimo giorno, l’uragano, invece di riposare, cambiò natura. Due esplosioni in un centro chimico fanno di Harvey, che è già il più grave disastro naturale negli Usa dopo l’uragano Katrina del 2005, un incidente dall’impatto potenzialmente drammatico, capace di toccare oltre un milione di persone in un raggio di una quarantina di chilometri a nord-est di Houston. Le esplosioni si sono verificate in un impianto della multinazionale chimica francese Arkema: uno stabilimento che produce perossidi organici, utilizzati specialmente nella produzione di plastiche e farmaceutici. La struttura, che ha una sessantina di dipendenti, si trova Crosby, lungol’autostrada che collega Houston a Beaumont: tutta la zona è finita sotto quasi due metri d’acqua, da quando Harvey ha aperto le cataratte sul Texas.
La luce è saltata, gli impianti di raffreddamento della Arkema so- no andati in tilt, i generatori d’emergenza non sono bastati a tenere bassa la temperatura dei componenti chimici stoccati: di qui, le esplosioni, il fumo denso e acre, l’evacuazione di migliaia di persone in un raggio di due miglia. Le misure precauzionali hanno evitato gravi conseguenze: un vice-sceriffo ricoverato per bruciori e ustioni, altre persone soccorse e medicate con sintomi analoghi.
SUL POSTOlo sceriffo della contea di Harris Ed Gonzalez minimizza: paragona le esalazioni al fumo di un barbecue. Dalla Francia, la multinazionale avverte: “Ci potrebbero essere altre esplosioni”, ci sono altri otto containers instabili. Nel 2014, un test di rischio dimostrò che, in condizioni estreme, un incidente all’impianto di Crosby potrebbe coinvolgere oltre un milione di persone, fino a Houston.
In attesa che le dimensioni dell’incidente chimico si precisino, il bilancio di Harvey continua ad aggravarsi: 38 i morti accertati, decine i dispersi, 17 miliardi di dollari i danni stimati. L’uragano, che ha avuto un andamento anomalo, facendo più devastazioni con le piogge che con i venti, mette in rilievo la fragilità del Texas e ancor più della Louisiana dinanzi a disastri naturali che i cambiamenti climatici tendono a rendere più frequenti e più violenti.
Recandosi sul posto e testimoniando vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite, il presidente Trump ha dato l’impressione d’avere appreso la lezione Katrina: il predecessore Bush jr pagò cara, in termini di popolarità, l’impreparazione e l’insensibilità di fronte alla sciagura. Ma l’Amministrazione Trump, per ora, non trae le conseguenze di Harvey in tema di protezione dell’ambiente e resta su posizioni negazioniste sul cambiamento climatico.
A margine, a parità di distanza geografica, se una tragedia accade negli Stati Uniti ottiene più attenzione, sui media occidentali, di sciagure analoghe o anche molto più gravi altrove: di Harvey, ad esempio, s’è parlato molto di più che della valanga di fango in Sierra Leone - un migliaio di vittime, centinaia di bambini -. Insensibilità? In parte. Ma, in parte, identificazione: è facile immaginarsi a Houston, più improbabile a Freetown. E, allora, Harvey potrebbe rivelarsi ‘manna dal cielo’, se spostasse Trump e i suoi immarcescibili consiglieri scientifici. (che coordina una ventina di agenzie federali d’i nformazione e spionaggio USA), precisando che è stata inviata a tutte le polizie dello Stato, non solo ai Mossos. Ma sulla prima pagina del P e r i ó di c o ,i Mossos, che avevano negato ogni contatto con la CIA, vengono accusati di aver mentito. Perciò la replica di Trapero, capo della polizia catalana, è netta nel difendere l’onorabilità della sua istituzione, confermando di non aver mai ricevuto allerta alcuna. Chiarisce che ci fu una segnalazione sulla Rambla, che fu vagliata assieme alle autorità statali e risultò priva di fondamento, tanto da non diventare oggetto di discussione nei tavoli antiterroristi del 25 maggio e dell’8 giugno. Nè sono poi emersi legami con l’attentato, perché le indagini hanno chiarito che si trattò di una strage di ripiego per i terroristi.
Il fatto dunque scricchiola, la sostanza è nelle tensioni tra Madrid e Barcellona. Nei giorni successivi agli attentati, sono piovute critiche sulle istituzioni catalane veicolate dalla grande stampa spagnola. Poi l’attacco ha preso specificamente di mira i Mossos. È in gioco la loro entrata in Europol, invisa tra l’altro all’ex ministro degli Interni Fernández Díaz, già implicato nello scandalo della macchina del fango contro esponenti dell’indipendentismo catalano.