Salvini umilia il Senatùr: Bossi dice addio alla Lega
Il padre fondatore del Carroccio, per la prima volta, viene escluso dal palco di Pontida
Un “uomo solo al comando de negòt”. Che in bergamasco significa “di niente”. Scuotono la testa i militanti alla fine del discorso di Matteo Salvini. Lasciando il prato di Pontida, molti non trattengono la delusione. Luigi Tordelli, da Milano: “L’unica cosa buona è il sole”.
DIETRO IL PALCO mugugnano anche i big del partito. A cominciare da Roberto Maroni, ex segretario e oggi presidente della Regione Lombardia: “Un errore, un grosso errore”. Ri- pete. Il riferimento è alle scelte di Salvini: cancellare i simboli storici, compresi i riferimenti al nord; ma soprattutto non permettere al padre e leader Umberto Bossi di parlare dal palco. Non era mai accaduto. Il senatù r è per tutti sacro.
“Pontida è Bossi: se siamo qui è solo grazie a lui”, dice amareggiato Maroni. Basti pensare che dalla prima edizione del 1990 l’intervento del fondatore c’è sempre stato. Quando nel 2004 Bossi è stato male, il raduno venne cancellato. Anche ieri lui è rimasto dietro al palco ad attendere il suo turno. Che però non è arrivato. E quando ne ha chiesto il motivo, Salvini gli ha risposto: “Avevo paura ti fischiassero”. Bossi ha sorriso. S’è infilato il mezzo sigaro toscano in bocca ed è salito al ristorante La Marina, dove si rifugia a mangiare da anni dopo Pontida. “Questo è il segnale che devo andarmene”, dice. Dove? “Ci sono molti posti. Questa non è più la Lega”.
Il cuore guarda sicuramente al neonato movimento Grande Nord fondato da Marco Reguzzoni, ex generale bossiano e capogruppo del Carroccio alla Camera, allontanato dal partito nel repulisti generalizzato compiuto da Maroni per il caso Belsito. Seppure Reguzzoni non sia mai stato indagato o coinvolto in nulla. Ma era ritenuto troppo vicino al Capo.
Attorno al movimento di Reguzzoni si stanno riunendo buona parte dei vecchi leghisti. E molti ne parlano anche sul pratone di Pontida. Salvini non con- vince. “È solo propaganda personale”, dice lo stesso Reguzzoni. E di fatto a sentir parlare il leader in felpa pare di “ascoltar favole”. In ordine cronologico, Salvini ha garantito che se andrà al governo cancellerà la legge Fornero e il decreto Lorenzin sui vaccini, la legge Mancino e quella Fiano, abolirà Equitalia, darà pieni poteri alle forze di polizia e farà eleggere i giudici ai cittadini. Poi ha ribadito la volontà di fare ricorso contro il sequestro conservativo disposto dal tribunale di Genova a seguito della condanna in primo grado per Belsito, Bossi e altri di 48 milioni di euro. E ha lanciato la sua premiership. Ma che voglia candidarsi alla guida del Governo è facile da capire: dalle magliette alla scenografia del palco, dai manifesti distribuiti sul prato alle bandiere regalate o in vendita, dagli striscioni agli slogan. Ovunque una frase: “Salvini premier”.
Dietro le quinte si aggira anche Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria nonché mancato erede di Silvio Berlusconi. Toti ha legato molto con Salvini negli ultimi anni. Ma entrambi sembrano fare i conti come se potessero camminare con le proprie gambe, dimenticando che hanno ancora bisogno della manina ciascuno del proprio papà: Berlusconi e Bossi. L’unico leghista a cui l’ex cavaliere riconosce potere decisionale è il senatùr. E visti i guai economici del Carroccio non è difficile immaginare come e perché Salvini rinuncerà alle aspirazioni da premier e tornerà nei ranghi, come ha sempre fatto.
ANCHE BOSSIlo dice, poco prima di mangiare polenta e salame bergamasco. “Io da Salvini non mi sono mai aspettato nulla, è un racconta balle e non ci si può fidare di uno che tradisce il Nord; lo sa anche Berlusconi chi è davvero questo qui”. Ed è proprio con Arcore che il Capo intende affrontare il “problema Matteo”. L’ex cavaliere vuole candidarsi e se Strasburgo non glielo consentirà, ha garantito che parteciperà in prima persona alla campagna elettorale. Per rilanciare Forza Italia. Non certo per sostenere un candidato premier non di sua diretta emanazione o scelta. Salvini, inoltre, al signore di Arcore non è mai piaciuto. Lo trova superficiale, impreparato e, soprattutto, inaffidabile. “Un conta balle”, ripete Bossi. Sorridendo. Perché lui sa bene che come dice Maroni, “la Lega è Bossi e Bossi è la Lega”.
La corsa a premier
Il segretario ha i conti del partito bloccati, perciò dovrà chinare il capo a Berlusconi Da lui non mi sono mai aspettato nulla, è un racconta balle, non ci si può fidare di uno che tradisce il Nord
UMBERTO BOSSI Quando saremo al governo daremo mano libera alle forze dell’ordine per portare pulizia nelle nostre città
MATTEO SALVINI