Quelli che “mio figlio è avanti, sembra più grande dei coetanei”
IMPAZIENZA Appena nati la gara è sul peso: l’annuncio di chili, etti e briciole è una sorta di dichiarazione di guerra al mondo accompagnato da un bel sorrisetto di soddisfazione
L’educazione parte da bambini, si sa, così come le emozioni, il non detto, la trasmissione delle nostre speranze, rivincite, timori, proiezioni; tutto attraverso i nostri figli. Si inizia da subito. Appena nati la gara è sul peso, l’annuncio di chili, etti e briciole è una sorta di dichiarazione di guerra verso il mondo, il massimo è quando il pargolo sfiora i quattro chili e poi a salire. E allora si certifica anche la distruzione, con l’orgoglio, dell’eroica mamma in grado di sopportare stoicamente il vitello e addirittura di partorire.
MA SIAMO all’inizio. I mesi successivi sono un match nei confronti delle aziende produttrici di vestitini: sono loro il parametro, sono loro il primo metro verso la certificazione del prodigio-alias-figlio. Se uno domanda a un genitore quanto ha il bambino-bambina, la risposta dei mesi seguirà sempre un successivo e inevitabile “però”, accompagnato da un sorrisetto di enorme soddisfazione, delle serie: bravo ad avermelo chiesto. Dialogo ipotetico-reale. “Che bella piccolina, quanto ha?”.
“Francesca ha tre mesi, però già indossa i vestitini per i quelli di sei mesi”.
“Davvero? Eh, ma è proprio grande...”.
Altro sorrisetto, carezza della mamma sulla fronte, veloce sistematina del vestitino, il tutto con un sottinteso: mia figlia è lunga o grossa, mentre gli altri sono piccoli o troppo magri; altro sottinteso: mia figlia è in vantaggio rispetto alla maggior parte dei suoi coetanei.
Sempre avanti, l’oggi non interessa, la gara è da subito, il paragone perenne, l’attesa va superata, surclassata, lacerata; bisogna camminare prima di aver compiuto un anno, conoscere il Devoto Oli entro i tre, calciare un pallone d’esterno il prima possibile; lamentarsi se nostro figlio sta troppo con il cellulare in mano (“p er ò quanto è bravo, apre Youtube da solo”). E poi? E poi scatta l’inverso.
BI SOG NA lamentarsi se è cresciuto troppo in fretta, se ha atteggiamenti da adulto-adulta, quando non lo è, se usa i trucchi quando ha 10 anni, se pretende i buchi alle orecchie, se gioca troppo a pallone anche se calcia (sempre) d’esterno; se ha 10 anni ma indossa vestiti dei quindicenni, questione di pancia abbondante.
E poi? Scatta la frustrazione, non ci si vanta più del proprio eroe, si nasconde, “non capisco proprio da chi ha preso”, magari si guardano i nuovi reality, quelli che insegnano a educare, insegnano a dimagrire, insegnano ad accettarsi, insegnano a ricostruire i rapporti tra genitori e figli; insegnano a mangiare.
E poi? Ti dicono di aspettare, che il momento critico dura fino a poco dopo i vent’anni, e tutto piano piano si ristabilisce, magari verso i 30 l’eroe che pesava quasi quattro chili alla nascita, avrà un figlio, pure lui sfoggerà quasi 4 chili, e allora il cerchio si chiuderà e il birbante sarà “tutto suo padre” o “tutto sua madre”...
Twitter: @A_Ferrucci