Il monito della Merkel alle case tedesche
“Intelligente. Ponderata. Decisa”. È l’affresco del padre, pardon madre, di famiglia Angela Merkel sui manifesti elettorali, a meno di una settimana dal voto politico in Germania. Equilibrista, potremmo aggiungere, su temi che scottano come l’industria dell’auto domestic a. Che da quell’infausto settembre 2015 ha dovuto fare i conti (tutta, non solo il gruppo Volkswagen) con l’incubo del gasolio sporco e cattivo. Schierarsi dalla parte delle aziende rintuzzando le velleità di alcuni tribunali locali che vorrebbero bandire le auto diesel dalle città, o da quella del popolo ( teoricamente) sovrano la cui salute dovrebbe essere una priorità? Le domande retoriche in politica funzionano poco, meglio andare sul pratico: l’industria dell’auto tedesca, la più potente d’Europa e forse del mondo, solo in madrepatria dà lavoro a 800 mila persone e genera un fatturato di 400 miliardi di euro.
Un comparto strategico e un serbatoio di voti, ora. Il punto è proprio questo: quanti ne vale? Nel dubbio, meglio non rischiare. Il cerchiobottismo della Merkel all’inaugurazione del salone dell’auto di Francoforte, massima espressione del testosterone teutonico su quattro ruote, in questo senso è stato esemplare. Prima gli slogan (“vogliamo aria pulita per le persone, le case devono aggiornare al più presto i software dei motori diesel”), poi l’intento di allargare il perimetro (“anche i costruttori stranieri devono dare il loro contributo”), quindi l’elogio al campione nazionale (“l’industria dell’auto è una forza trainante non solo per la Germania”).
E, infine, il bersaglio grosso: “I motori a combustione dureranno ancora per decenni, bisogna renderli più efficienti. Ma sviluppare anche alimentazioni alternative”.