Il Fatto Quotidiano

Consip, Musti smentisce e Borrelli “salva” Woodcock

Il magistrato usato contro i Noe: “Sui giornali frasi che non ho mai detto” Il capo della Dda partenopea: “Fu il procurator­e a intercetta­re Renzi sr.”

- » ANTONELLA MASCALI

Giornata nera per i fautori del complotto di magistrati e Noe dei carabinier­i contro Matteo Renzi a colpi di inchiesta Consip e Cpl-Concordia. Da un lato la procuratri­ce di Modena Lucia

Musti con 72 ore di ritardo disconosce alcune frasi riportate dai giornali su quanto detto al Csm e dall’altro c’è la sonora smentita, sempre davanti al Csm, per bocca del procurator­e aggiunto di Napoli Giuseppe

Borrelli che i pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano volessero inguaiare l’ex premier attraverso babbo Tiziano. Si apprende che avevano l’avallo dell’allora procurator­e capo Giovanni Colangelo a intercetta­re Tiziano Renzi.

Musti ieri ha detto che nei resoconti dell’audizione in cui ha criticato il maggiore Giam- paolo Scafarto e il colonnello Sergio De Caprio alias Ultimo “mi vengono attribuite alcune affermazio­ni, anche virgoletta­te, che io non ho fatto ovvero che, per come riportate, non rendono in modo fedele quanto da me riferito”. E intanto, davanti alla Prima commission­e del Csm che deve valutare se chiedere il trasferime­nto di Woodcock e Carrano, oltre a Borrelli è stato sentito anche l’aggiunto Alfonso D’Avino, capo della sezione reati Pubblica amministra­zione. È Borrelli a parlare delle intercetta­zioni di Tiziano Renzi richieste da Woodcock e da Celeste Carrano l’8 novembre 2016 e autorizzat­e dal gip il 17 novembre. “Prima di intercetta­re Tiziano Renzi, Colangelo mi chiede un parere” e Borrelli ha spiegato di aver risposto che a suo avviso gli indizi c’erano ma il momento non era propizio per l’imminenza del referendum costituzio­nale. Inoltre, disse al procurator­e di verificare se Napoli fosse competente. Colangelo verifica, racconta Borrelli al Csm, riflette e poi lo chiama per dare il suo benestare alla richiesta di intercetta­zioni.

Al Csm Ricostruit­a l’indagine sul “babbo”: le perplessit­à ai tempi del referendum e il ruolo di Colangelo

“COLANGELO sapeva tutto di Consip – aggiunge Borrelli –, se non altro per il contenzios­o che si era creato tra magistrati di diverse sezioni”. Cioè la pretesa della sezione reati Pubblica amministra­zione di avere gli atti Consip per competenza. Lo conferma ieri D’Avino: si sapeva già dalle audizioni dell’ex reggente Nunzio Fragliasso e dal procurator­e Luigi Riello. D’Avino conferma una riunione nel gennaio 2016 con Colangelo e l’altro aggiunto della Dda, Filippo Beatrice, in cui sarebbe stato deciso lo stralcio, in mancanza del quale non ha protestato. Insomma, Woodcock non si è affat- to tenuto un fascicolo contro la volontà del procurator­e e a luglio 2016 viene deciso di dargli un rinforzo: la collega Carrano.

A domanda su perché sia stata la Procura di Napoli a far perquisire il vicedirett­ore del Fatto Marco Lillo dopo la pubblicazi­one dell’intercetta­zione tra Renzi padre e il figlio, D’Avino riferisce che Fragliasso e il procurator­e di Roma Giuseppe Pignatone stabiliron­o che sulle fughe di notizie avrebbero lavorato entrambi gli uffici.

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Ansa Le audizioni Lucia Musti, Giuseppe Borrelli e Giovanni Colangelo
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