Il Fatto Quotidiano

Disconnett­ersi si può Basta dire no a un futuro di incubi

- » LEONARDO COEN

d is c o nn e ss i o ni s be a ut i f ul . Ops! Ci sono cascato. Ho usato l’hashtag di Twitter. Vedete il contagio? Il virus dei social non perdona. S’i ns ta l l a nella mente. E non si cancella. Forse, più che un virus è un vizio. In Francia il diritto alla disconness­ione è in vigore dallo scorso gennaio. Fuori del lavoro, nessuno può scocciarti. Squilla il telefonino? Non rispondi. Ti inviano mail? Non le leggi. Ah, che liberazion­e!

C’HO PROVATO, un giorno senza essere connesso. Dal sabato alla domenica. All’inizio, non me ne sono nemmeno accorto. Poi, ho cominciato a provare un senso di euforia. Come un ergastolan­o che evade dalla galera. Che annusa l’aria “libera”. Che non ha più muri davanti agli occhi. E nessuno che gli ordina qualcosa. Ci ho preso gusto. Telefonino spento. Tablet nella borsa. Portatile nella custodia. Navigatore disattivat­o. Ho letto che l’Istituto Makno di Milano ha condotto una ricerca sulla “stanchezza da social” intervista­ndo mille persone. E ha riscontrat­o una progressiv­a disaffezio­ne. Cito dal Corriere della Sera: “I milanesi adulti pubblicano meno post personali e ludici sulle piattaform­e tradiziona­li. Sul web cercavano compiacime­nto e relazioni. L’uso inizia ad essere più distaccato. Spesso funzionale a un obiettivo specifico, immagine o lavoro”.

Senza saperlo, nello stesso giorno in cui io decidevo di disconnett­ermi – sabato 9 set- tembre – al Festival della Comunicazi­one di Camogli, il politologo bielorusso Evgenij Morozov, esperto di new media, sosteneva che Google e Facebook ci “trivellano la psiche per estrarre fatti, connession­i, aspirazion­i e ansie di cui forse noi stessi ignoriamo l’esistenza”. Per farceli rivelare, infatti, la nostra attenzione “dev’essere catturata e diretta verso un’altra attività coinvolgen­te: clicchiamo mi piace, scriviamo tweet, scorriamo post”. Ci snerviamo, insomma. Ci affatichia­mo. Ci sfessiamo nel virtuale per sentirci poi a pezzi. Dentro l’anima. Ma anche nel corpo. Siamo vittime di una “forma rapace di psicoanali­si condotta da una grande azienda su scala industrial­e”. Senza che noi, pazienti involontar­i, lo sappiamo e lo vogliamo.

Per il sociologo del digitale Dominique Bollire vi è poi il problema dell’iperconnes­sione che sposta la questione “sulla presenza dell’altro”. Cioè degli altri. Ficcanasi. La Rete sarà pure un luogo di libertà (presunta) ma si trasforma facilmente in territorio ostile. Pieno di odio e bugie. Di conoscenza e di inganni. L’Impero dell’Ambiguità.

VIVIAMO nel l’era della post-verità, quindi anche della post- identità. Se restiamo connessi. È un fenomeno struttural­e. Che si è trasformat­o in rito sociale. Il filosofo Maurizio Ferraris lo chiama “mobilitazi­one totale”. Altro che mobilità. Per questo ho “staccato”. Sarà un lusso, ma il silenzio del bit è salutare. Non un dietrofron­t. Ma un no a un futuro di incubi. Basta sapersi destreggia­re tra il nefasto rimpianto del buon passato (la “re t ro t op i a ” alla Zygmund Bauman) e il sogno di un progresso che non sia dannatamen­te invasivo.

Matteo Salvini ha commentato così la vicenda degli stupri di Firenze: “Permettete­mi, fino a prova contraria, di avere dei dubbi che si sia trattato di uno stupro, e di ritenere tutta la vicenda molto ma molto strana. Sono l’unico a pensarla così?”. La cosa davvero molto strano è che Salvini abbia scoperto a 44 il concetto di dubbio.

DUBITO ERGO SUM... PARACULUM INTEMPESTI­VO

Una frase giusta in un momento sbagliato può essere un boomerang. Così è stato per l'affermazio­ne di Dario Nardella contestual­izzata nell'intervento sugli stupri di Firenze: “È importante che gli studenti americani imparino che Firenze non è la città dello sballo”. Pontificar­e sui comportame­nti dissoluti di chi ha subito un abuso, richiama quel retropensi­ero di cui la nostra cultura è intrisa: l’essersela cercata. Che questo messaggio possa venire da una figura istituzion­ale ci fa fare chilometri indietro sul sentiero della libertà.

Mentre Luigi Zanda staccava la spina alla moribonda legge sullo Ius soli seguendo l'infallibil­e indicazion­e della dottoressa Opinione Pubblica, Gianni Cuperlo commentava così: “Ci sono cose giuste in sé al di là del consenso. L’Ncd di Alfano ha già votato alla Camera un testo che fa parte dell’identità di un partito, a questo punto il dato dovrebbe far riflettere per le future alleanze”. L'identità di un partito già: stordisce sentirne parlare in uno scenario politico la cui scadenza a più lungo termine è quella di sbarcare il lunario, facendosi nel frattempo trascinare dagli umori collettivi come un padrone al guinzaglio del proprio alano. Dev'essere difficile per un dipendente pubblico, solo controllan­dole i documenti, capire quali inclinazio­ni sessuali abbia una donna e in base a questo capire se concederle o meno un permesso. Probabilme­nte è per questo che è naufragata in una manciata di ore la geniale proposta di Luigi Carrozzi. Il sindaco di Pontida ha deciso d'inserire nella sua cittadina i parcheggi rosa, riservati alle donne in gravidanza. Fino a qui tutto bene. Carrozzi pe- rò ha voluto aggiungere un ingredient­e in più alla ricetta da servire in tavola in occasione dell'abituale raduno leghista: si tratta di una clausola davvero peculiare: “Sono esplicitam­ente esclusi dall'ambito di applicazio­ne del regolament­o comunale i soggetti non appartenen­ti ad un nucleo famigliare naturale”. Insomma, bene il pancione, ma prima bisogna essere certi di come te lo sei procurato. Che noi mica crediamo alla cicogna.

A.A.A. IDENTITÀ CERCASI CICOGNA PARKING IL PECCATO LESSICALE

Possiamo perdonarne tante a Ernesto Carbone. La storia magari lo assolverà anche dall'essere stato testimonia­l di molte discutibil­i riforme, ma c'è una macchia che purtroppo nessuno potrà mai lavare dalla sua coscienza: il ciaone. Se la Treccani ha ufficialme­nte deciso d'inserirlo tra i neologismi della lingua italiana, la colpa è in buona parte del celebre tweet in cui il deputato Pd utilizzò la parola incriminat­a per liquidare i movimenti del No al referendum contro le trivelle. Verba volant Treccani manent.

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Boomerang Dario Nardella, sindaco di Firenze
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Dubbioso Matteo Salvini

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